Bouganville, l'album Non Esattamente a Fuoco: "Troviamo il punto debole della tristezza"

Musica
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

Credit Giacomo Gianfelici

Tredici brani fatti di contrasti e cambi repentini: groove urbani, immagini oniriche e distorte, una scrittura pop attraversata da un’ironia sghemba che si spinge fino alla disillusione. Un lavoro che oscilla tra tensione e abbandono, lucidità e sogno. L'INTERVISTA

Cosa significa avere trent’anni oggi? È la domanda che attraversa Non Esattamente a Fuoco, il nuovo album dei Bouganville,due romani e due partenopei capaci di coniugare nella propria musica radici anni ’60/’70, nuove visioni psych e alternative pop. Le risposte non sono mai nette: ci si muove tra feste in cui in un bagno si sniffa e nell’altro si cambiano pannolini, documenti indecifrabili che chiedono più di quanto pensavi di avere, risparmi che evaporano nell’alba di un festival, con il telefono scarico e gli amici dispersi. Un giorno sembra esserci equilibrio, quello dopo basta un parcheggio rubato per scatenare un’irritazione incontenibile. Tutto corre veloce, si sfuma, muta forma. Non cercare un fuoco nitido, ma restare dentro quella sfocatura: lì sta il cuore dell’album.

Partiamo da Non Esattamente a Fuoco, canzoni che raccontano di spaesamento ma senza rinunciare alla speranza. Come è nato e come ci avete lavorato?

Il lavoro è iniziato due anni fa senza avere una idea di quello che sarebbe stato, abbiamo solo cominciato a scrivere e dopo che ne avevamo un gruppetto di canzoni le abbiamo osservate e abbiamo notato il macro tema del perdersi. Concluso il percorso riflessivo dunque con l'identificazione di questo concept abbiamo aggiunto nuove canzoni.

 

Vi sentite parte di una generazione destinata a porsi domande che difficilmente avranno risposta?

Come tutte le generazioni. Porsi domande è inevitabile, trovare la risposta è difficile, a volte impossibile.

 

"Tutto corre veloce, si sfuma, muta forma"...lo diceva già Eraclito, il suo era tutto scorre come un fiume". La differenza è che oggi le mutazioni vanno in senso ostinato e contrario a come le vorremmo?

Non so che idea avesse lui sul cambiamento, non siamo la fine dei millennial, abbiamo vissuto grandi cambiamenti. Non si afferra mai, dipende però dal punto di osservazione. Non abbiamo però la sensazione che tutto non vada come vorremmo anche se ci sarebbe piaciuto vivere in un periodo più prosperoso. C'è un bel po' di disillusione, paura e tristezza ma bisogna starci dentro e trovare un lato che ci consenta di giocare con quello che abbiamo.

 

Giobbe è il simbolo della pazienza e voi lo mettete in relazione con chi compra un megafono per amplificare il suo essere pessimista. E' la vostra idea di nichilismo? Chi è il Giobbe 2.0?

La canzone nasce da un nostro amico che si chiama proprio così ed è molto paziente e con cura ha sempre ascoltato le valanghe di veleno che gli abbiamo versato addosso: talvolta offre qualche consiglio ma siamo troppo presi da noi stessi per captare qualcosa. Ma a fine canzone il nostro Giobbe si stufa.

 

Perdersi è una canzone melanconica: quei residui di tristezza come possiamo trasformarli in bei ricordi?

L'idea è raccontare lo smarrimento quando ti perdi a un Festival, l'idea di perdersi in un luogo dove tutto dovrebbe andare bene ci affascinava. Ci piaceva l'idea di uno che arriva col suo carico di problemi e alla fine poteva dire si che uscire lo stesso può appagare ma anche replicare che sarebbe stato meglio a casa.

 

"Incantati, orgogliosi, arrabbiati ma silenziosi": è un segnale di resa o un alert per dare la sveglia e spingere a una rivoluzione culturale?

Si può essere in disaccordo col testo ma è una sequela di frasi che abbiamo sentito dire da altri. C'è anche un sacco di gente che vuole ribellarsi e speriamo che siano rivoluzionari i temi di questa canzone.

 

Non comprerete una casa, non farete di figli: è il lascito brutto delle generazioni che vi hanno preceduto oppure è la disillusione di chi non è riuscito a costruirsi un mondo suo non dico perfetto ma quanto meno ideale?

Spesso ci paragona alle generazioni dei genitori e dei nonni ma non è difficile fare un raffronto perché cresciuti in epoche diverse. Noi non puntiamo il dito verso di loro però è un dato di fatto che comprare una casa oggi è diverso da quando lo ha fatto nostro nonno. Ti raccontano di quando e come la hanno acquistata mentre noi forse non la compreremo mai.

 

Silvia è forse la canzone più romantica dell'album ed è abbinata a un sogno: nella stagione dei social l'amore è sogno e idealizzazione? E' il tramonto della coppia che sa adattarsi? Anche in Luce Rossa dite "E' chiaro che non sono quello che proiettavi tu su di me".

La logica è quella di decostruire l'idea di amore. C'è quello dantesco idealizzato ma nell'effetto pratico un amore si sostiene non sulla idealizzazione ma un amore che deve essere in carne e ossa se no ameresti una idea. Bisogna adattarsi, l'amore è un lavoro per due.

 

Alla fine possiamo dire che i pensieri nella mente non sono più nuvole ma progetti concreti?

I pensieri sono pensieri e va sottolineato, tendiamo a volte a identificarci con loro e ci portano fuori strada. Solo esplicitare un pensiero diventa già tutt'altra storia.

 

Che accadrà nelle prossime settimane?

Stiamo facendo l'allestimento del tour, prima per promuovere il disco a Roma, Napoli, Torino e Milano e poi andremo in giro a suonare fino a febbraio

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