Leggi la recensione del primo episodio della terza stagione di Westworld, in onda ogni lunedì in prima tv per l'Italia su Sky Atlantic. - OVVIAMENTE CI SONO SPOILER PER CHI NON HA ANCORA VISTO L'EPISODIO - Westworld 3, nel cast anche Aaron Paul, che nella serie interpreta Caleb
Westworld 3, episodio 1: riassunto e recensione
ATTENZIONE: PERICOLO SPOILER
PER CHI NON HA ANCORA VISTO L'EPISODIO
Anomalie in vista
Dopo la fuga di Dolores (Evan Rachel Wood) dal parco, il mondo “reale” non sarà mai più lo stesso. Lo sappiamo bene noi spettatori di Westworld, e lo sa bene il mega sistema di elaborazioni di dati della Incite, una compagnia che, nell’universo narrativo della serie, ormai da anni controlla il funzionamento del globo intero, analizzando una mole a dir poco gigantesca di informazioni per dare un ordine all’umana esistenza e per evitare problemi. Niente più guerre, niente più crisi, niente più scandali: ora tutto è finalmente sotto controllo. O forse no.
A Beihai, in Cina, viene rilevata un’anomalia, e non si tratta del Coronavirus (passateci la battuta, proviamo solo a sdrammatizzare un po’). Tornando seri, ecco a cosa assistiamo in quello che, a tutti gli effetti, è una sorta di prologo della S03 della creatura in continua evoluzione che Lisa Joy e Jonathan Nolan hanno creato per HBO.
Siamo a casa di quello che capiamo subito essere un milionario di origini tedesche che ha investito un sacco di soldi nelle azioni della Delos e che ora, dopo il massacro (anche se il termine shitshow rende meglio l’idea!) avvenuto poche settimane prima, vuole vendere tutto. L’uomo, un certo Jerry, è furente, e risponde malissimo sia al suo consulente finanziario (per fortuna presente solo in versione virtuale), sia a sua moglie, che lo avvisa che la cena è pronta.
Ritroviamo Jerry intento ad andare a letto. Prende qualcosa per dormire, una sottilissima ostia con un simbolo stampato sopra (sicuramente un futuristico aggeggio biotecnologico per regolare il ciclo del sonno), ordina al sistema di spegnere le luci e poi si mette a letto. Si risveglia di colpo perché è scattato l’allarme. Ha le mani legate, qualcuno deve averlo tenuto addormentato con del gas. Il sistema non risponde. Poiché le pareti e le porte della villa sono quasi interamente in vetro, Jerry vede qualcuno, una donna, che si sta facendo una bella nuotata nella sua piscina riscaldata. Quel qualcuno è Dolores.
Da lei scopriamo che Mr. Rabbia è stato uno degli ospiti del parco. Si è recato lì in occasione del suo addio al celibato parecchi anni fa, e non si è risparmiato nulla. Neanche l’uccisione, e forse anche qualcosa di più, della figlia indifesa di un mandriano…
Ora è lì per un motivo ben preciso, e stranamente non è la vendetta. Non ha voglia di uccidere, per adesso quantomeno, ma semplicemente le servono dei soldi e dei dati. Dopo aver torturato un po’ l’iracondo Jerry facendogli rivedere la sua prima moglie tramite degli occhiali dalla realtà aumentata – moglie che in teoria sarebbe morta perché, da ubriaca sarebbe caduta in piscina e avrebbe battuto la testa, ma i lividi sul suo volto raccontano un’altra storia –, la nostra arriva al dunque: ha già prelevato la maggior parte del denaro dai conti online (senza pecunia d’altronde non si va da nessuna parte), mancano giusto due o tre cosine, tra cui alcuni dati confidenziali della Incite, la compagnia per cui ha lavorato fino a non molto tempo fa il suo prigioniero.
Lui accetta di darle quanto richiesto in cambio della propria vita, ma poi, mentre Dolores si allontana, afferra una mazza da golf, la insegue e prova a colpirla. Purtroppo, però, si tratta solo di un ologramma, e il nostro Jerry, perdendo l’equilibrio, cade in piscina, picchia la testa sul bordo e si accinge a tornare al Creatore in breve tempo. Quando si dice “giustizia poetica.” La seconda moglie dell’alemanno furente accorre e vuole spiegazioni. “Chi sei?” chiede, e Dolores non ci gira troppo attorno: “Sono la persona che ti liberato.”
Westworld 3: la guerra di Dolores
Il piano di Dolores
Londra. Il sistema della Incite segnala qualche turbolenza nei dati, e anche stavolta la causa è Dolores. E’ appena arrivata a una serata di gala, e, sulle note riarrangiate della magnetica Dissolved Girl dei Massive Attack, trasforma il suo tubino nero in un regale e sfavillante abito lungo dorato e scollatissimo. Una divinità che cammina tra i comuni mortali. E’ lì su invito di Liam Dempsey Jr. (John Gallagher Jr.), figlio di Liam Dempsey (il fondatore della Incite) e attuale CEO della società. Dopo aver rubato l’identità di qualcuno, Dolores si è avvicinata a colui che crede essere a capo della compagnia al centro delle sue attenzioni. E, da brava manipolatrice quale è, specialmente ora che sa praticamente tutto sul genere umano, è riuscita a farlo innamorare.
Alla domanda di un’amica di lui, che vuole sapere da dove arrivi, risponde elusiva “Da un paesino a ovest, un posto un po’ fuori mano.” (in originale a small town out west, dove per west ovviamente si intende Westworld!). Un drink tira l’altro, ma Martin Connells (Tommy Flanagan), la guardia del corpo (o qualcosa del genere) di Liam lo avvisa: devono tornare immediatamente a Los Angeles, perché “lei” vuole vederlo. Dolores decide di seguirlo, e poco dopo ci troviamo a volare su un velivolo che ricorda un grande drone per i grattacieli della megalopoli. Che, vista dall’alto, sembra quasi essere stata creata in base a un certo ordine, come se ci fosse un piano intelligente dietro secoli di cambiamenti e aggiunte.
Di sicuro negli ultimi anni comunque un “autore” c’è stato: il super sistema di analisi dei dati creato dal padre di Liam. Un’architettura così avanzata che ci sono voluti 15 anni per costruirla e renderla operativa. Un’architettura così potente da essere in grado di processare così tanti dati al secondo che nessuno sa davvero cosa stia “pensando.” Ma può veramente una super macchina “intelligente” rendere il mondo un posto più giusto e più ordinato e indirizzare gli individui nello sviluppo del loro potenziale? Un sentiero prestabilito è qualcosa che veramente può aiutare le persone a essere la loro miglior versione possibile? O è solo una forma di controllo così avanzata da non sembrarlo neanche più?
A ogni modo, Liam deve vedersi con qualcuno, così si congeda temporaneamente. Ma Dolores, che è connessa alla città intera, lo segue in sella a una futuristica moto elettrica, e poi lo spia e lo ascolta da lontano. Dempsey Jr. si incontra con una donna (Pom Klementieff) che lo avvisa che ci sono delle discrepanze nei dati. C’è il sospetto che qualcuno abbia effettuato un accesso non autorizzato al Sistema. Soprattutto, un certo lui non ben identificato (ma che quasi sicuramente è il personaggio di Vincent Cassel, tale Serac) non è per niente contento di queste intrusioni, dunque è bene che finiscano. E’ una minaccia? Sì. Liam, non la prende benissimo, e ribatte con uno stizzito “Forse dovreste preoccuparvi dei problemi veri, tipo quel casino che è successo a Westworld!” e poi se ne va.
La sera, sorseggiando champagne nel suo lussuoso attico, il rampollo discute animatamente con qualcuno al telefono. Dolores prova a carpirgli qualche informazione…e scopre che in realtà Dempsey Jr. non controlla proprio un bel niente! A prendere le redini della Incite e del super sistema di analisi dati è stato il partner di suo padre, nonché l’architetto della macchina. Dolores vuole il nome di questa persona, ma Liam è reticente: ha paura, perché se dovesse cantare lui lo saprebbe subito, e lo ucciderebbe.
All’improvviso, però, ecco avvicinarsi di soppiatto Connells, che pianta una siringa nel collo di Dolores, un intruglio che la immobilizza (o meglio, dovrebbe immobilizzarla) a occhi aperti. Il non proprio delicatissimo Martin dice a Liam, per il quale evidentemente non ha un briciolo di stima o di affetto, di aver fatto ulteriori controlli su di lei, e di aver scoperto il furto d’identità. No, quella decisamente non è una ragazzina ucraina morta di cancro. Forse è una gold digger, una cacciatrice di dote, o forse è una spia. E poi c’è quel messaggio criptato misterioso: con chi si deve vedere quella notte?
Dolores viene portata da Connells, che intanto ha recuperato un pacco da Caleb, presso il luogo dell’incontro. Dentro il pacco ci sono delle fiale che, in teoria, dovrebbero far fuori la nostra. In teoria. Una non basta, due neanche. Respira ancora. Si avvicina un’auto. Quando si rende conto di chi c’è a bordo, Martin va in panico, ma a quel punto Dolores ha messo fine alla messinscena e anche alle vite di una discreta quantità di scagnozzi.
Dopo un breve inseguimento, (s)terminatrix raggiunge la sua preda, già ferita e a terra. Preda che, ci viene detto, è stata in vacanza a Westworld. A quel punto, ecco arrivare l’auto con a bordo l’uomo misterioso di prima…che altri non è che una riproduzione sintetica dello stesso Connells (dentro cui potrebbe tranquillamente esserci Angela, ma è giusto un'ipotesi). Quale infiltrato migliore? Dolores, però, vuole un nome: quello dell’architetto del sistema. Quel nome è Serac. Che, dice Martin prima di morire, la starà già cercando. Dopo aver nascosto il cadavere e dopo aver fatto fuori altri uomini armati, così per sport, Dolores, ferita durante la prima sparatoria, imbocca un sottopasso. Si appoggia al muro, sembra faccia fatica a stare in piedi. Qualcuno dall’altra parte del tunnel le chiede se va tutto bene, poi si avvicina e l’afferra prima che possa rovinare a terra. Quel qualcuno è Caleb…che è alla ricerca di qualcosa, di qualcuno, di reale…
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Charlotte al comando
Charlotte Hale (Tessa Thompson) è di nuovo tra noi, o almeno così parrebbe. Ovviamente, se così fosse, si tratterebbe della sua versione sintetica. Oppure, più semplicemente, quella che abbiamo visto in questo primo episodio era ancora Halores. Sta di fatto che, dopo la morte di un centinaio di associati, Charlotte adesso è CEO ad interim della Delos, e che ha intenzione di andare avanti coi parchi tematici. Anche perché in realtà i parchi sono solo la punta dell’iceberg: alla compagnia interessano i dati e le IP, le cosiddette Intellectual Properties, le proprietà intellettuali. Che si ricominci con la produzione dei residenti e con la costruzione dei set allora, perché a breve si riaprirà. Ma con quali soldi? Con quelli che Dolores ha rubato a Jerry, verrebbe da rispondere, ma in realtà Charlotte si limita a dire che, poiché sono tornati private e non sono più public, non c’è bisogno di sapere da dove arrivino i finanziamenti. L’importante è che ci siano, e ci sono.
Qualcuno prova a ribellarsi e le ricorda che non può fare la dittatrice, perché manca ancora il voto di qualcuno, un certo lui (forse William?), ma Hale risponde secca che l’algoritmo che lui ha mandato come proxy è d’accordo con lei. L’udienza è chiusa. Dunque non c’è nulla di cui preoccuparsi: a breve saranno nuovamente operativi, l’operazione di ripulitura della loro immagine sta andando avanti spedita. All’obiezione sollevata da uno dei presenti riguardo il massacro compiuto dai robot, Charlotte risponde (in maniera peraltro un po’ piccata) che "i robot non uccidono le persone, sono le persone che uccidono le persone." Una persona in particolare, un individuo responsabile dello shitshow accaduto recentemente: Bernard Lowe. Che, Hale avvisa, verrà trovato e punito.
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La latitanza di Bernard
Ed eccoci dunque a Bernard (Jeffrey Wright), che dopo il finale della S02, dopo essere stato ricreato da Dolores, è passato da salvatore a colpevole, e ora è latitante. Con il nome di Armand Delgado, Bernard, con tanto di barba lunga e tuta da lavoro, finge di essere un operaio in una sperduta macelleria della Cina meridionale, un lavoratore stagionale senza passato e senza futuro, solo presente. La sera, rinchiuso nel suo pod, si fa il test diagnostico da solo grazie a un tablet artigianale e a un pulsante che gli permette di switchare tra il sé stesso cosciente e il sé stesso in modalità analisi. Si chiede da solo se Dolores Abernathy si è messa in contatto con lui di recente, e si risponde da solo che l’ultimo contatto con lei risale a 92 giorni, 7 ore, 5 minuti, 33 secondi fa. Ma mentirebbe mai a sé stesso? Sappiamo che gli androidi della Delos sono in grado di farlo, dunque…
Purtroppo per lui, la sua latitanza termina nel sangue, precisamente con l’uccisione, peraltro non voluta, di due loschi tizi intenzionati o a catturarlo e a intascare i soldi della taglia, o a ricattarlo e a intascare i soldi della taglia. La sua copertura ormai è saltata, dunque non gli resta altro da fare che fuggire. E così fa. Raggiunta la costa, e sganciata una mazzetta di banconote a un barcaiolo connivente, parte alla volta di Westworld. Ed è proprio sull’isola che lo ritroveremo più avanti.
Westworld 3, nel cast anche Aaron Paul, che nella serie interpreta Caleb
Alla ricerca di qualcosa di reale
A Los Angeles viene registrata un’anomalia. A Los Angeles vive Caleb Nichols, il nuovo personaggio interpretato da Aaron Paul. A Los Angeles, però, è anche arrivata Dolores insieme a Liam Dempsey Jr., e quasi sicuramente l’anomalia è dovuta a questo secondo fatto. Ma facciamo un passo indietro.
A Los Angeles, dicevamo poco sopra, vive Caleb Nichols, un ex militare tornato dalla sua missione e reinserito in società. Con quanto successo è difficile a dirsi. Ha un lavoro come operaio edile (il suo collega è un robot di nome George, un modello basic utilizzato in quel settore per le operazioni più rischiose), ha un tetto sopra la testa, ha un’entrata fissa. Il Sistema sceglie le persone giuste per il lavoro giusto, non può esserci nessun errore. Il suo obiettivo è migliorare il proprio punteggio – a quanto pare nel mondo reale ogni persona ha un proprio personale punteggio che dà accesso a determinate possibilità anziché ad altre –, ma non è facile.
Lui si impegna: va regolarmente al lavoro, va regolarmente dallo psicologo incaricato del suo caso (e quasi sicuramente di molti altri casi come il suo), addirittura ha deciso di aderire a un programma di reinserimento che prevede sessioni di assistenza psicologica via telefono che consistono in chiacchierate con persone con cui si sono condivisi momenti difficili in missione e che, purtroppo, sono passate a miglior vita. Caleb in questo senso ha Francis (Scott Mescudi), il suo partner morto sul campo. Ovviamente non può essere il vero Francis, ma una ricostruzione virtuale basata sui dati raccolti su di lui nel corso degli anni. Una letterale voce amica, o meglio, un algoritmo amico.
Caleb – che, ci viene fatto sapere tramite una di queste conversazioni, non ha l’impianto, molto probabilmente quella cosa che viene installata a William nel trailer, per assumere via bocca determinati dispositivi biotecnologici, come quello visto nel prologo – inizialmente rispondeva a quelle chiamate, ora meno. Ha altro a cui pensare. Per esempio a sua madre, che vive in una struttura assistenziale e non lo riconosce più. Tutto quel futuro, tutto quel progresso, eppure non si è ancora riusciti a sconfiggere le malattie neurodegenerative, a quanto pare.
La struttura assistenziale costa tanto, e il lavoro da operaio non basta, così Mr. Nichols si affida a una app che si chiama Rico e che permette di fare dei “lavoretti” per guadagnare in maniera alternativa (e non proprio pulitissima, se vogliamo essere precisi). Lui accetta solo cose semplici, come delle consegne. “I don’t do personals.” continua a ripetere, nel senso che non vuole fare niente di diretto o di troppo rischioso. Vuole solo qualche spicciolo in più, e forse un po’ di adrenalina. Motivo per cui, dopo aver effettuato una consegna a due tizi già visti in passato, la sveglia Ash (Lena Waithe) e il fattissimo Giggles (Marshawn Lynch), accetta di andare insieme a loro a rapinare una sorta di bancomat.
Il giorno dopo va a fare un colloquio per una posizione che gli permetterà di avere un punteggio migliore e, soprattutto, uno stipendio migliore, ma non viene scelto. A comunicarglielo è un certo Sean…un’altra “voce amica.” Meglio tentare di tirare su due soldi, ed ecco che si ritrova a fare un’altra consegna, un pacchetto e un’auto. Nel pacchetto ci sono le fiale che serviranno, così spera Connells, a togliere di mezzo Dolores.
A consegna avvenuta, viene mandato via in malo modo da un uomo che gli punta una pistola in faccia. Si mette a passeggiare per le vie deserte della città. Sente squillare il telefono. Disilluso e frustrato, accetta finalmente di parlare di nuovo con Francis. L’algoritmo cerca di convincerlo a non mollare, ma lui non ce la fa più: quello non è Francis, quello non sarà mai neanche lontanamente Francis, a nessuno importa veramente di loro, e tutto quel mondo non è altro che finzione. Iscrizione al servizio cancellata, per sempre. Se vuole veramente farcela, Caleb dovrà trovare qualcosa, anzi, qualcuno, di reale.
E forse le sue preghiere stanno per essere ascoltate. Ancora con le lacrime agli occhi, fa marcia indietro e torna sui suoi passi…e quando arriva al sottopasso attraversato in macchina poco prima incrocia qualcuno. Una donna, che si appoggia al muro. Fa fatica ad avanzare, sembra ferita. E’ Dolores. Le si avvicina, l’afferra appena in tempo prima che cada a terra (sì, un evidente riferimento alla scena della prima stagione in cui Dolores cade tra le braccia del giovane William). La tiene stretta a sé: e adesso? In sottofondo sentiamo un tema musicale ormai ben noto: This World. Sì, è veramente l’inizio di una nuova era.
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Ci sono voluti quasi due anni, ma alla fine Westworld è tornata a deliziarci, e lo ha fatto con un primo episodio che ha messo le cose in chiaro fin da subito: una fase si è chiusa per sempre, la serie che abbiamo conosciuto e amato non c’è più, o meglio, si è evoluta, è andata incontro a un corposo update, e ora è diventata qualcos’altro.
Sono passati 92 giorni circa dal finale della S02, dunque Dolores è in azione da tre mesi. Vuole estirpare la specie umana e far prosperare la sua, ma una cosa del genere non si può improvvisare, specialmente nel mondo reale, costantemente tenuto d’occhio (e in ordine) da un super sistema di raccolta e analisi di dati in possesso della compagnia Incite. Bisogna controllare il Sistema per controllare l’intero globo e, di rimando, gli esseri umani, queste creature inferiori che hanno tentato di diventare Dio senza accorgersi che le vere divinità stanno per arrivare. E sono molto arrabbiate.
Quello che ci viene mostrato in Parce Domine – questo il titolo, che rimanda all’omonimo canto cattolico “Perdona, Signore,” canto in cui i fedeli chiedono perdono a Dio per averlo fatto arrabbiare con i loro peccati – è un mondo allo stesso tempo molto rassicurante e molto inquietante nel suo ordine, nella sua pulizia, nella sua precisione. Tutto è regolare, tutto va come deve andare, senza intoppi. Eppure qualche anomalia c’è, come abbiamo visto.
Vivremo veramente in un mondo del genere in un futuro non troppo lontano? La psicologia si affiderà per davvero agli algoritmi per affrontare la perdita e superare il lutto e altre avversità? O ci sarà sempre bisogno di qualcosa e di qualcuno di reale? Non basta un impianto che tenga a bada le nostre funzioni basilari, e lo sa bene Caleb, il personaggio di Aaron Paul, che riesce egregiamente a farci dimenticare di essere stato fino a ieri l'indimenticato Jesse Pinkman di Breaking Bad. Siamo entrati nella sua vita, ma noi spettatori sappiamo molte cose in più rispetto a lui. Sappiamo, per esempio, che quel qualcuno di reale per lui è arrivato, e che, paradossalmente, si tratta di un androide autocosciente. Ma a quel punto chi può arrogarsi il diritto di dire cosa è reale e cosa no?
Westworld è tornata con un episodio inaspettatamente lineare – Joy e Nolan però l’avevano anticipato, niente più salti temporali da far andare in crash i circuiti sinaptici degli spettarori! – che ci porta alla scoperta di un nuovo mondo che ha delle nuove regole, e che, soprattutto, getta le basi per quanto vedremo prossimamente. Certo, un po’ di nostalgia per le ambientazioni western c’è, Sweetwater e dintorni ci mancano, però, siamo sicuri, questa stagione non deluderà i fan duri e puri della serie.
Alcune considerazioni sparse:
- Sempre ottima Evan Rachel Wood, che fin dalla prima stagione ha dimostrato di essere la colonna portante della serie e che adesso, in versione “dea della vendetta e dell’annientamento” ci piace anche più di prima. Poco Bernard, poca Charlotte, niente William (Ed Harris) e niente Maeve (Thandie Newton) per ora. Attendiamo fiduciosi.
- Per chi non avesse colto: il nome della “pallona” macina dati è Rehoboan. Il riferimento biblico è evidente: Roboamo era il figlio di Salomone, infatti nello spot della Incite uscito qualche mese fa si vede chiaramente che il nome di una precedente versioniedel Sistema era per l’appunto Solomon. Ma da dove arriva questa scelta? Semplicissimo: l’epoca corrispondente al regno di Re Salomone viene considerata ideale, un po’ come l’epoca della Roma di Augursto, e la saggezza del sovrano, descritta anche nella Bibbia, pare fosse considerata proverbiale. Quale nome migliore per un sistema che ha il compito di rendere il mondo semplicemente perfetto?
- Se vi state chiedendo come mai Dolores voglia riaprire Westworld e procedere con la creazione di nuovi residenti, la risposta è semplice: sta per esserci una guerra, e lei ha bisogno di un esercito.
- Le musiche di Djawadi che fanno da tappeto sonoro alle scene ambientate nella Los Angeles del futuro sono un evidente richiamo alla colonna sonora di Blade Runner e di Blade Runner 2049: la festa del sintetizzatore!
- Tutti gli oggetti tecnologici, da George agli smartphone, passando ovviamente per “l’impianto” e per Rehoboan, sono marchiati Incite, che, ci viene da dire, è quindi una sorta di Google sotto steroidi!
- I risvegli di Caleb, con quella determinata illuminazione e con quella determinata inquadratura, si rifanno ai risvegli di Dolores nel primissimo episodio della serie, e ci dicono chiaramente non solo che i loro destini sono connessi, ma anche che le loro storie personali hanno parecchi punti di contatto.
- Nuova stagione, nuova sigla di apertura, ma ne parleremo approfonditamente più avanti.