Alex Zanardi, dalla Formula 1 ai successi paralimpici sull'handbike: storia di un campione
SportI Gran premi con la Jordan, la Minardi, la Lotus e la Williams, le vittorie in Formula Cart, l'incidente del Lausitzring. Prima di scoprire il ciclismo e conquistare quattro ori in due Paralimpiadi.
Era il 15 settembre del 2001 quando la vita di Alex Zanardi cambiò per sempre trasformando un pilota automobilistico con un passato in Formula 1 in un alfiere dello sport paralmpico italiano. L’incidente avvenuto in Germania, sulla pista del Lausitzring, fu terribile: la Honda Reynard che perde aderenza e schizza via, verso le barriere, poi si ferma in mezzo alla pista, dove viene centrata in pieno dalla vettura del canadese Alex Tagliani.
L'amputazione di entrambe le gambe
Un incidente terribile che portò il pilota bolognese che da due anni aveva lasciato la Williams all’amputazione di entrambe le gambe, ma che non fosse stato per la prontezza del capo dello staff medico della Formula Cart, Steve Olvey, che riuscì a tappargli le arterie femorali per fermare l’emorragia. Zanardi, però, ha avuto la forza di reagire e trasformare quella che poteva essere la fine della sua carriera da sportivo in un nuovo inizio. È tornato a guidare coi comandi sul volante, riuscì persino a percorrere gli ultimi 13 giri di quella maledetta gara sul Lausitzring, vinse ancora: una gara del Mondiale turismo, poi il Campionato italiano Superturismo. Quindi scoprì l’handbike.
L'incontro casuale con l'handbike
Merito di un amico, Vittorio Podestà, incontrato per caso litigando per un parcheggio. Podestà, paraciclista d’esperienza e classe, aveva un handbike legata sopra la macchina. Incuriosito, Zanardi cominciò a chiedergli cosa fosse e come si usasse. Lasciò la sua Bmw in garage e cominciò a spingere forte con le braccia sui pedali. Fu così che nacque un amore lunghissimo, cominciato con la Maratona di New York del 2007 chiusa al quarto posto e sublimato dai Giochi Paralimpici di Londra 2012. Due ori, nella prova in linea e in quella a cronometro, e un argento in staffetta con Luca Mazzone e Vittorio Podestà, l’amico conosciuto per caso che l’avevo portato su un handbike.
Un simbolo di resistenza e reazione
Le medaglie si sono moltiplicate col tempo: altri due ori olimpici a Rio 2016, nella cronometro e nella staffetta mista, otto titoli mondiali, i successi nelle maratone di New York e Roma. Ma più che per i suoi successi sportivi, Zanardi è noto come simbolo di capacità di reagire. Il suo impegno nel sociale, al fianco dei disabili, è riconosciuto universalmente. Il suo sorriso e quell’autoironia spontanea l’hanno reso uno dei personaggi più amati e popolari del nostro Paese.
Il primo kart a 14 anni
Dallo sport alle autobiografie, fino al ruolo di presentatore in Rai, con un’indimenticabile edizione di “Sfide”. L’amore per l’asfalto non gli è mai mancato, prima in auto, poi in bici. Nonostante la morte della sorella maggiore in un incidente stradale, nel 1979, nonostante l’incidente del Lausitzring. Si è sempre rialzato ed è sempre tornato in strada. Con lo stesso entusiasmo di quando, a 14 anni, il papà gli regalò il primo kart. Talento puro, pilota velocissimo, ha avuto due occasioni in Formula 1. La prima tra il 1991 e li 1994, con la Jordan, la Minardi e la Lotus; la seconda nel 1999, su una Williams già in declino. Un solo punto mondiale, nel Gp del Brasile del 1993, una lunga serie di ritiri, mai la possibilità di guidare un’auto realmente competitiva. Quella che invece ha avuto nella Formula Cart (la denominazione che in quegli anni aveva la Formula Indy americana): titolo sfiorato al primo anno, nel 1996, campione per due stagioni di fila (1997 e 98), con sorpassi memorabili come quello su Bryan Herta a Laguna Seca che lo hanno fatto entrare nelle grazie del pubblico americano.