Gomorra 4, trama e recensione dell’episodio 5

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Paolo Nizza

L'esordio alla regia di Marco D'Amore coincide con un episodio in cui Patrizia deve affrontare un'emergenza che rischia di mettere fine all'alleanza tra i clan. Servirà l'intervento di Gennaro per cercare di rimettere a posto le cose. Leggi la recensione del quinto episodio di Gomorra 4.

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Gomorra 4, episodio 5: la trama

Dio (non) c'è

Il quinto episodio della quarta stagione di Gomorra si apre sull’immagine di ana donna allo specchio.  Si tratta di Patrizia. La nuova regina di Secondigliano fuma e contempla il suo riflesso. La ragazza si prepara come un samurai per affrontare una domenica in campagna che si rivelerà niente affatto rilassante. Patrizia infatti si sta recando nell’entroterra casertano per passare la giornata insieme a Mickey Levante e la sua famiglia. Sappiamo che anche i criminali piangono e si innamorano. Ma, si sa, nel mondo della malavita organizzata italiana, la famiglia viene prima di tutto.

Già durante la messa si comprende che la giovane Santoro è un pesce fuor d’acqua. in quella chiesetta di paese, il sacerdote invita a scambiarsi un segno di pace, ma più che altro negli occhi di Don Gerlando si percepiscono segnali di guerra. Le cose peggiorano quando Patrizia si ritrova in cucina, insieme alle donne di casa Levante. Mickey la lasciata sola per andare a prendere le paste insieme al fratello. E tra mani che impastano e ragù che "pippiano", la sorellina di Michelangelo chiede a Patrizia se ha fede in Dio, visto che durante la funzione religiosa è rimasta sempre in silenzio. La risposta di Patrizia gela i presenti: “Ho perso papà e mamma che avevo solo 11 anni. Sono rimasta con un fratello di 3 anni e due ancora più piccoli. Ho pensato quindi che il padre eterno sia solo una fantasia.”  Nasce quindi un ulteriore separazione tra chi crede e chi no, tra chi si aspettava che Dio fosse amore e chi invece è convinto che il divino si manifesti attraverso il dolore e sacrificio.

A trasformare definitivamente questa pranzo della domenica in un’ultima cena ci pensa Gerlando Levante. Il boss è lapidario nei confronti della giovane Santoro: “ Noi non abbiamo piacere a mescolare il nostro sangue con il vostro.” Lo zio di Genny invita quindi la ragazza ad avere con suo figlio Michelangelo esclusivamente rapporti di lavoro. Sicché a tavola il disagio fra i commensali si taglia con il coltello. Mickey vorrebbe confessare ai suoi familiari il suo amore per la ragazza. Ma Patrizia gioca d’anticipo e con una bugia dice che è venuta a casa dei Levante solo per comunicare che è arrivato l’imponente carico di cocaina tanto atteso. La giovane quindi si alza, saluta e se ne va. E a nulla serve il tentativo di fermarla da parte di Michelangelo. Nessuno può mettersi contro il proprio sangue. A casa Levante "Omnia vincit amor" è solo un'abusata locuzione latina.

 

Grosso guaio a Secondigliano

Si sa: i guai non vengono mai da soli. Cosi, dopo aver rotto con Mickey, Patrizia si ritrova a fronteggiare un enorme problema sul lavoro. Infatti la polizia irrompe nel capannone industriale dove è stata nascosta la droga e sequestra tutto il carico di cocaina. Nicola e Lino riescono a sfuggire all’arresto e avvisano Patrizia, che con un francesismo commenta: “Stu sequestro e è nu cazz’ e guaio”. Al boss di Secondigliano non resta quindi che riunire gli alleati e trovare insieme una soluzione.

Nel corso del meeting criminale, Patrizia si impegna a restituire ai suoi partner entro un mese i soldi perduti, visto che la droga era stata pagata in anticipo. In attesa del prossimo carico di cocaina tocca spacciare hashish e pastiglie di ecstasy. Dopo un’iniziale perplessità, Valerio, imbeccato da Sangue Blu, accetta, e lo stesso fanno i Levante. Ma i fratelli Capaccio, ossia O’ Crezi e O Diplomato, non sono di questo avviso. A differenza delle altre famiglie, la loro gente campa esclusivamente dei proventi dello spaccio. Per cui se Patrizia ci tiene a mantenere l’alleanza deve rimborsarli entro una settimana.

Cosi, sulle note della canzone E’ Sord di Luchè, Nicola e Lino iniziano a girare come trottole per tutta Napoli e dintorni a racimolare sino all’ultimo euro. Ma nonostante il ritornello del pezzo di reciti “ O ssaje comm ‘o facimm a Napl O lat ‘e ccà facimme ‘e sord, ‘o frat Vuje facit ‘e chiacchiere Nuje facimm ‘e carte”, mancano la bellezza di 500mila euro per saldare il debito con i Capaccio. A questo punto, una sola persona può aiutare Patrizia, ovvero Genny Savastano, l’uomo che ha consegnato alla ragazza le chiavi di Secondigliano.

I due si incontrano di notte al bar tabacchi Marinella. Tra videopoker, un trancio di pizza e un bicchiere di coca cola, Gennaro spiega prosaicamente la situazione: “Tu sai cosa sto facendo e a cosa mi servono i soldi della droga e sai pure che ti ho messo a capo di Secondigliano per stare tranquillo  e non avere cagamenti di cxxxo. E questo significa diventare un boss, questa è la vita nostra. Pochi amici e serpenti da tutte le parti.” Dopo questa lezione di vita criminale, Genny decide di prestare il denaro a Patrizia, però la giovane Santoro deve capire il prima possibile chi è stato a tradire.

 

Giulietta e Romeo in versione criminale

Mickey non si rassegna a perdere Patrizia. Si introduce a casa della ragazza. Le vuole parlare. In questo frangente, Franco Battiato, con la complicità di Carmen Consoli, avrebbe cantato "Tutto l’universo ubbidisce all’amore”. Ma la realtà è sempre più prosaica, sovente più corriva. Sicché Mickey, in overdose da testosterone, con inopportuno e anatomicamente errato assioma grida: "Patrizia tu non tieni le palle,” Quanto è difficile per una donna regnare su un mondo costruito da e per gli uomini. Però Mickey è un sincero innamorato. E Patrizia questo lo sa.

In fondo, con le dovute differenze è quello che accade tra Azzurra e Jenny. Nello specifico, la moglie di Genny si lamenta di essere rimasta all’oscuro rispetto al sequestro del carico di droga rubato e al fatto che il coniuge abbia incontrato Patrizia a sua insaputa. In fondo, un vero matrimonio dura nel tempo solo se si consuma nella buona e nella cattiva sorte. Messo alle corde,Savastano capitola e condivide ogni cosa con la sua sposa. Sicché azzurra si prende la sua rivincita. In una vuota e lussuosa boutique, la moglie di Genny, stilosa e sexy dominatrice in tacchi a spillo e civettuolo mini abito, consegna un trolley con i soldi a Patrizia, umiliandola un filo ricordandole il suo passato di commessa. In fondo entrambe hanno perduto qualcosa di profondo in questa perpetua ricerca di affermazione.

Pagato il debito con i fratelli Capaccio, Patrizia chiude il conto anche con il padre di Mickey. La ragazza va a casa dei Levante e, senza remora alcuna, grida la sua rabbia: “Quello che mi avete detto mi ha offeso. E non va bene. D’altra parte la base del rispetto è la sincerità, e quindi il problema non è se io sono all’altezza di vostro figlio. La scelta nostra l’abbiano già fatta, il problema siete voi.” Mickey aggiunge "Noi ci vogliamo veramente bene." Il patriarca abbozza con un laconico: “E' tutt?" In fondo è dai tempi di Giulietta e Romeo che le famiglie ostacolano l’amore dei propri figli.

 

Gomorra 4 - Episodio 5 - La recensione

Come si suol dire in questi casi, buona la prima. Smessi i panni di Ciro l’Immortale (assassinato da Genny nell’ultimo episodio della terza stagione di Gomora) Marco D’Amore dimostra si essere altrettanto capace e talentuoso anche dietro la macchina da presa. Basta osservare l’incipit di questa puntata. Quella profondità di campo (che sarebbe piaciuta a Orson Welles) in cui si staglia una Patrizia meditabonda e fumante è davvero un’inquadratura che racchiude e racconta un mondo attraverso un dettaglio. Al pari dell’incontro-scontro tra la giovane Santoro e le donne della famiglia Levante. D’amore trasfigura un domenicale gruppo di famiglia in un interno in un autentico inferno evitando corrivi cliché e riuscendo a rendere efficace e credibile una sorta di disputa teologica tra personaggi solo in apparenza elementari e semplici.

Ma l'ex interprete di Ciro dimostra di sapersela cavare egregiamente anche nelle sequenze d’azione, come dimostra la scema del blitz della polizia, tra inseguimenti, sirene spiegate e colpi d’arma da fuoco. Anche nell’utilizzo della musica napoletana (da sempre una cifra stilistica di Gomorra - La serie), il regista pare avere un talento particolare. Quel capolavoro di ironia e e stile rappresentato da “E’Sord” del talentuoso Luchè è il perfetto contraltare sonoro a quella caccia al tesoro compiuta da Nicola e Lino per i vicoli di una Napoli diversamente milionaria.

In questo quinto episodi della quarta stagione primissimi piani si alternano a campi lunghi in un crescendo rossiniano di emozioni e colpi di scena. E c’è spazio anche per un sensuale e vertiginoso confronto tutto al femminile. La scena ambientata nella lussuosa boutique con le leonesse Patrizia e Azzurra inquadrate di profilo una davanti all’altra ha la forza e lo stile di alcuni fiammeggianti melò del passato. Insomma, Marco D’Amore è davvero una piacevolissima sorpresa anche come regista. Notevoli anche le interpretazioni dei personaggi minori perché non esistono piccoli ruoli, ma solo piccoli attori come diceva K. Stanislavskij.

 

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