Mondiale '82, come un volo di andata e ritorno nella nostra memoria

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Giuseppe De Bellis

Giuseppe De Bellis

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Quarant'anni dopo siamo tornati in uno dei luoghi-simbolo legati alla storica vittoria della Nazionale per ricostruire il significato di quel momento. Per il calcio, ovviamente, ma anche per l’intero Paese

I luoghi sono simboli. E in questa storia vecchia di quarant’anni che passano senza passare e anzi continuano ad alimentare ricordi, di luoghi ce ne sono tanti: c’è lo stadio Sarrià di Barcellona, dove l’Italia sconfisse il Brasile, in quella che nel tempo è stata chiamata “la partita”. C’è il Santiago Bernabeu, cattedrale laica del pallone, in cui la Nazionale italiana si prese la sua prima coppa del mondo di calcio che non fosse Rimet, la prima senza il marchio fascista, la prima dell’era moderna, la prima dell’epoca a colori. Quella del Mundial 1982. E c’è l’aereo dell’aeronautica militare in uso al presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Quel DC9 il 12 luglio di quarant’anni fa riportò indietro da Madrid a Roma, lo stesso capo dello Stato e tutta la Nazionale campione del mondo. Lì dentro nacquero le immagini più rappresentative di quel successo, oltre all’urlo di Tardelli, a Zoff che alza la coppa, a Pertini che al terzo gol contro la Germania si gira verso il re spagnolo Juan Carlos e agitando il dito dice: “Non ci prendono più”. Parliamo delle immagini della partita a scopone tra il Presidente, il Ct Enzo Bearzot, Dino Zoff e Franco Causio. Un tavolino, la Coppa del Mondo al centro, due pipe appoggiate nei posaceneri, le giacche appoggiate sulle spalle oppure le maniche di camicia arrotolate. Con quelle immagini la vittoria del Mondiale 1982 diventerà non solo un successo sportivo, ma anche l’allargamento di quella vittoria fuori dai confini dello sport: nella società di un Paese che stava cambiando (IL PODCAST DELLO SPECIALE 1982 - ANDATA E RITORNO).

Quarant’anni dopo, siamo tornati su quell’aereo

In quell’aereo – il suo gemello custodito nel museo del volo di Volandia a due passi dall’aeroporto milanese di Malpensa – siamo tornati proprio quarant’anni dopo. Da lì, da quel luogo, da quel simbolo, da quel salottino dello scopone pertiniano, Sky TG24 ha ricostruito il significato di quel momento: per il calcio, ovviamente, ma anche per l’intero Paese. Con noi Beppe Bergomi, protagonista di quella squadra campione, diciottenne sbattuto in campo da Italia-Brasile in poi e titolare nella notte incredibile di Madrid; Carlo Cottarelli, economista e membro del consiglio esecutivo dell’Fmi, all’epoca neo assunto alla Banca d’Italia; Giacomo Papi, scrittore, autore televisivo. Con loro abbiamo ripercorso quel periodo, quel 1982 andata e ritorno, perché quell’anno è come se non passasse mai: ha segnato il destino di una generazione e di quella successiva, che dei ricordi di quell’epoca si è nutrita costantemente. Racconti e paragoni riempiono oggi le pagine dei giornali, le produzioni di documentari, i film. E proprio su questo abbiamo ragionato: perché l’82 fa quest’effetto? Che cosa c’è di speciale, per qualcuno di unico, in quel successo? Ci sono ragioni sportive, ce ne sono altre storico-sociali. Gli anni Ottanta calcistici si erano aperti con lo scandalo del calcioscommesse, probabilmente il punto più basso della storia del nostro pallone, e la vittoria non solo riscattò quell’infamia, ma di fatto aprì la stagione del boom della Serie A: quella dell’ondata dei campioni anni Ottanta, come Zico, Junior, Socrates, Falcao, Platini, Boniek, Rumenigge, Maradona, andata avanti fino al tris tedesco interista Matthaus, Bremhe, Klinsmann e soprattutto a quello olandese del Milan, con Gullit, Rijkaard e Van Basten.

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Quel volo di rientro verso Roma ha portato la nuova era a casa

Il Mundial ‘82 fu l’abbrivio di una nuova vita del nostro pallone, guidato dalla storia di riscatto di Paolo Rossi e dalla serenità quasi severa di Bearzot. Poi l’aver battuto Brasile, Argentina e Germania, il tutto dopo un girone di qualificazione mediocre, con le polemiche, gli attacchi violenti della stampa che per quella nazionale e per la sua guida usò parole insultanti per diverse settimane. Ma non basta questo. Non è mai bastato. L’82 è rimasto l’82 perché è stato anche l’abbrivio di qualcosa di più ampio: il nuovo decennio della spensieratezza dopo la cupezza degli anni di Piombo. Perché gli anni Ottanta dell’Italia sono cominciati l’11 luglio ‘82 fuori dai nostri confini, a Madrid appunto. E quel volo di rientro verso Roma ha portato la nuova era a casa. Coincidenze o no, ma l’esplosione del turismo di massa, dell’Italia vissuta come meta della bellezza, la nascita della grande epopea dello stile italiano con la moda milanese: è tutto a rimorchio di quell’estate. L’ottimismo di quel periodo ha condizionato anche negativamente il futuro, ma all’epoca non importava: troppo forte la necessità di superare gli anni Settanta e la coda dell’80-81.
La nostalgia ha fatto il resto: la generazione di chi era bambino o ragazzino durante quella stagione è stata quella che negli anni successivi ha preso le leve di comando del Paese. Affondare i ricordi nell’epoca più felice della propria esistenza, ovvero quella della giovinezza, è un meccanismo naturale. Se capita che durante quel periodo arriva una Coppa del Mondo, allora nasce un incantesimo eterno. Anche per chi nostalgico non lo è, il ricordo di un momento felice individuale o collettivo, è un piacere. L’82 non era né meglio, né peggio: era diverso, per qualcuno unico. È rimasto, come un volo di andata e ritorno nella nostra memoria, dove può rimanere all’infinito.

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In una foto d'archivio la storica partita a carte sull'aereo di ritorno da Madrid dopo la vittoria dell'Italia ai Mondiali del 1982, da sinistra Dino Zoff, Franco Causio, Sandro Pertini ed Enzo Bearzot. ANSA
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