Alla ricerca dell’AGI, il sacro Graal dell'IA che divide gli esperti

L’AGI, l’intelligenza artificiale generale, è il tormentone del momento fra gli addetti ai lavori del settore. “Prevediamo lo sviluppo di un'AGI eccezionale prima della fine del decennio in corso”, scrivono ricercatori di Deep Mind, in un saggio pubblicato all’inizio di aprile. Deep Mind, per chi non lo conoscesse, è uno dei principali laboratori di AI al mondo, e appartiene a Google. I ricercatori proseguono definendo l’AGI come “un sistema che capacità simili almeno al 99% degli adulti in un'ampia gamma di compiti non fisici, compresi quelli metacognitivi, come l'apprendimento di nuove abilità”. Il documento continua per altre 145 pagine, cercando di spiegare come, dal punto di vista tecnico, potrebbe essere possibile evitare o limitare gli sconvolgimenti e i rischi che l’emergere di una simile tecnologia potrebbe comportare. Il paper di Deep Mind ha suscitato molto interesse ma anche diverse critiche e prese di distanza. Uno dei motivi è che manca al momento, nella comunità scientifica, una definizione condivisa di cosa sia l’AGI e come si potrebbe manifestare. Caccia alla definizione Non aiuta che spesso il concetto sia stato utilizzato a fini commerciali o di marketing. Per esempio, secondo il sito The Information, i due partner Microsoft e Open AI hanno convenuto in un documento interno che la seconda azienda potrà dire di aver raggiunto l’AGI quando avrà creato un sistema in grado di generare un miliardo di dollari di profitti. Per alcuni, poi, si potrebbe parlare di AGI solo quando questi sistemi esibissero una qualche forma di coscienza; per altri, non si può parlare di vera intelligenza senza l’abilità di “sentire” e vedere il mondo circostante (per cui sarebbe necessario un corpo, quantomeno uno robotico. Proviamo fare ordine. Quello si può dire con certezza, ed è sotto gli occhi di tutti, è che siamo passati da un’AI ristretta , in grado di eseguire un solo compito alla volta in un certo dominio, a modelli polivalenti, in grado di destreggiarsi fra molteplici ambiti della conoscenza. Esempi di AI ristretta sono, per esempio, i sistemi progettati per giocare a scacchi o a Go, gli algoritmi per l’auto completamento del testo, o per la guida autonoma. Programmi come ChatGPT , in grado di scrivere, tradurre, creare codice, fare diagnosi mediche, passare esami di legge, e molto altro, sono esempi di un’AI più generalista, se non generale. Per questo, alcuni ricercatori di Microsoft scrivevano un paio di anni fa che GPT-4 mostrava delle scintille, o prodromi, di AGI. Più di recente, GPT.4-5, l’ultimo modello di OpenAI, avrebbe passato agevolmente il test di Turing, storicamente uno dei principali metodi per valutare la capacità dell’AI di possedere un’intelligenza di livello “umano”. Anche così, i Large language model attuali hanno ancora diverse limitazioni: sono talvolta soggetti ad allucinazioni , hanno poca o nulla “memoria”, non sono in grado di apprendere dall’esperienza in maniera simile a un essere umano, falliscono di fronte a test apparentemente semplici. Fanno rapidamente progressi, ma non è ancora ben chiaro quanto ci vorrà per superare questi limiti e raggiungere l’AGI, e soprattutto, se dal punto di vista tecnico, si stia andando nella direzione giusta – lasciando qui da parte ogni considerazione etica e sociale sull’opportunità di affrettarsi in tal senso. Vedute opposte Gli scienziati e i manager sono divisi. Semplificando, ci sono quelli, come il CEO di OpenAI Sam Altman e altri, che credono nella teoria dello “scaling”, ossia che aggiungendo sempre più server, sempre più snodi e potenza di calcolo, si assisterà di conseguenza a sempre maggiori progressi nelle capacità cognitive della AI. Un po’ come è avvenuto finora. Altri la vedono diversamente. In un recente sondaggio fra 475 ricercatori, il 76% ha risposto di ritenere che, con le attuali tecniche, si sia raggiunto ormai un punto oltre il quale l’AI non potrà più progredire in maniera significativa. Un po’ in mezzo, ci sono quelli che ritengono si possa comunque ottenere risultati importanti con qualche aggiustamento: concentrando per esempio la potenza di calcolo nella fase del “ragionamento”, subito prima che i chatbot forniscano la risposta. In questo è stato fondamentale l’arrivo di DeepSeek, il chatbot cinese che ha mostrato come si potessero ottenere ottime prestazioni, semplicemente utilizzando in maniera diversa e più efficiente le risorse. In ogni caso, le definizioni sono sempre opinabili e lasciano spesso il tempo che trovano. AGI o non AGI già software basati su Llm, in particolare gli agenti autonomi, sono in grado di sostituire gli umani in tutta una serie di compiti di basso e medio livello. Anche se il gap nelle capacità cognitive non dovesse essere colmato del tutto entro il 2030, come sostengono i ricercatori di Deep Mind, sarà meglio iniziare a prepararsi agli sconvolgimenti che l’arrivo nella società e nel mondo del lavoro di questi esseri “pensanti” potrà comportare.

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