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Ivan Granatino, l'album Famiglia: "Canto una saga in forma canzone"

Musica

Fabrizio Basso

Il disco è un caleidoscopio in cui ogni pezzo è una sfaccettatura del concetto di famiglia. In Marì l'artista di Caserta duetta con suo padre. In autunno, dopo il concerto-evento per i suoi 40 anni, si fermerà per un po' perché sua figlia si è detta disposta a rinunciare ai giocattoli per condividere più tempo con lui. L'INTERVISTA

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Il poliedrico artista napoletano Ivan Granatino ha pubblicato l'album Famiglia, distribuito da Believe. E' un progetto contemporaneo, intriso di sonorità eterogenee, a cavallo tra musica melodica e hip hop, un crossover di generi che identifica la cifra stilistica del cantautore. La famiglia è una sola, non si sceglie, è un groviglio di rapporti, ingranaggi ed equilibri difficili da mantenere. Il progetto di Ivan Granatino si presenta come un caleidoscopio, in cui ogni pezzo è una sfaccettatura che sprigiona colori, scintille e riflessi cangianti. Il fil rouge che lega le dodici tracce è il legame viscerale tra l’artista e ogni membro del suo nucleo familiare in primis, ma anche i suoi amici, i fan e la musica, tutti elementi che costituiscono linfa vitale per se stesso e per le sue canzoni.

Ivan partiamo dalla storia di Famiglia: perché hai scelto di raccontare un mondo così intimo? In letteratura si chiamano saghe: il tuo album come lo definiresti?
La definizione che hai dato è giusta, la mia è una saga in forma musicale. E’ il mio sesto album ed è arrivato alla soglia dei 40 anni quindi con la voglia di raccontare vita, sentimenti e valori. Anche la parte musicale segue il racconto con strumentali più aggressivi o morbidi per arrivare al cuore delle persone.

Famiglia è un brano a tratti disturbante perché parli di una cosa importante, di una finestra di sangue e cemento ma alla fine qualcuno è rimasto solo. Dove è la stonatura?
Alla fine è rimasto solo chi non ha costruito la finestra. Quando lavori di sacrificio a mattone dopo mattone ci metti il sangue dentro. La prima traccia sottolinea che da quando ho iniziato a fare musica ho creato una squadra e anche questo è famiglia. In passato ho avuto molti team che mi hanno girato le spalle quando hanno raggiunto l’obiettivo. La famiglia è anche tradimento, questo è uno sfogo per le mie delusioni.

Come si vince la paura di Nu Destino Sbagliato?
Puoi vincere se l’altra persona ti lascia vincere, se l’altra persona non prova lo stesso sentimento. Parlo di due persone che si amano ma le strade non si trovano e chi soffre di più è colui che preferisce gli alti ai bassi. Il messaggio è: perché capita proprio a me se io amo? E non c’è il sentimento ricambiato.

In Bella comme a te c’è l’inciso di Marco D’Amore che nel primo verso dice di non essere un eroe: chi è oggi un eroe? E ne abbiamo ancora bisogno?
Viviamo in una società dove tutti si sentono un po’ eroi mettendo davanti a tutto il materialismo. La canzone è una dedica a mia moglie per una operazione che ha avuto in un momento difficile della nostra vita. E’ dedicata a lei ma anche a tutte le donne. Inseguiamo soldi e materialismo ma la vera ricchezza della vita si chiama famiglia. L’eroe è chi sacrifica la sua vita per gli altri. Io non riuscivo a farla arrivare come volevo e ho chiamato Marco perché ha una voce che arriva al cuore.

“Dicevo a Dio” è l’incipit di Guardeme: sei credente?
Sono molto credente ma non praticante. Credere nel Signore è una speranza di vita perché quando finirà il viaggio sulla terra ce ne sarà un’altra. Credo nel Signore ma meno nell’essere umano. Credere è vivere, fare del bene e non cattiverie. La canzone racconta la mia vita, sono partito da famiglia umile e povera, i miei hanno fatto sacrifici per mettermi su una buona strada. Non sono ricco ma vivere con la musica oggi è da miracolati.

“M’aggio ‘mparato a memoria tutt’’e ccanzone ca me toccano ‘o core”: ricordi quale è la prima? Ed è difficile scrivere canzoni d’amore nella stagione dei social?
E’ difficile scrivere canzoni d’amore perché la nuova generazioni si rivede in citazioni poco argute. Quando sono molto innamorato conosco tutte le canzoni che dedico all’amata. La prima è stata di Nino D’Angelo, lui è l’emblema delle canzoni d’amore.

Addo Chiove sottolinea uno dei temi di questo album che è l’età: qui dici che bambini si è sempre in un altro testo che sei uomo ma ti senti una creatura. Hai paura di diventare grande? In questo 2024 tagli anche un traguardo importante, quello dei 40 anni.
C’è un po’ di Peter Pan in me ma è il momento della maturazione. A volte ho fatto pezzi occhieggianti al mainstream mentre oggi sono qui a fare il conto con la vita, con quello che ho costruito. Oggi quasi negli “anta” e con due figli ci sono delle responsabilità: fare il papà non è facile per insegnare i valori giusti. Non bisogna dimenticate mai che ci sono bambini che subiscono la guerra per business nel 2024: in quei luoghi i bambini che pregano nessuno li ascolta. Il vero valore della vita sono la famiglia e l’amore verso il prossimo.

Part e Me è la canzone musicalmente più anarchica dell’album: cosa ti ha portato a questa scelta? Forse perché il solo brano dove della donna racconti anche la sua parte più carnale?
Tornando all’adolescenza ci si avvicina ad altre canzoni, questa è una canzone alla Nino d’Angelo. Per le sonorità è internazionale senza tradire le radici della cultura napoletana, che viene sempre messa in discussione ed è toccata dal pregiudizio.

Che accadrà nelle prossime settimane?
Già sono in tour e poi ho un evento all’Arena Flegrea per celebrare i miei 40 anni e quindi mi fermo. L’altro giorno mia figlia ha detto che rinuncerebbe ai giocattoli per stare più tempo con me: è stato un colpo forte. Penso alla famiglia. Ci sarà mio papà: insieme abbiamo fatto il brano Marì che è stato scritto e pensato come accadeva negli anni Settanta, pensando a lui, a Mario Merola e Pino Mauro per fare nomi: è un linguaggio antico napoletano, oggi i ragazzi parlano in modo diverso: qui c’è la Napoli di come si parlava una volta su un tappeto strumentale di suoni contemporanei.

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