Le limitazioni di Meta agli account per adolescenti funzionano?

Se da un lato Meta sta introducendo ovunque le proprie intelligenze artificiali, tentando di incrementare il tempo trascorso sulle piattaforme ampliandone le funzionalità, dall’altro si muove per tutelare gli utenti più vulnerabili – ovvero più giovani – con account per adolescenti. Inaugurati nell’autunno del 2024, i profili per teenager, riservati ai minori di 16 anni , prevedono l’autorizzazione dei genitori per modificare ogni loro impostazione. Limitano i contenuti a cui i ragazzi possono avere accesso e restringono anche le possibilità di messaggistica privata. Non tutti i profili, in sostanza, possono scrivere in DM agli adolescenti. Ma la novità, annunciata da Meta lo scorso 8 aprile, è che le restrizioni si allargano ora anche alle dirette e alla condivisione di immagini nei messaggi privati. In altre parole, ai minori di 16 anni – o, almeno, a chi dichiarerà di non averli – non sarà più permesso avviare live o disattivare la funzione che sfoca automaticamente le foto nei DM senza il permesso dei genitori. Non solo. I profili per adolescenti, finora esclusiva di Instagram, saranno rilasciati anche su Facebook e Messenger e, pure su queste piattaforme, consentiranno di limitare contenuti inappropriati e contatti indesiderati, oltre che di limitare il tempo trascorso sui social con nuovi strumenti. La restrizione rischierà di non avere granché effetto perché gli utenti under-16 su Facebook sono sempre meno, ma lo stesso non vale per Messenger: “In molti Paesi – assicura l’avvocato Ernesto Belisario, esperto in diritto delle tecnologie – viene usato anche in alternativa a Whatsapp da molti adolescenti”. a chi piacciono questi account? Annunciando le nuove funzionalità, Meta ha anche pubblicato un primo bilancio sui profili per adolescenti. Che, da settembre 2024 a oggi, hanno raccolto 54 milioni di adolescenti. Confrontare il dato con il numero degli under-16 che invece aprono account mentendo sulla propria età è complicato, in assenza di controlli puntuali da parte delle piattaforme, ma non è difficile immaginare che si tratti di una esigua minoranza. Solo in Italia, secondo le rilevazioni del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, sette su dieci tra gli under-16, che sono oltre 4 milioni, usano regolarmente social network e piattaforme streaming. “Diciamoci la verità – commenta Belisario – se io oggi fossi un adolescente che ha un accesso pieno e illimitato a un account perché ha falsamente dichiarato la propria età, che incentivo avrei a riconvertire il mio account a un profilo con limitazioni?”. Perciò, nonostante gli studi commissionati da Meta parlino di un gradimento dei nuovi account superiore all’85%, il primo limite delle loro funzionalità è il bacino d’utenza. “I numeri sono evidentemente bassi – sostiene l’avvocato – però si tratta di restrizioni attivate nell’autunno del 2024 senza che sia stato fatto uno switch automatico degli account. Quindi, ora la sfida è avere un impatto non tanto sui nuovi profili, ma sui minori che violano i termini delle piattaforme”. Quali sono gli scopi di meta Ancora, dunque, gli account limitati non hanno conquistato il giovane pubblico. Ma, secondo Ernesto Belisario, il primo obiettivo dei profili per adolescenti di Meta è un altro: “Ci sono state diverse azioni legali negli Usa contro i social network – spiega – in cui si citano studi che dimostrano l’incidenza sul benessere psicologico dei minori. A me, da giurista, sembra di rivivere quello che era accaduto decenni fa con le sigarette. Ci sono moltissimi esperti che danno pareri documentati sulla nocività dei social sui giovani”. Così, pressata da un lato dalle norme europee e dall’altro dalle cause negli Stati Uniti, Meta avrebbe proposto alternative light all’utenza più vulnerabile, senza però curarsi di quanti giovani ne facciano effettivamente uso: “È un ragionamento pro futuro”, commenta Belisario. D’altro canto, proprio come per le sigarette, le piattaforme si tutelano riconoscendo la nocività del prodotto ma affidando la responsabilità agli utenti. O, in questo caso, ai genitori degli utenti. “Il concetto è questo: ‘Io offro l’opportunità di avere un accesso controllato alla piattaforma, ma non sono io a ridurne i rischi’ – aggiunge l’avvocato – Da questo momento in poi, esistendo questi account, sarai tu genitore a dover dire ‘no’ a una diretta, ‘no’ a un DM e così via. Ma qua non stiamo parlando di un permesso per una vacanza, le interazioni sono decine o centinaia ogni giorno e i genitori non possono svolgere il lavoro di moderatori dell’attività online del figlio”. Quella che si sarebbe innescata, secondo Belisario, è dunque una sorta di battaglia tra big tech e genitori sulle responsabilità nell’educazione dei figli. E Meta, con gli account per adolescenti, starebbe solo spostando il fronte di qualche metro: “È una nuova perimetrazione delle responsabilità. Finora i genitori avevano la possibilità di addossarle in toto sulle spalle dei social e Meta ha replicato così”.

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