Tyler, The Creator rompe il vetro e cambia le regole: è uscito Don’t Tap the Glass

Musica
Giuditta Avellina

Giuditta Avellina

Senza annunci né singoli, Tyler, the Creator ha pubblicato il suo nuovo album Don’t Tap the Glass lunedì 21 luglio 2025 alle prime luci dell’alba. Un lavoro essenziale e visivo, che rompe le regole dell’industria e conferma la sua vocazione artistica fuori dagli schemi.

Alle sei del mattino, quando la maggior parte del mondo ancora dormiva, Tyler, The Creator ha alzato il volume e abbassato il sipario su ogni convenzione. Nessun preavviso, nessuna promozione, nessun singolo: solo un messaggio lanciato dal palco del Barclays Center di Brooklyn, durante il suo tour mondiale. “Don’t tap the glass”, ha detto. E in quel momento, una figura isolata dentro una teca trasparente, illuminata da luci intermittenti, ha preso forma come simbolo, come gesto. Pochi minuti dopo, Don’t Tap the Glass, il nuovo album dell’artista americano, era già disponibile su tutte le piattaforme di streaming. 

Un lancio che spiazza

Tyler Okonma – vero nome dell’artista – ha sempre avuto un rapporto irregolare con le regole del music business. Anche stavolta, ha scelto la via più personale, meno strategica, più viscerale: quella del gesto artistico puro. Nessuna campagna marketing, nessun post teaser. Solo un sito web a tema comparso durante la notte, una misteriosa installazione in vetro (ripresa anche nel nuovo merchandising Golf Wang) e un disco consegnato all’alba, come se dovesse essere scoperto più che ascoltato. Non è solo una scelta fuori schema: è un modo di creare un’esperienza. Perché Don’t Tap the Glass non è solo un album, ma un’idea, un messaggio, forse una provocazione e una dichiarazione di libertà.

Dentro Don’t Tap the Glass: dieci tracce, un solo flusso

L’album si compone di 10 tracce e segna una svolta decisa rispetto all’estetica colorata, orchestrale e cinematica del precedente Chromakopia, uscito appena nove mesi fa. Qui il tono cambia: si fa più asciutto, più oscuro, quasi claustrofobico. Un ritorno al minimalismo elettronico e alle atmosfere interiori, come se Tyler volesse esplorare ciò che accade dentro il vetro, più che fuori.

Le canzoni scorrono come in un’unica sequenza, senza pause nette, in un flusso continuo che amplifica la sensazione di introspezione. Nessun featuring annunciato (almeno per ora), nessun singolo trainante. Ma alcuni titoli stanno già catalizzando l’attenzione online: “Flat Eyes”, “Plastic Rain”, “Surface Memory”. I riferimenti visivi sono forti, quasi sinestetici, la musica sembra costruita per essere immaginata prima ancora che danzata.

"Questo disco non è fatto per stare fermi"

In un'immagine sull'album Tyler lo ha descritto come un album da festa, con un ritmo da ballare. Ecco la nota completa:

"Ho chiesto a qualche amico perché non balla più in pubblico, e alcuni mi hanno risposto: per paura di essere ripresi. E ho pensato: cavolo, una forma di espressione naturale, quel legame profondo che hanno con la musica, è diventato un fantasma. Mi sono chiesto quanta parte del nostro spirito umano abbiamo sacrificato per la paura di diventare un meme, solo per il fatto di divertirci.

Sono appena tornato da un listening party per questo album, e — sul serio — è stata una delle notti più belle della mia vita. 300 persone. Niente telefoni. Niente telecamere. Solo casse e sudore. Tutti ballavano, si muovevano, si esprimevano, sudavano. È stato qualcosa di davvero bello.

Ho messo il disco dall’inizio alla fine due volte: è sembrato come se quell’energia repressa fosse finalmente esplosa, e tutti avevamo voglia di liberarne ancora. C’era un senso di libertà che riempiva la stanza. Una carica collettiva che forse non si trasmette da ogni speaker che suonerà quest’album, ma lì… lì dentro, l’abbiamo sentita tutta. Questo disco non è fatto per stare fermi. Ballare, guidare, correre — qualsiasi tipo di movimento è consigliato, per provare a cogliere lo spirito che lo attraversa. Ma solo a volume massimo".

Con questo disco, Tyler conferma la sua natura di artista totale: ogni uscita è un atto concettuale, un cortocircuito tra musica, estetica, installazione e pensiero. Don’t Tap the Glass non è solo un titolo, ma un invito a non interferire, a osservare senza disturbare, come davanti a un acquario o a un’opera fragile: guardare, non toccare. Ascoltare, e riconoscersi.

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