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Kingdom Hearts 3, ecco la nostra recensione

Tecnologia

Cristian Paolini

Abbiamo provato per voi l'ultimo capitolo della saga di Sora e compagni, a cavallo tra il fantasy nipponico e i mondi Disney. E vi raccontiamo un gioco atteso da 13 anni...

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Se dovessimo riassumere in un concetto l’ultimo capitolo di Sora e compagni, potremmo dire che con Kingdom Hearts III, la saga ha fatto 13. Tanti sono infatti gli anni che sono passati dal precedente capitolo della serie ideata da Tetsuya Nomura a metà tra i mondi fantasy nipponici e gli universi Disney, ma per noi è un numero che indica anche un colpo fortunato fin dai tempi del vecchio Totocalcio. Ed è davvero una fortuna per gli appassionati del titolo, ma anche per i neofiti avere tra le mani un gioco del genere (GUARDA IL TRAILER). Si tratta del capitolo finale di una lunga storia in cui il suo inventore riesce a tirare in maniera convincente le fila di trama principale e sotto trame, e una meraviglia dal punto di vista grafico. Quasi un lungometraggio di animazione che riesce a fondere le due anime lontanissime che si sono incontrate con profitto nel progetto. Il tutto accompagnato da una colonna sonora assolutamente di livello affidata alla compositrice storica della serie Yoko Shimomura. Il gioco è un Rpg (disponibile ora per PlayStation 4 e Xbox One) che narra le avventure del giovane Sora, campione di Keyblade (letali spade a forma di chiave), che con l’aiuto di due scudieri d’eccezione, Paperino e Pippo, viaggia tra il mondo originale ideato da Square Enix (la casa di sviluppo del gioco, la stessa di Final fantasy per capirci) e quelli resi celebri dalle storie Disney e Pixar (da Hercules a Frozen, passando per Toy Story, I Pirati dei Caraibi e tanti altri) per contrastare il piano delle forze del male, gli spietati Heartless, e salvare l’universo. Nelle righe che seguono vi raccontiamo il primo livello, per non rovinarvi la sorpresa di scoprirlo personalmente nel caso decidiate di farvi trascinare nel colorato e poetico mondo di Sora e compagni per le oltre 30 ore di gioco richieste per completare la storia, almeno nella sua diramazione principale. 

Pochi tasti, tante emozioni

Dopo la spettacolare e cinematografica introduzione (GUARDA) che ripercorre le tappe precedenti della vicenda (e, senza esagerare, sembra di assistere al trailer di un film di Hayao Miyazaki), l’accesso al gioco è estremamente semplice e intuitivo anche per i neofiti. A Sora, che troviamo debilitato dopo essere divenuto nell’episodio precedente quasi il ricettacolo del malvagio Maestro Xehanort, il saggio Yen Sid affida il compito di riacquistare le forze e risvegliare gli altri eroi del keyblade sprofondati nell’oscurità. E per questo il giocatore deve scegliere preventivamente poteri e abilità. La prima scelta (dopo quella personale del livello di difficoltà, declinato nei tre canonici gradi) riguarda infatti la dotazione del personaggio principale. La scelta sarà quella tra vitalità, saggezza e equilibrio e tra i poteri del guardiano, del savio e del guerriero. Dopodiché si accede a un rapido tutorial per apprendere l’arte del combattimento, di usare magie e correre in libertà. Il tutto utilizzando tutto sommato un numero ridotto di tasti (per saltare, attaccare, attivare combo). E anche le opzioni di equipaggiamento disponibili per i personaggi, a parte quelle relative a keyblade di diversa potenza e caratteristiche, sono tutto sommato accessorie ai fini del gameplay. Oltre a usare la propria spada chiave Sora può evocare e attivare una serie di magie senza il rischio per il giocatore di contorcersi i pollici, mentre gli attacchi combinati, specie all’inizio, vengono proposti quasi in maniera casuale. Per questo il menù principale ospita solo le quattro voci di Attacco, Magia, Oggetti e Legame (le vecchie evocazioni). I punti abilità e l’avanzare nella storia consentono di attivare capacità speciali, raccogliere pozioni e altri oggetti utili, ma non indispensabili. Eppure, malgrado il sistema di gioco in alcuni passaggi non si discosti troppo da titoli pensati anche per i più giovani come Spyro nella meccanica generale, il fascino della storia e delle ambientazioni è totale (GUARDA IL GAMEPLAY). La prima arena in cui sono impegnati i nostri eroi è quella del monte Olimpo, dove devono disinnescare il piano del perfido Ade che con i suoi titani ha imprigionato gli Dei e semidistrutto Tebe. Sora e i suoi scudieri (e per Pippo è proprio il caso di dirlo perché una delle sue capacità più divertenti è quella di caricare i compagni sul suo scudo volante per sorvolare senza riportare danni le aree in fiamme) in uno scenario che non ricorda, ma riproduce quello del film, combattono gli Heartless, salvano persone dalle pericolanti mura della città di Tebe e ascendono al monte Olimpo per liberare Zeus e sconfiggere i titani. Una scorribanda per gli occhi e i pollici da vivere in piena libertà e senza frustrazioni che ti lascia solo la voglia di passare  ai livelli successivi per vedere la trama (e le sotto trame come quella di Riku e Topolino chiamati a radunare le forza del bene in vista della battaglia finale contro quelle del male) si dipanano in maniera naturale. Uniche pecche, ma sono anche causa della complessità della storia, alcuni intervalli narrativi che ne rallentano un po’ il ritmo e il doppiaggio assente in lingua italiana, anche se i sottotitoli e l’apparato grafico sopperiscono in maniera egregia. Il rimpianto resta considerato che per riprodurre le voci dei personaggi Disney sono stati impiegati i doppiatori dei film originali. 

 

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