Perché “parasocial” è la parola dell'anno e che c'entra Taylor Swift

Con la scelta di parasocial come parola dell’anno 2025 il Cambridge Dictionary – il dizionario della Cambridge University Press legata al prestigioso ateneo britannico - non ha solo riconosciuto un fenomeno legato al mondo delle celebrità: ha certificato che la nostra idea di “relazione” si è spostata su territori molto più ampi dove i confini tra realtà, finzione e tecnologia si fanno sempre più fragili. Secondo la definizione ufficiale, il legame parasociale può infatti riguardare una star, certo, ma anche un personaggio immaginario di una serie TV o di un romanzo. E, dettaglio non marginale, persino un chatbot di intelligenza artificiale. Dal reale al conversazionale In altre parole, quello che per decenni è stato un rapporto emotivo verso figure fittizie - gli eroi dei libri, gli anti-eroi delle serie, i protagonisti delle saghe - oggi trova una nuova incarnazione nei sistemi conversazionali. Non “comincia” a emergere: sta già accadendo e le cronache, nel bene e nel male, lo testimoniano. Il sentimento di familiarità e intimità che si prova verso un personaggio inventato ora si sposta, quasi naturalmente, anche verso entità digitali progettate per rispondere, interagire, ricordare su misura. Non siamo più di fronte a figure passive ma a interlocutori a cui riconosciamo un certo grado di sentimento. E questo amplifica ulteriormente la sensazione di reciprocità, pur restando una relazione unilaterale. Ben più, per certi versi, che con un’irraggiungibile celebrità. Il caso Taylor Swift Dentro questo quadro più ampio, il caso di Taylor Swift – citato nel comunicato ufficiale del Cambridge Dictionary - funziona come esempio perfetto della versione pop e mainstream del fenomeno. Le sue liriche confessionali sono la prima scintilla emotiva, certo, ma la relazione si consolida grazie a un ecosistema in cui testi, social, piattaforme di streaming e tour colossali formano un inarrestabile continuum narrativo. La sua presenza digitale è costante, calibrata, mai casuale: i fan trovano indizi, leggono segnali, attendono continue sorprese discografiche, vivono il tour come rito di appartenenza. La vicinanza percepita è forte ma sempre mediata da strumenti e strategie precise. Pure quando appaiono confessioni spontanee: “Quando Taylor Swift e Travis Kelce hanno annunciato il loro fidanzamento, molti fan hanno provato un senso profondo di vicinanza con la cantante e con il giocatore di football americano – spiegano dal Cambridge - anche se la maggior parte di loro non li aveva mai incontrati”. Ma in fondo, in altri modi, sentiva di conoscerli. L’esperto: “Milioni di persone sono coinvolte in relazioni parasociali” Le piattaforme come Spotify oggi non servono solo per ascoltare musica: sono canali paralleli di comunicazione, con visual, messaggi, playlist curate che moltiplicano la presenza dell’artista nella quotidianità dell’utente. Allo stesso tempo, i social espandono ulteriormente la sensazione di prossimità, trasformando ogni contenuto in un pezzo della relazione. L’artista diventa una presenza costante, un volto sempre accessibile, un flusso senza pause. “Parasocial cattura perfettamente lo spirito del 2025 – ha spiegato Colin McIntosh del Cambridge Dictionary - è un ottimo esempio di come la lingua cambi: ciò che un tempo era un termine accademico specialistico è diventato di uso comune. Milioni di persone sono coinvolte in relazioni parasociali; molte altre sono semplicemente incuriosite dalla loro crescita. I dati lo confermano, con picchi di ricerche per “parasocial” sul sito del Cambridge Dictionary. Il linguaggio che circonda i fenomeni parasociali si sta evolvendo rapidamente, man mano che tecnologia, società e cultura si spostano e si trasformano: dalle celebrità ai chatbot, le tendenze parasociali sono affascinanti per chiunque sia interessato all’evoluzione del linguaggio”. Il punto, oltre il caso delle celebrità e perfino dei podcaster di maggiore successo come spiegano dal dizionario, è che la parasocialità non è più confinata nell’ambito delle celebrità: attraversa la cultura pop, la narrativa, l’intrattenimento e ora anche l’intelligenza artificiale. I personaggi fittizi delle serie hanno sempre generato un coinvolgimento emotivo intenso ma restavano in qualche modo, magari molto largo, confinati nella finzione. I chatbot – basta pensare agli avatar di Character.ai tanto per fare un esempio - invece, rispondono, ricordano, replicano l’interazione umana: rendono bidirezionale, almeno in apparenza, ciò che rimane un rapporto sbilanciato. È un passaggio epocale di cui forse non ci rendiamo del tutto conto, che sposta la relazione parasociale dalla pagina e dallo schermo alla conversazione quotidiana. Perfino con i defunti, come testimonia la crescita delle startup specializzate in “grief tech” come 2wai. L’esperta: “Le personalità diventano amici intimi o leader carismatici” Tornando alle persone in carne e ossa, “man mano che la fiducia nei media tradizionali e mainstream si sgretola, le persone si rivolgono a personalità individuali come nuove autorità – spiega Simone Schnall, docente di psicologia sociale sperimentale all’università di Cambridge - e quando passano molte ore a consumarne i contenuti sviluppano legami parasociali, trattandole quasi come amici intimi, familiari o persino leader carismatici. Quando un influencer ha un numero elevato di follower, molti danno per scontato che sia affidabile. Questo porta a percepire di “conoscere” davvero le persone con cui si formano legami parasociali, a fidarsi di loro e perfino a forme estreme di lealtà. Eppure è una relazione completamente unilaterale. Esiste anche una manifestazione più tradizionale e sana del fandom, quando le persone sviluppano legami parasociali con star come Taylor Swift, che sono eccezionalmente brave in ciò che fanno. Ma questo può comunque sfociare in interpretazioni ossessive dei testi e in discussioni online molto accese sul loro significato, sia per i fan sia per la stessa Swift”. La scelta del Cambridge Dictionary non fotografa dunque un fenomeno marginale ma un cambiamento di prospettiva: l’idea stessa di “connessione” si è trasformata. Ci invita a riconoscere che la vicinanza che proviamo verso figure pubbliche, personaggi immaginati o entità artificiali nasce da un intreccio complesso di emozioni, algoritmi e strategie narrative. Capirlo non significa smettere di provare qualcosa ma farlo con la consapevolezza che la linea tra coinvolgimento reale e percepito è sottile. E sempre più affollata. Le altre parole notevoli dell’anno: slop, preudonymization, memeify Anche le altre parole che il dizionario menziona come nuovi fenomeni significativi appartengono all’ambito delle nostre relazioni digitali. Diversi termini legati all’intelligenza artificiale sono stati infatti aggiunti o aggiornati nel Cambridge Dictionary quest’anno, tra cui slop – cioè “sbobba”, contenuti online di qualità molto bassa, soprattutto quando creati dall’intelligenza artificiale , pseudonymization, “pseudonimizzazione”: un processo in cui le informazioni relative a una persona, ad esempio un nome o un indirizzo email, vengono trasformate in un numero o in un nome privo di significato, in modo che sia impossibile risalire all’identità della persona cui si riferiscono. E infine memeify, “memificazione”, forse non così originale e un po’ in ritardo, cioè il fenomeno di trasformare un evento, un’immagine, una persona ecc. in un meme, cioè un’idea, una battuta, un’immagine o un video che si diffonde molto rapidamente su internet.

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Simone Cosimi