Margherita, ex tesoriere Lusi si costituisce dopo condanna definitiva

Cronaca
(Foto Ansa)
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L’ex senatore si è consegnato nel carcere di Avezzano (L’Aquila). La Cassazione gli ha inflitto sette anni di reclusione per appropriazione indebita, per la sottrazione di 25 milioni di euro dalle casse del partito, e calunnia nei confronti di Francesco Rutelli

Si è costituito nel carcere di Avezzano (L’Aquila), come annunciato martedì dai suoi legali, l'ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi, condannato in via definitiva a 7 anni di reclusione per appropriazione indebita, per la sottrazione di 25 milioni di euro dalle casse del partito, e calunnia nei confronti dell’allora presidente Francesco Rutelli.

Interdizione dai pubblici uffici e dall’attività legale

Martedì la seconda sezione penale della Cassazione, dopo una lunga camera di consiglio iniziata e poi interrotta al termine dell'udienza del 23 novembre, ha dichiarato inammissibile il ricorso di Lusi, ritoccando la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici da perpetua a cinque anni. L’ex tesoriere, che in attesa della condanna definitiva ha continuato a esercitare la professione legale, è stato anche interdetto per un anno dalla sua attività. Per l’ex senatore, accusato di aver intascato, dal 2002, i rimborsi elettorali dovuti alla Margherita e di averli portati in Canada grazie a due società estere, è stata confermata anche la confisca dei beni disposta dalla Corte d'Appello di Roma il 31 marzo del 2016.

La condanna

La decisione del collegio della Cassazione è andata oltre le richieste del pg Alfredo Viola, che nella sua requisitoria, pur imputando a Lusi "fatti di innegabile gravità, ampiamente provati dalle due sentenze di merito culminate in decisioni convergenti", aveva ritenuto prescritte alcune "sottrazioni" di fondi e aveva chiesto di ricalcolare la pena in 5 anni e 3 mesi.

Il processo

Lusi quindi torna in carcere, dove era già stato nel 2012 in regime di custodia cautelare per poi tornare libero nel maggio del 2013. Il 31 marzo 2016 la condanna in appello a sette anni di reclusione, con un piccolo sconto di pena rispetto agli otto anni stabiliti durante il primo grado del processo.

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