Alioscia dei Casino Royale, l'album Fumo: "Usciamo dalle case e viviamo i luoghi"
Musica
Il progetto è una vera e propria suite, un flusso di immagini sonore concepito per essere ascoltato in sequenza: trentatre minuti di racconto che si contrappongono alle imperanti dinamiche di fruizione della musica. L'INTERVISTA
Fumo è il nuovo progetto sonoro di Casino Royale per Asian Fake, coprodotto da Clap! Clap!, eclettico producer dal profilo e dalle attività internazionali. Potremmo definirlo una vera e propria suite, un flusso di immagini sonore raccolte in brani, pensati per essere ascoltati in sequenza. La volontà è quella di andare in direzione contraria all'ascolto rapido veloce e superficiale che predomina spesso la fruizione musicale oggi. Un racconto sonoro dove le parole descrivono gli scenari attuali, raccontando scontri, dualismi esasperati, ansie, pericoli e relazioni tra singoli e gruppi che portano ancora una volta infine al voler affidarsi al positivismo della volontà.
Fermarsi, osservare, riflettere e capire come agire e battersi per un cambiamento, uscendo dalla nebbia che rende questo universo dei singoli cieco e intossicato dal Fumo che ci circonda. Collaborano all'album, oltre ad Alioscia e Patrick Benifei, Marta Del Grandi, la giovane rapper Alda e nel finale c'è un cameo di Anina B, la figlia di Alioscia.
Fumo è un progetto che trasmette urgenza eppure invita a un ascolto lento e riflessivo: dove sta il punto di incontro?
Non ho una soluzione, io stesso sono nel bel mezzo della riflessione. Questo è un disco un po' di sconforto pre-apocalittico ma che non rinuncia a cercare la speranza. Se mi chiedi quale sia la strada della speranza e se sono ottimista non so risponderti, posso dirti che io cerco il contatto umano nello scambio. Noi ragioniamo come gruppo e comunità, io cerco il dialogo con generazioni diverse, in primis con i nostri figli ventenni, con loro c'è sempre stato poco scambio e poco dialogo, non siamo stati genitori impeccabili, distratti dalla nostra urgenza di rimanere un po' ragazzi.
Quando eri ventenne tu era tanto diverso?
È stato fondamentale incontrarsi, alla nostra generazione è servito moltissimo incontrare figure più grandi che ci hanno un po' guidato e formato. Con questo lavoro costruito negli uffici di Asian Fake, noi over 50 con i ragazzi Gen Z abbiamo trovato un confronto fighissimo che ci ha dato non solo speranza ma anche un senso a questo lavoro a prescindere dai numeri. Il mio bicchiere è già mezzo pieno. Possiamo allearci anche se abbiamo le stesse ansie per il domani. Era più netta la divergenza tra noi e i genitori, oggi invece c'è internet col suo mondo parallelo.
Il positivismo della volontà prevede la separazione delle carriere tra diritto e morale che oggi non è proprio scontata: è la fine di un'utopia?
Siamo alla fine di un'utopia, ci penso da tempo: nessuno di noi abita il mondo ma ognuno ha la sua idea di mondo. Serve l'approfondimento delle riflessioni filosofiche che ogni essere umano fa nell'arco della sua esistenza. Ci siamo tolti lo zaino delle ideologie e dei dogmi ma non per questo tutto è da buttare, serve una strada di nuove prospettive. Non possiamo stare a casa ad aspettare l'Apocalisse.
Se però guardi i telegiornali sembra il contrario. Sembra che viviamo nell'immobilismo.
Questo governo c'è perché nessuno va a votare, rappresenta la maggioranza della minoranza che vota. Bisogna ricominciare dallo stare in mezzo alla strada: comincia da te stesso poi fai la rivoluzione.
Hai una soluzione?
Non ho ricette ma rifiuto la coltre di fumo che ci viene diffusa intorno perché voglio vederci impauriti e nemici, gelosi gli uni degli altri, creano bisogni indotti che non rappresentano la qualità della vita. Siamo dei consumatori in una società governata dalla regola del profitto. Sono italiano quando vado a mangiare, non quando sento l'Inno di Mameli prima delle partite.
Trent'anni fa nasceva Sempre più Vicini, un album spartiacque degli anni Novanta: pensate di celebrarlo anche solo ripubblicandolo?
Universal lo ristampa magari con qualche contenuto speciale. La tradizione vorrebbe il tour con la reunion ma questo non accadrà. Penso a talk musicali dove si parla di quel periodo. Magari riprendendo i provini di allora.
In Anno Zero, sulla base del Pianeta Royale, cantavate "Sempre tutto contro, sempre testa a testa": già c'erano sfide e dualismi. Non solo nulla è cambiato, ma è peggiorato: siamo al collasso della civiltà occidentale?
È l'evoluzione dell'evoluzione: se siamo arrivati qua è perché in maniera caparbia e a volte autolesionista ho tenuto fede alla mia intuizione.
In quell'album c'era anche Pronti al Peggio dove parlavate di "un mondo che s'è chiuso in casa": in effetti oggi la tecnologia ci rende spesso bastevoli ai noi stessi. Cosa significa essere umani in questa aridità sociale?
Non sono contento ma ho lanciato delle premonizioni e ora raccogliamo: sai in quegli anni c'era sempre qualcuno più profondo... mai ci hanno considerati e c'era un po' di frustrazione. Nessuno mi cagava, oggi tutti a dire che ho avuto la vista lunga. L'urgenza di riflettere su questi temi c'è perché o ci si salva assieme o non si salva nessuno.
Immagino che anche qui non abbia una soluzione.
Infatti. Per ansie e urgenze a questi bisogni non ho una ricetta se non quella del fare: aprire un'edicola, incontrare gente, ascoltare le riflessioni delle persone, avere relazioni di amore e fastidio coi miei giovani dipendenti, osservare l'umanità. Vivo di queste relazioni. Faccio cose, non le teorizzo.
Se penso a Fumo, a Sempre più Vicini ma anche al più recente Quarantine Scenario, siete unici nel costruire opere collettive. Anche la musica, e in generale l'arte, risentono di una società che spinge verso un individualismo performante?
Sottoscrivo. La percezione è questa, fare cose in maniera diversa, rendere una riflessione condivisa e partecipata. Milano è il tempio del performare, guadagnare, essere più, essere nei posti giusti... è "devi devi devi" eppure oggi tutti vogliono scappare; poi ci sono i social che premiano l'investitore con i contatti e pompano l'ego delle persone, è un mondo virtuale con un disperato bisogno di osservazione. Usciamo dalle case e viviamo i luoghi.
Come state ragionando sui vostri concerti?
Non avrei voluto fare la prima data a Milano, al MiAmi, ho un po' di ansia. Sarà un live ibrido con tutta la parte nuova e qualcosa di vecchio. Col nostro repertorio potremmo fare concerti di quattro ore ma credo che ne bastino meno della metà. Sai chi bene inizia ha cominciato bene ma non è a metà dell'opera!
