The Beast in Me, dietro la miniserie si cela una storia vera? Il parallelo trovato dai fan
Serie TV ©WebphotoIl nuovo titolo approdato su Netflix (visibile anche su Sky Glass, Sky Q e tramite la app su Now Smart Stick) ha suscitato un vivace dibattito attorno alla storia di Aggie, interpretata da Claire Danes, e al misterioso Nile Jarvis, spingendo il pubblico a chiedersi se la miniserie abbia un fondamento reale
Da quando The Beast in Me ha fatto il suo debutto su Netflix (visibile anche su Sky Glass, Sky Q e tramite la app su Now Smart Stick), la miniserie è diventata oggetto di un acceso dibattito tra gli spettatori, affascinati dal suo intreccio oscuro e spinti a chiedersi se le vicende raccontate abbiano o meno un legame diretto con la realtà.
Claire Danes, qui nel ruolo di Aggie, presta il volto a un’autrice biografica premiata con il Pulitzer, improvvisamente svuotata dell’ispirazione che aveva contraddistinto la sua carriera. L’arrivo di un nuovo vicino, Nile Jarvis, rappresenta l’innesco di un percorso inatteso. Ma la domanda resta: esiste una storia vera dietro The Beast in Me?
Le domande del pubblico e la natura della serie
L’interesse che circonda The Beast in Me non deriva soltanto dalla sua costruzione narrativa, ma anche dal sospetto, sempre più diffuso tra gli spettatori, che la miniserie possa attingere a un episodio reale.
La produzione di Netflix, con la sua atmosfera ricca di tensione, spinge spontaneamente a interrogarsi sul confine tra invenzione e realtà, un confine che nell’immaginario collettivo sembra farsi particolarmente sottile.
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Aggie: vita sospesa fino all’incontro che cambia tutto
Al centro della trama di The Beast in Me c’è Agatha Wiggs, chiamata Aggie, figura segnata da un dolore profondo. La morte del figlio, avvenuta cinque anni prima, ha lasciato nella sua vita un vuoto difficilmente colmabile. Da allora, la scrittrice di biografie, un tempo prolifica e acclamata, si è progressivamente ritirata dal mondo, scegliendo la solitudine come unico rifugio.
L’equilibrio precario con cui Aggie convive si spezza quando apprende che la casa accanto alla sua è stata acquistata da Nile Jarvis, potente esponente dell’imprenditoria immobiliare. L’uomo porta con sé una fama controversa: la sua prima moglie, Maddie, è scomparsa in circostanze rimaste oscure, alimentando la convinzione diffusa che lui ne sia stato responsabile e abbia occultato ogni possibile prova. Nonostante queste accuse informali, l’assenza di elementi concreti non ha mai permesso alle autorità di procedere nei suoi confronti. Ed è proprio quell’aura di sospetto irrisolto ad attirare l’attenzione di Aggie.
I dialoghi tra Aggie e Nile diventano presto un punto di svolta, stimolando la scrittrice a voler comprendere sia l’uomo sia l’enigma legato alla scomparsa di Maddie. È da queste conversazioni che prende avvio il suo desiderio di investigare, alla ricerca di una verità rimasta a lungo nell’ombra.
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Una storia di fantasia che richiama un caso reale
Pur essendo un’opera nata dall’immaginazione, The Beast in Me ha evocato in molti spettatori un parallelo immediato con una vicenda realmente accaduta, che ha per protagonista un erede dell’impero immobiliare finito più volte al centro della cronaca nera.
La somiglianza non riguarda elementi specifici della narrazione, ma il clima di sospetto e l’ombra lunga di un presunto omicidio nascosto per anni.
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Il precedente: una storia che torna alla mente
Per comprendere perché la miniserie riporti alla memoria un caso noto, occorre tornare al 1982. In quell’anno, Robert Durst divenne il sospettato principale della sparizione della moglie Kathie. La famiglia di cui Durst faceva parte, tra le più influenti nel settore immobiliare newyorkese, contribuì a rendere l’episodio ancora più eclatante nel contesto mediatico.
In seguito, l’uomo venne accusato dell’omicidio del suo vicino di casa, il settantunenne Morris Black. La giuria, nel 2003, scelse di assolverlo, accogliendo la sua versione dei fatti basata sulla legittima difesa. Arrivò comunque una condanna a cinque anni per evasione della cauzione e per la manomissione delle prove.
Dieci anni più tardi, lo stesso Robert Durst confesserà gli omicidi di Morris Black, della moglie Kathie e dell’amica Susan Berman. Le sue parole vennero registrate involontariamente durante la docuserie The Jinx – La vita e le morti di Robert Durst, che contribuì a svelare ciò che era rimasto nascosto per anni. Il processo, inizialmente previsto per l’estate del 2020 e rinviato all’anno seguente a causa della pandemia, si concluse con una condanna all’ergastolo senza possibilità di condizionale per l’omicidio di primo grado e premeditato ai danni di Susan Berman.
Robert Durst morirà in carcere nel 2022, dopo aver contratto il Covid-19, chiudendo una vicenda che per decenni aveva generato interrogativi, supposizioni, confessioni tardive e sentenze.