Telegram, ultimatum dalla Russia: entro 15 giorni codici o chiusura

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L'anno scorso Telegram era stata obbligata a iscriversi nel registro nazionale dei "diffusori di informazioni" (Getty Images)
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Il ricorso presentato dall'app di messaggistica per evitare la disposizione è stato respinto. Dovrà fornire all'ente federale russo per il controllo dei media gli strumenti per decodificare tutti i messaggi, pena l’impedimento ad operare

La Corte Suprema russa ha respinto il ricorso di Telegram, l'app di messaggistica fondata dai fratelli Nikolai e Pavel Durov, che si era appellata contro la richiesta dei servizi di sicurezza federali (Fsb) di consegnare i codici di decrittazione delle chat. A seguito della sentenza l'ente federale russo per il controllo dei media, Roskomnadzor, ha avvertito formalmente l’azienda nata nel 2013 che se non adempirà, entro 15 giorni, alla richiesta rischia il blocco sul territorio nazionale. Telegram ha fatto sapere che farà appello contro la decisione della Corte Suprema, ribadendo che non cederà alle autorità russe le comunicazioni dei sui clienti. 

Richiesta non lesiva del diritto alla privacy

I giudici della Corte Suprema hanno ritenuto la richiesta dell'Fsb non lesiva del diritto riconosciuto alla riservatezza, motivo per il quale Telegram dovrà fornire le chiavi che rendono possibile la decodifica di tutti i messaggi. L'anno scorso Roskomnadzor aveva già obbligato Telegram a iscriversi nel registro nazionale dei "diffusori di informazioni" che, stando a quanto prevede la nuova legge antiterrorismo, impone di fornire informazioni riguardo la società, di conservare le conversazioni tra gli utenti e di mettere a disposizione i codici necessari per decifrare i messaggi. La società dei Durov, però, ha rifiutato quest’ultimo punto, ricevendo una multa di 880 mila rubli (circa 14 mila euro), oltre che l’ordine di provvedere al più presto. Per questo Telegram si è appellata alla Corte Suprema, facendo riferimento a vizi procedurali. 

"Telegram si batterà per la libertà e la privacy"

Pavel Durov ha commentato l’ultimatum scrivendo su Twitter: "Le minacce di bloccare Telegram se non consegna i dati dei suoi utenti non porteranno frutti. Telegram si batterà per la libertà e la privacy". Linea che il fondatore dell’app aveva già sostenuto ai tempi dell’iscrizione al registro dei "diffusori di informazioni", quando aveva dichiarato: "Non abbiamo problemi a rispettare le formalità, ma non sarà condiviso con il governo un singolo byte di dati privati".

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