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Sanremo 2024, Irama: “Tu No è un brano senza orpelli, sputo in faccia la verità"

Musica

Fabrizio Basso

Al fianco di Shablo, l'artista di Carrara racconta un po' di quello che accadrà all'Ariston e anticipa alcuni elementi dell'album in arrivo. Mella serata dei duetti farà Quando Finisce un Amore con Riccardo Cocciante. L'INTERVISTA

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Una ennesima nuova direzione per Irama, una nuova evoluzione che emergerà soprattutto, nelle sue tante sfaccettature, nel disco che verrà. Tu No segna l’inizio di questo nuovo progetto. E’ già in fase di lavorazione il live perché in questo periodo storico è importante; prima del tour ci sarà un evento speciale. Irama è in gara al 74° Festival di Sanremo (GUARDA LO SPECIALE) con Tu no (Warner Music Italy), un brano denso e viscerale, di grande impatto, che il cantautore interpreta scavando nel profondo, in un climax emotivo dove pianoforte, Orchestra e voce diventano un tutt’uno. Il brano esalta al massimo le sue doti canore e interpretative e ne sottolinea il nuovo percorso artistico. In Tu no Irama racconta il senso di mancanza e quello della distanza nel significato più ampio del termine, non solo in senso romantico. Una dedica a uno stato d’animo complesso, dalle mille implicazioni e sfaccettature, che ognuno può declinare sulla propria esperienza di vita personale. Nella serata dei duetti condividerà il palco dell'Ariston con Riccardo Cocciante e faranno Quando Finisce un Amore.

Filippo partiamo dal duetto che farai con Riccardo Cocciante con Quando finisce un Amore.
E’ un onore cantare con lui, non era scontato che accettasse. Sono felice ma è anche difficile stare a fianco a un gigante della musica italiana come lui. Sarà un momento che mi resterà per sempre, faremo una canzone che è una altalena di emozioni. Mi ha sempre ispirato, sarà bello gridare in maniera emotiva qualcosa insieme. E’ la canzone giusta e per quello che avevo da raccontare era giusto chiedere a lui di esserci.

Invece Tu No è la prima scelta? E come si inserisce nel progetto dell’album in arrivo?

Quando ho la possibilità di partecipare al Festival presento sempre una canzone. E’ stata la prima fatta e rappresenta un inizio e pure una parte delle sonorità del disco. Ogni disco rappresenta un nuovo inizio, li vedo come un pezzo di anima: sono giovane e li prendo come una sfida, significa conoscere nuovi musicisti e alzare una asticella emotiva e professionale.

A chi ti rivolgi?
Tu no non ha tanti orpelli, è uno sputare in faccia la verità. Tratta il tema della distanza e spero che a livello emotivo si percepisca. Arrivo con un’alta ballad dopo Ovunque Sarai del 2022 ma questa ha un flusso diverso. Nel disco cerco di mantenere una organicità di suono, dedico spazio alle parole, lavoro molto con i musicisti e questo brano rappresenta un inizio del nuovo percorso.

La voce spinge molto, quasi gridasse: sarà così con l’Orchestra o la voce cambierà?
Cambierà leggermente anche se voglio mantenerla il più naturale possibile. In futuro, soprattutto nei live, la riarrangerò.

Se dovessi fare un riassunto dei tuoi Sanremo?
Ci sono stati anni più up, altri più tranquilli, stavolta mantengo il focus sulla canzone. Racconto meno quello che c’è intorno, sono più intimo ma è difficile fare previsioni, il Festival è un imprevisto. Spero accada qualcosa di divertente. Ho imparato che può accadere di tutto, bisogna seguire quel gigantesco percorso e dedicarsi alla canzone.

Il progetto con Rkomi?
Fatto dei bellissimi palazzetti, nasciamo come solisti e ci siamo trovati. Tutto è natoa Los Angeles, è stato un progetto speciale, mi sono divertito. Al momento è congelato.

Che dici degli altri artisti in gara all’Ariston?

Alcuni sono amici, altri non li conosco, sono curioso di sentire cosa canteranno.

Cosa c’è di personale nel brano?
Ci sono mille modi di fare musica, penso al fatto di cronaca de La Canzone di Marinella come al racconto di qualcosa che si è visto. Io cerco di raccontare in maniera trasparente e qui racconto di me a livello personale e voglio trasmettere la mancanza, la distanza che avevo in quel momento. Le canzoni non vanno troppo raccontate, mai mi è piaciuto il concetto di serenata: la persona deve vedercisi nel testo. Lo faccio anche io con le canzoni degli altri: la magia della musica è che una canzone parli di te anche se è di un altro, magari con dettagli cui noi non facciamo caso eppure ci identifichiamo.

Ti sei liberato dal concetto di hit?
Quando ne fai una sei etichettato per quella e non sempre in Italia è visto positivamente ma quando anche le canzoni più profonde lo sono diventate è cambiato l’approccio. Noi cambiamo ed io racconto la musica per quello che è, autentica e pura, senza orpelli. Il concetto di hit è molto italiano: una canzone lo è perché viene ascoltata tantissimo, vorrei farne altre lavorando sodo. La cosa più difficile è arrivare a tutti.

Racconti qualcosa in più del cambiamento che stai portando avanti?
la produzione è organica, seguo tutto, nel disco ci sarà una importante componente orchestrale. Sto studiando il gospel, il suono è parte di me, anche nei tour lo ho sempre valorizzato. Per il disco c’è stata una ricerca del suono e delle persone. Aggiungo che il disco non è nato in America, ma nasce in vari punti del mio muoversi.

Un luogo del cuore?
La Puglia è da sempre l’ombelico del mondo, lì mi sembra di allontanarmi da un mondo più artefatto. Credo nelle energie, le sento quando faccio musica: sento la differenza tra una panchina di Milano e un prato in Puglia. L’uomo ha perso il rapporto con la Natura. Mio nonno sentiva che stava per piovere dall’umidità e dai dolori alle ossa oggi guardiamo le app del meteo ed è quasi da sfigati.

Cosa diresti all’Irama del primo Festival, quello del 2016?
Ho un ricordo limpido, ci rimasi male perché ero un ragazzino forse il più piccolo e persi la sfida con Ermal Meta. Ricordo che dopo salii su quel balcone convinto di tornare presto qui tra i Big a raccontare la mia musica. Mi tremavano le gambe, un artista mi diete una pacca sulla schiena dicendomi che ci sono solo 20 milioni di persone che mi ascoltano: mi è rimasto impresso. E’ stata una gavetta atipica che mi è servita per capire un po’ come va il mondo.

Sei giovane ma hai esperienza: ti senti un mentore?
No. Ti dico che non ho un ragazzo giovane cui insegnare, ma quando sono stato ospite da Maria De Filippi a fare il giudice cercavo di consigliare più che di giudicare. Cerco di dare consigli per orientare il percorso di chi cresce. E’ importante studiare!

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