Red Valley, Shablo: "L'album Manifesto, musica che mi ha formato. Vorrei un tour teatrale"
Musica Foto di Tommaso Longari
Il suo "Manifesto", album che torna alle radici della musica che l’ha formato come artista e individuo. La volontà di creare un supergruppo, in un periodo in cui tutti vogliono fare i solisti. Il lavoro in studio, dove nascono brani che avranno successo e tantissimi altri che non vedranno mai la luce. E il desiderio di portare la sua musica in realtà più intime come i teatri: al Red Valley Festival abbiamo incontrato Shablo, Re Mida della musica italiana. La nostra intervista
"La mia idea è sempre stata di creare un progetto, o meglio proprio un Manifesto di quella che è la musica che mi ha formato. E con una varietà di musica: a volte, oggi, non si colgono i punti di connessione nelle melodie urban contemporanee e di quello che è stato il mondo che le hanno generate in passato. Nel mio Manifesto c’è il jazz, il soul, il gospel. Sai, in questo momento è bene differenziarsi: tra tante cose che suonano allo stesso modo, io cerco di dare qualcosa di diverso". La conversazione con Shablo inizia così, con una necessità: quella di raccontarmi dove è nato il progetto Manifesto, che mette ordine nel mare magnum della musica. Sì, ordine. Quello che, in questo periodo, è così difficile da fare. Siamo al Red Valley Festival, e Shablo è qui con il collettivo formato da Guè, Tormento, Joshua e Mimì (nel suo live ha portato capolavori della musica, tra cui spicca Doo Wop (That Thing) della magnifica Lauryn Hill...che meraviglia).
La voce di Mimì
Shablo riesce in questo intento complicatissimo, e lo fa unendo tanti generi musicali di qualità. Con lui numeri uno della musica, ognuno con le proprie sfumature: Guè, Tormento, Joshua e la giovanissima Mimì, che abbiamo conosciuto anche grazie a X Factor. “Che dire di Mimì? Un talento vero, se poi pensiamo che ha da poco compiuto diciotto anni…Ha una voce, una profondità vocale fuori dal comune. E soprattutto, cosa rara, una cultura musicale molto importante: credo che i suoi genitori le abbiano fatto ascoltare tanti artisti del passato, lei è preparatissima. Da produttore è sempre complicato trovare un compromesso, e rconoscere un cantante in grado di raccontare la storia che hai in mente non è affatto semplice. Con Mimì e tutto il collettivo di questo progetto è stato semplice” aggiunge Shablo.
La cultura R&B
Parliamo poi della cultura R&B, che lentamente sta arrivando anche in Italia e che il produttore, proprio con questo progetto, sta provando a diffondere: “Su questo in Italia siamo un po’ indietro, è vero. Ma la cultura R&B in tanti paesi fa numeri importanti da tempo oramai. L’Italia, però, ha una grande tradizione melodica: penso a Pino Daniele e Zucchero, solo per fare qualche esempio…e questo tipo di musica nel nostro paese funziona eccome. Ci vuole un po’ di tempo. È successo anche alla trap, che è arrivata in Italia dieci anni dopo gli Stati Uniti, ma poi ha creato un suo seguito. La mia volontà è educare l’ascoltatore, ma anche stimolarlo a sentire qualcosa di nuovo. E vedo che, piano piano, ci stiamo riuscendo” spiega il produttore.
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"Sogno un tour nei teatri"
Insieme chiacchieriamo anche del lavoro in studio, e del fatto che spesso molti brani che si creano non vedono neanche la luce. Parliamo di un’intervista al duo francese AIR, che ho incontrato a giugno: entrambi mi hanno detto che Sexy Boy è stata una scommessa ma il loro obiettivo non è mai stato di fare una hit. Shablo annuisce e aggiunge: “Gli AIR mi hanno formato e sono molto d’accordo con loro. È vero che il 90% delle cose che faccio in studio non verranno mai pubblicate, ma è solo all’interno di uno studio che si crea una magia che non si può spiegare…e che dà vita a qualcosa di irripetibile”. Parliamo poi del concerto al Teatro degli Arcimboldi, il 12 novembre. Chiedo a Shablo se questa è una scommessa, visto che è un po’ desueto portare questo genere musicale in un teatro (cosa bellissima e che, secondo me, sarà un’esperienza mistica, da vivere fino all’ultimo secondo). Shablo non esita nemmeno un istante: “Non vedo l’ora di fare questo esperimento. Sai, ho visto tanti concerti nei teatri e credo siano degli spazi incredibili, intimi, che si sposano perfettamente con la mia musica. Portare questo progetto a teatro è un sogno, certo, ma anche segna la mia volontà di fare qualcosa di diverso, di portare un piccolo cambiamento. E uno spazio come l’Arcimboldi è perfetto anche per educare all’ascolto. Chissà, magari un giorno farò un tour solo nei teatri…non vedo l’ora”.