Radiohead in concerto a Bologna, il loro Rock romanticamente ruvido sa sempre come sedurre

Musica
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

Due ore di concerto con inizio alle 20.30. La prima delle quattro date bolognesi ha mostrato una band capace di emozionare  fin dalle prime note. Ipnotico il palco centrale. Si replica, stesso posto stessa ora, il 15, il 17 e il 18 di novembre. LA RECENSIONE

Come un tramonto, lieve, dolce, come in un romanzo neorealista. Un suono lungo e acuto come un lamento o come una Sirena incantatrice accompagna il quarto d'ora accademico che, per una volta, vivaddio, gioca di anticipo. Poi note come per accordare un pianoforte. E' centrale il palco dei Radiohead, il pubblico e una corona ferra che li avvolge e li nobilita. E' la prima delle quattro serate bolognesi della band capitana da Thom Yorke. Il palco sembra, prima che i veli neri disvelino gli strumenti, la pietra nera della Mecca. Ogni note che scandisce l'attesa è un boato finché, come la pista di atterraggio di un aeroporto, le luci segnano i confini della magia che sta per accendersi. It's time. Eccoli, dopo anni di attesa, i Radiohead che si presentano con Planet Telex alle ore 20.30. Il velo di separazione si scioglie con 2+2 = 5 e dopo una esotica Sit Down Stand Up ecco che Thom Yorke inizia il suo show basculante sul finale prima colorare di blu il palco con Bloom, che colora l'Arena di un azzurro elettrico che sarebbe tanto piaciuto a Mel Brooks per il suo Frankenstein Junior. La voce del frontman saetta lamentosa verso mondi siderali. La batteria è uno strumento apocrifo di un rito talvolta tribale che si chiama Rock e che quando vuole sa ancora essere conturbante.

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AI RADIOHEAD BASTANO POCHE NOTE PER INNESCARE IL SOGNO

Lucky ha una forza immaginifica impressionate, c'è un senso di trasfigurazione, è come vedere un angolo di mare invaso dalle meduse, figure polimorfe sui schermi; sembra di essere in un mondo lisergico soprattutto in Ful Stop dove la batteria riprende la sua identità. Di canzone in canzone Thom si sposta da una parte all'altra del rotondo palco affinché tutti possano equamente goderselo. The Gloaming è scatenato ma il primo grande boato arriva su There There prima ancora che parta la voce: poche note bastano per innescare il sogno. Sull'incipt di No Surprise, brano di una delicatezza infinita con Thom al piano, tutta l'Arena è in piedi, a tributare alla band, e neanche siamo a metà live, un biglietto d'amore per l'eternità. Arpeggi porta luce e bellezza, è un sorriso nella notte impreziosito da un taglio finale netto, come una parola tronca in una poesia. Everything in its Right Place sembra un manga per i disegni che gli fanno da corolla. In 15 Step Thom Yorke ondeggia come un playboy e fino a questo momento il brano più danzereccio. Il palco è una matrioska dalla cui cavità esce sempre qualche sorpresa  e una delle più belle è l'inizio arpeggiato e sognante di Daydreaming accompagnata da quella che in alcune evoluzioni pare una stella marina uscita da un fumetto di Corto Maltese; sul finale diventa neve e o una via lattea Rock che crea un senso di calore nonostante i colori algidi. In  italiano Yorke si premura di chiedere al pubblico se l'acustica va bene: è ottima, almeno dal mio punto di ascolto. Bello vedere le immagini che indugiano sui particolari degli strumenti in action, si ha la sensazione di essere sul palco con la band. La violenza di Bodysnatcher è bella e potente, una iniezione di energia che fa vibrare ogni muscolo, un carpiato sonoro denso e completo. Sempre lui su Idioteque sembra Jack Nicholson in Qualcuno Volò sul nido del Cuculo, spiritato e disarticolato.

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IL GRAN FINALE E' CON JUST E KARMA POLICE

Cala nuovamente il sipario al fischio dei 90 minuti. Precisi i Radiohead, il tempo di una partita di calcio, senza recupero né richiami var. Ma la festa non è  finita, un'altra mezz'ora attende i fan e si riparte, dopo una pausa lunga un respiro, neanche il tempo di un sorso di birra, con Fake Plastic Trees, una ballad sincera e carezzevole, un abbraccio naturale nell'epoca dell'artificiale. Poco da dire sugli encore, anche Let Down è un pezzo di cuore. Paranoid Android è un coro e chi aveva dubbi sulla tenuta vocale di Thom Yorke deve ricredersi in toto, nessuna sbavatura, nessuno cedimento: letale come nei nostri pensieri. E' un finale in crescendo con You and Whose Army, Wolf at the Door e le immense Just e Karma Police. Si torna a casa col cuore che batte a mille nonostante l'agognata Creep sia rimasta anche questa volta solo nei nostri desideri.

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