È uscita la prima docu-serie italiana di Netflix che ripercorre gli iniziali 15 anni di storia della comunità di recupero per tossicodipendenti fondata da Vincenzo Muccioli. Poche ore dopo l'uscita di "SanPa", San Patrignano ha pubblicato una nota ufficiale in cui dichiara di dissociarsi completamente
È uscita lo scorso 30 dicembre SanPa: Luci e Tenebre di San Patrignano, la docu-serie italiana di Netflix che racconta i 15 anni iniziali della comunità di recupero per tossicodipendenti fondata da Vincenzo Muccioli.
Si tratta della primissima docu-serie originale italiana Netflix (disponibile in 190 Paesi), nata da un’idea di Gianluca Neri che l’ha scritta a sei mani assieme a Carlo Gabardini e Paolo Bernardelli.
Diretta dalla regista Cosima Spender, è composta da cinque episodi - ciascuno della durata di un’ora - che condensano i primi quindici anni di vita di San Patrignano.
Di cosa parla SanPa: Luci e Tenebre di San Patrignano
Dagli anni Settanta ai processi, dal declino fino alla morte del fondatore (avvenuta nel 1995), SanPa: Luci e Tenebre di San Patrignano ripercorre le varie tappe di una storia controversa.
Una storia che ruota attorno a una domanda precisa, presente nella docu-serie e anche nel trailer: «Per fare del bene puoi usare qualunque metodo?»
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San Patrignano si dissocia ufficialmente dalla docu-serie
A due giorni esatti dalla messa in onda, la comunità di San Patrignano ha pubblicato una nota ufficiale in cui dichiara di dissociarsi completamente dalla docu-serie di Netflix.
Sul sito di San Patrignano si legge: «Il racconto che emerge è sommario e parziale, con una narrazione che si focalizza in prevalenza sulle testimonianze di detrattori, per di più, qualcuno con trascorsi di tipo giudiziario in cause civili e penali conclusesi con sentenze favorevoli alla Comunità stessa, senza che venga evidenziata allo spettatore in modo chiaro la natura di codeste fonti».
La comunità fondata da Vincenzo Muccioli aveva accettato la richiesta della regista Cosima Spender di essere ospitata per lavorare alla serie.
Come riporta il sito ufficiale di San Patrignano, «per trasparenza e correttezza abbiamo ospitato per diversi giorni la regista della serie la quale è stata libera di parlare con chiunque all’interno della comunità, e abbiamo inoltre fornito l’elenco di un ampio ventaglio di persone che hanno vissuto e o tuttora vivono a San Patrignano e della quale conoscono bene storia passata e presente, in modo da poterle dare gli strumenti necessari per una ricostruzione oggettiva e informata. Tale elenco è stato totalmente disatteso, ad eccezione del nostro responsabile terapeutico Antonio Boschini, preferendo lasciare spazio ad un resoconto unilaterale che paia voler soddisfare la forzata dimostrazione di tesi preconcette.
Avevamo espresso fin dall’inizio la preoccupazione per gli effetti che un prodotto televisivo di ricostruzione delle vicende trascorse all’interno della comunità, se non ricostruite e presentate in maniera equilibrata e adeguatamente contestualizzate, poteva avere sulla odierna realtà di San Patrignano, con i suoi oltre 1000 ospiti. Purtroppo, ci troviamo a constatare che i timori erano assolutamente fondati».
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Come e quando è nata la comunità di San Patrignano
Nella seconda metà degli anni Settanta l’Italia è stata colpita dalla piaga dell’eroina. Centinaia di giovani sono finiti in una trappola, una dipendenza da cui è molto difficile uscire. Oltre a loro, anche le famiglie che hanno vissuto questo dramma assieme ai figli sono da considerare vittime dell'eroina.
In quegli anni Vincenzo Muccioli - allora 45enne, cresciuto nell’ambiente della borghesia agraria romagnola - prende la decisione di trasformare la cascina della famiglia di sua moglie in una comunità per il recupero dei tossicodipendenti.
Il nome San Patrignano, voluto dallo stesso Muccioli, è quello della frazione di Coriano (in provincia di Rimini) dove sorge la cascina, in cima a un colle.