Papa Francesco: "Alcuni campi rifugiati in Italia come i lager"

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In ritorno dal viaggio in Egitto il Pontefice ha parlato con giornalisti: "Sul caso di Giulio Regeni si è mossa la Santa Sede". E poi chiede che sulla Corea del Nord le Nazioni Unite riprendano la leadership

Donald Trump, le condizioni inumane di certi campi profughi, i rischi di una guerra atomica, il caso Regeni. Sono questi alcuni dei temi affrontati da Papa Francesco con i giornalisti  nel corso del volo che lo ha riportato a Roma dopo i due giorni in Egitto (FOTO).

Campi profughi come i campi di concentramento

Riguardo a un suo paragone tra i campi profughi e i campi di concentramento nazisti, paragone che ha fatto molto discutere in Germania, papa Francesco ha precisato che non si è  trattato di un "lapsus linguae". Ci sono campi di rifugiati che sono veri campi di concentramento. Qualcuno forse in Italia, e in altre parti. In Germania no" ha detto il Pontefice. "Si pensi alla gente chiusa in un campo, che non può uscire - ha detto -. Sono chiusi dentro". "Il solo fatto di essere chiusi senza fare niente è come un lager. Ma niente a che vedere con la Germania".  "Pensiamo a quel che era successo alla Manica", ha esemplificato, tornando però subito al nostro Paese. "Mi ha fatto ridere, e' la cultura italiana, quello che mi ha raccontato un dirigente dell'Azione Cattolica di Agrigento: in Sicilia in uno dei campi profughi della zona, i capi di quella città hanno parlato alla gente per trovare un accomodamento: 'voi non potete stare sempre chiusi li' dentro voi dovete uscire, ma non fate cose brutte. Noi le porte del campo non le possiamo aprire, ma  facciamo un buco dietro così potete uscire e rientrare. E grazie a questo - ha spiegato il Papa - i rapporti tra cittadini e profughi lì sono buoni".

Il caso di Giulio Regeni

Riguardo al caso di Giulio Regeni Francesco si è detto preoccupato. "Dalla Santa Sede mi sono mosso su questo tema, perché anche i genitori me lo hanno chiesto" ha detto. "La Santa Sede si è mossa - ha spiegato -, non dirò come e dove, ma ci siamo mossi". Del colloquio con Al-Sisi ha invece detto che "era privato, e per rispetto si deve mantenere la riservatezza. E' riservato". "Generalmente, quando parlo con un capo di Stato in dialogo privato, quello rimane privato - ha spiegato il Pontefice -. A meno che, di comune accordo, su un certo punto si decide di renderlo pubblico".

 

I rischi di una guerra nucleare

I leader che hanno responsabilità in tema di possibili conflitti "io li chiamo e li chiamerò, come ho chiamato altri, a un lavoro per risolvere i problemi sulla strada della diplomazia" ha risposto il Papa a una domanda a proposito delle attuali minacce di guerra nucleare riguardanti la Corea del Nord. "Fermiamoci, cerchiamo una soluzione diplomatica - ha aggiunto - E penso che le Nazioni Unite abbiano il dovere di riprendere una leadership, che si è annacquata".  "A proposito di questa guerra mondiale a pezzi, di cui parlo da due anni - ha proseguito -, i pezzi si sono allargati, e si sono concentrati, e sono caldi. I missili della Corea del Nord, da un anno lungo ci sono, ma adesso sembra che la cosa si è riscaldata troppo". "Io chiamo sempre a risolvere il problema sulla strada diplomatica, con il negoziato - ha aggiunto -, perché si tratta del futuro dell'umanità. Oggi una guerra allargata distrugge non dico meta', ma buona parte dell'umanità. E della cultura. Sarebbe terribile. Credo che oggi l'umanità non sarebbe capace di sopportarlo". 

Il rapporto con Donald Trump

Riguardo all'ipotesi di ricevere Donald Trump, Francesco ha spiegato che lui riceve "ogni capo di Stato che chiede udienza", ma che al momento alla Segreteria di Stato non sarebbe ancora arrivata nessuna richiesta. 

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