Gasperini: "Ho avuto il covid. Il calcio aiuterà Bergamo"

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L'allenatore dell'Atalanta confessa alla Gazzetta dello sport la sua malattia a inizio marzo, la paura e l'angoscia di quei giorni terribili, in una Bergamo martoriata dai morti. E le speranze di rinascita con il ritorno del calcio giocato 

L’annuncio arriva da uno degli uomini simbolo di Bergamo, l’allenatore dell’Atalanta dei miracoli, Gian Piero Gasperini: "Ho avuto il Covid-19", dichiara in una intervista alla Gazzetta dello sport. 

 

Il ritorno da Valencia e i primi sintomi

Tutto è successo a ridosso della partita di Coppa dei Campioni del 10 marzo a Valencia. "Le due notti successive a Zingonia (centro sportivo dell’Atalanta) ho dormito poco. Non avevo la febbre, ma mi sentivo a pezzi come se l'avessi avuta a 40 - racconta Gasperini -. Ogni due minuti passava un'ambulanza. Lì vicino c'è un ospedale. Sembrava di essere in guerra. Di notte pensavo: se vado lì dentro, cosa mi succede? Non posso andarmene ora, ho tante cosa da fare. Lo dicevo scherzando, per esorcizzare. Ma lo pensavo davvero. Sono rimasto tre settimane a Zingonia. Poi a Torino ho sempre rispettato il distanziamento da moglie e figli. Senza febbre non ho mai fatto il tampone. Dieci giorni fa i test sierologici hanno confermato che ho avuto il Covid-19. Ho gli anticorpi, che non vuol dire che ora sono immune".

 

I giorni durissimi e la speranza in un pallone

Il racconto del tecnico di Grugliasco tocca i giorni difficili della pandemia in una Bergamo martoriata, con la speranza che anche grazie al calcio si potrà tornare alla normalità. "L'Atalanta - dice - può aiutare Bergamo a ripartire, nel rispetto del dolore e dei lutti. La squadra è rimasta connessa con la sofferenza di Bergamo e la porterà in campo". Una forza in più - dice - che servirà "in Champions più che in campionato. La città merita una gioia fuori dal comune".

Gasperini parla di Bergamo, e della "tristezza profonda, spessa, che respiri ovunque, per strada, negli occhi della gente, nei bar e nei ristoranti che tardano a riaprire, nei silenzi del mio collaboratore che ha perso il padre - aggiunge il tecnico piemontese -. Tutti vanno avanti, con forza e con un dolore composto. Ci vorranno anni per capire veramente che cos'è successo, perché proprio qui è stato il centro del male. Ogni volta che ci penso mi sembra assurdo: il picco storico di felicità sportiva è coinciso con il dolore più grande della città. Oggi mi sento ancora più bergamasco". 

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