Parigi-Dakar 2023, salgono a 77 i morti nel rally più famoso del mondo
Sport ©GettyUn italiano investito da un concorrente su un camion mentre si trovava, come spettatore, dietro una duna. Nonostante i soccorsi e l’intervento dell’elicottero per l’uomo non c’è stato nulla da fare. Solo l'ultima vittima di una lunga lista
Una volta era la Parigi-Dakar. Partiva dalla capitale francese, tra due ali di folla, gli champs elisèe gremiti di curiosi e appassionati di quelli che sarebbero diventati famosi ai più come rally raid. Una corsa durissima cosa che non ha mai scoraggiato le centinaia di concorrenti che ogni anno si iscrivono all’evento nel deserto.
Il bilancio della vittime in 43 edizioni
Ogni anno però il prezzo da pagare è alto in termini di vite umane. Sono 77 i morti nelle 43 edizioni, inserendo nella conta, oltre a piloti e tecnici, anche spettatori e addetti ai lavori. Tra questi ultimi si inserisce anche il fondatore della Dakar, Thierry Sabine, precipitato nel 1986 con il suo elicottero a gara in corso mentre tra i primi troviamo il nostro Fabrizio Meoni, due volte vincitore della corsa e scomparso nel 2005 in un incidente tremendo con la sua moto che gli procurò la frattura di due vertebre cervicali e la morte istantanea.
Per quanto dura da accettare, chi corre la Dakar, mette in preventivo che qualcosa possa andare storto. Dalla foratura al problema tecnico, dalla caduta senza conseguenze al peggio, gli eroi della corsa nel deserto esaltano il proprio io affrontando pericoli e ostacoli e più la gara è dura maggiore è l’orgoglio di averla portata a termine. E se qualcosa va storto, l’importante è poterlo raccontare una volta a casa. Ma spesso non succede nemmeno questo. La Dakar è roba per pochi, i piloti di moto, soprattutto lo sanno bene. Sono loro che hanno dato il tributo maggiore quanto a morti e feriti. Quello che è accaduto al nostro connazionale nel corso della nona tappa dell’edizione 2023, da Riad a Harad, invece, è difficile da accettare ed è ancora tutto da decifrare.
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La morte dello spettatore italiano
Perché si trovasse dietro a una duna proprio in traiettoria, se di traiettoria si può parlare in un deserto sconfinato, perché nessuno lo ha bloccato visto che l’organizzazione conta su un numero esorbitante di steward e per arrivare lì occorre necessariamente essere munito di un mezzo. Trovare le risposte non ci ridarà indietro l’uomo ma potrà aiutare a migliorare la sicurezza di una gara che di sicuro ha, necessariamente, molto poco. L’uomo è stato investito da un camion, pilotato dal ceco Ales Loprais, 42 enne veterano della Dakar, costantemente ai vertici della classifica, nipote d’arte, lo zio Karel è stato un mito delle corse estreme fino a quando il covid ha deciso che per lui era arrivato il tempo di smettere e se l’è portato via. Loprais, il navigatore e il meccanico che era in cabina con loro hanno tirato dritto, non si sono nemmeno accorti di avere travolto uno spettatore, sicuramente non immaginavano di trovare qualcuno in quel punto, proprio dove anche altri erano passati prima di loro.
Solo all’arrivo, quando ormai erano in procinto di dormire dopo una tappa massacrante, hanno raccontato loro quanto accaduto dietro la duna. Nel video, girato da chi era, pericolosamente, in quel punto con il nostro connazionale, si vede l’uomo rialzarsi dopo essere stato investito, imprecare contro il pilota e il suo navigatore per poi cadere di nuovo sulla sabbia. I soccorsi sono scattati immediatamente ma l’uomo è morto ancora prima di arrivare in ospedale. Difficile non fare retorica, difficile non definirla una morte assurda, ammesso che ve ne sia una accettabile. Troppo facile invece fare incetta di responsabilità. Il pilota, l’organizzazione, il fato che gli ha suggerito di posizionarsi lì, spinto solo dalla voglia di vedere sfrecciare i suoi eroi. Perché con sorte avversa oppure propizia vederli passare ad un palmo dagli occhi a velocità folle su auto, moto, camion, quad, buggy e qualunque altro mezzo si possa mettere assieme a due o quattro ruote dà la percezione di quanta passione, preparazione, determinazione occorrano per partecipare alla folle corsa magari convinti che il peggio non toccherà a loro né a chi segue la gara incitando tutti fregandosene di regole e colori, che il destino non si divertirà alle loro spalle, non questa volta. Il motorsport ha le sue regole, non scritte ma ben chiare. Il pericolo è elemento portante, la Dakar non fa eccezione.