Francesco Mancarella, l'album What I Felt: "La musica scuote le coscienze e ricrea l'uomo"

Musica
Credit Michele Giannone

La musica di questo pianista, compositore e direttore d'orchestra si distingue per la fusione di stili e una costante ricerca di innovazione, creando un crossover tra classica, jazz e contemporanea nel segno del virtuosismo e di una profonda conoscenza musicale. L'INTERVISTA

What I Felt è il nuovo album del direttore d’orchestra, pianista e compositore Francesco Maria Mancarella, conosciuto per il progetto Il pianoforte che dipingeUn suono caldo, ovattato, avvolgente come una coperta di lana in una giornata fredda. È questa la cifra di What I Felt, attraverso la quale Francesco Maria Mancarella dà vita a un timbro unico e personale, ottenuto attraverso la tecnica del pianoforte preparato. Per realizzare questo album Mancarella ha trasformato un pianoforte a coda Kawai, adattandolo con feltri di diversa qualità, applicati in ogni registro dello strumento. Il risultato è un suono ovattato ma ampio, potente e raccolto, difficile da replicare altrove. Il titolo richiama il doppio significato della parola felt in inglese: da un lato il feltro, materiale inserito tra la martelliera e le corde del pianoforte per smorzarne le vibrazioni, dall’altro il sentire, l’emozione che prende forma nella musica.  È il primo disco in tonalità maggiore del maestro, arricchito da elettronica, produzione e la presenza di altri strumentisti. Un lavoro che esprime pace, armonia e libertà, come il ricordo sbiadito di un sogno che lascia solo una sensazione di beatitudine al risveglio.

Francesco partiamo dalla storia di What I Felt: come lo hai costruito? Come ci hai lavorato?

E' un disco particolare come approccio alla composizione. Ho preso il piano, lo ho preparato e mi sono messo a suonare e sul disco ascolti praticamente un buona la prima poiché è uscito quello che la mia mente ha generato. E' un disco libero e di istinto come lo è la produzione.

 

Felt ha il doppio significato di feltro e sentire: in cosa ti ha portato a tradurre in arte due concetti così lontani?

Per tradurre il suono che ho in testa utilizzo qualsiasi mezzo. Il feltro è prerogativa del pianoforte a muro ma io volevo una cosa diversa e dunque mi sono informato e ho tagliato a strisce la pezza che copre i tasti e ho poi utilizzato anche un feltro per il pianoforte: così ho perso le armoniche alte e stridenti e ho trovato la profondità della coda.

 

Hai utilizzato un pianoforte a coda Kawai per queste tue sperimentazioni: c'è un motivo per cui hai scelto un Kawai? E' quello con le caratteristiche più giuste per portare avanti la tua idea di piano preparato?

Lo ho comprato anni fa ed è mio personale. Lo ho scelto perché ognuno suona in maniera diversa, è difficile ritrovare uno standard.

 

Un'altra caratteristica è l'uso sapiente dell'elettronica: è stato difficile trovare il giusto equilibrio?

L'origine delle mie composizioni è mettere a posto le cose, non ci sono barriere, quello che ho in testa lo porto nei miei progetti. Il focus è il piano con una bolla sonora intorno.

 

Hai lanciato il progetto col brano As Freedom Called: in cosa è il punto di passaggio da Nord e Promenade a What I Felt?

Per ogni brano le emozioni sono diverse. Nord è nato in Islanda, Promenade a Parigi e What I Felt a Lecce nel mio studio. Quel brano è il ritratto della mia idea di libertà.

 

A proposito di As Freedom Called: approfondiamo la tua idea di libertà in questo mondo di guerre e di muri che dividono l'umanità?

E' istinto, quella composizione è stata one shot e per eseguirla nei concerti la ho dovuta rimparare. Nella frenesia del momento faccio schizzi e rifarlo sarebbe stato impossibile ma mantiene le caratteristiche della velocità delle origini. La musica può scuotere le coscienze e ricreare l'uomo. Mi sono chiesto perché ho scelto di fare questo lavoro e la risposta è un piccolo brivido lungo la schiena chi mi fa sentire che ho quella sensibilità che si è persa. Oggi la guerra è normalità, la coscienza si abitua al bello e al brutto ma è con la musica che ritrovi le sensazioni primordiali dell'uomo.

 

In moments of pride trasmetti una sensazione di orgoglio ritrovato: è il tuo modo per spingere l'umanità a costruire un futuro migliore?

Rappresenta il mio modo di essere fiero di quello che facevo in quel momento. Qui senza l'elettronica non ci sarebbe stata la giusta climax.

 

Chiudi con In The Flow of the River: è quella la tua percezione della musica? Ovvero un flusso costante accompagnato dal rumore bianco dell'acqua?

E' come se fossi sul letto del fiume e lo scorrere lento dell'acqua è la storia della nostra vita. Il brano è molto correlato al precedente In moments of Pride sia nell'approccio compositivo che negli elementi.

 

Hai scritto su Instagram che è un album fatto prima di emozioni e poi di suoni: sappiamo come nasce la musica ma invece come nascono le emozioni? Quale è la magia per trasmetterle?

Per farle uscire devo scavare nel loro vaso e ritrovarle. Io metto le mani sul pianoforte e cerco le note giuste ma con un approccio emotivo e spirituale altrettanto giusto. Nel turbino di una vita fatta di quotidianità non è facile aprire quella porticina che ti offre uno spiraglio di luce.

 

Il progetto del pianoforte che dipinge al momento è fermo?

E' una appendice di me, qualunque cosa io faccia si muove con me, mi trasmette musica materiale e poi trasformo in colori questo principio sinestetico. Ci sono tanti modi per vivere, le prospettive sono diverse per ognuno di noi.

 

So che al festival di Sanremo hai diretto l'Orchestra di Alessandra Amoroso: c'è qualche contatto per l'edizione del 2026?

Il telefono può squillare, ne sarei felice. Ovviamente dipende anche dal team.

 

Che accadrà nei primi mesi del 2026?

A gennaio farò uno stop perché devo raccogliere nuove idee anche per i concerti che ripartiranno in primavera e poi arriva l'estate, la mia stagione preferita: da maggio in avanti sbocciano le idee coltivate nell'inverno e io adoro suonare all'aperto e partecipare ai Festival pianistici open air.

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