L'ex procuratore degli arbitri D'Onofrio condannato a 5 anni 8 mesi per traffico di droga

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L’inchiesta è stata condotta dal Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza. La pena finale, a causa della continuazione con una precedente condanna sempre per droga, è salita a 7 anni e 8 mesi. L’accusa è di associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga

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L’ex procuratore capo dell'Aia (l'associazione italiana arbitri) Rosario D'Onofrio è stato condannato a 5 anni e 8 mesi nell'ambito dell'indagine su un presunto maxi-traffico internazionale di droga. A deciderlo la giudice per le udienze preliminari Lidia Castellucci. L’indagine aveva portato a una raffica di arresti già nel 2022. 

L’inchiesta

L’inchiesta è stata condotta dal Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza. Il gip Massimo Baraldo aveva emesso misure cautelari per 42 persone in totale. Successivamente, davanti al gup Castellucci sono finite 57 persone, di cui una quarantina ha scelto il rito abbreviato. Tra queste anche D’Onofrio, a cui sono state concesse le attenuanti, in quanto con le sue dichiarazioni ha fornito elementi utili all'inchiesta. La pena finale, a causa della continuazione con una precedente condanna sempre per droga, è salita a 7 anni e 8 mesi. L’accusa è di associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga.

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La vicenda del 2020

D’Onofrio, ex ufficiale dell’esercito, era già stato arrestato in flagranza nel maggio 2020 per aver trasportato 44 chili di marijuana e poi condannato a 2 anni e 8 mesi. Secondo la ricostruzione, riportata nel provvedimento del gip eseguito nel novembre 2022, durante il periodo del lockdown nel 2020 D’Onofrio avrebbe anche indossato la divisa militare per circolare senza problemi e consegnare la sostanza stupefacente o gli incassi dello spaccio a cittadini cinesi, affinché li trasferissero illegalmente in Spagna. Ai tempi dell’arresto era ancora procuratore dell'Aia, cosa che aveva scatenato molte polemiche. La stessa Direzione distrettuale antimafia milanese aveva trasmesso gli atti alla Figc.

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