Alea: "Viaggiate sempre come faccio io nell'album Cummei e siate folli"

Musica
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

Credit Antonio Cofano

Il sottotitolo è MediterraNeoSoul, un gioco di parole che vuole celebrare l'unione tra la cultura del Sud Italia, come di tutti i Sud del mondo, e la musica soul e di altre influenze musicali. L'INTERVISTA

Cummei è il terzo album di Alea, all'anagrafe Alessandra Zuccaro, e non è solo una dichiarazione di amore appassionata nei confronti della musica soul, jazz, afro e hip-hop, ma ambisce a dimostrare quanto la compenetrazione di generi, la sperimentazione sonora e la contaminazione linguistica e culturale non conoscano limiti. Delle otto tracce che compongono il disco, la maggior parte sono scritte in italiano oppure in dialetto brindisino. Non è un caso, dunque, che il sottotitolo sia MediterraNeoSoul, un gioco di parole che vuole celebrare l'unione tra la cultura del Sud Italia, come di tutti i Sud del mondo, e la musica soul e di altre influenze musicali.

Alessandra partiamo dalla storia di Cummei, da questo viaggio interiore che canzone dopo canzone ha trovato un percorso armonico, sia musicalmente che a livello di messaggio.
L’album nasce durante la pandemia con la vecchia formazione. Poi si è bloccato e io ho scritto nuovi pezzi. Con Giuseppe Pignatelli e Aris Volpe abbiamo finito di lavorarci e poi ho collaborato con Marco Falcon e Pasquale Strizzi. E’ un disco che è maturato nel tempo, ho superato il down della chiusura col vecchio gruppo, poi grazie a Nuova Imaie siamo ripartiti e il disco si è scritto da solo come il racconto di una emigrazione. Fare musica è il mio modo di fare attivismo sociale, di stare al mondo. Nel piccolo è il mio spostamento dal Sud al Nord e di crescita personale, ma vorrei si pensasse anche a migrazioni più difficoltose in questo Mediterraneo.

Sublimazione è il punto di partenza: ti chiedo nelle notti buie in cui ti senti persa e devi attendere l’alba, quale è il senso energetico della cometa di Halley che passerà la prossima volta nel 2061?
La prima parte è speranza e carica, dico che torneremo ancora più forti di prima come la Cometa di Halley, ma nell’ultima parte viene fuori la me negativa: carica quanto voglio ma il realismo mi mostra l’altro punto di vista, quello delle notti buie. E’ un ciclo infinito.

In These Waves parli di Renovation, parola che nella accezione con la quali la intendi sembra distantissima dalla realtà: oggi si cerca la confort zone e non lo “scavare oltre il limite della mente”. Sei tu l’aliena?
A volte sì ma non voglio peccare di presunzione. E’ il capitolo che spinge a seguire l’onda e il rinnovamento, le onde che portano verso la riva, si infrangono e poi tornano invitandoci ad andare avanti. So che nel mondo contemporaneo affrontiamo momenti difficili e demotivanti.

Parlarsi allo specchio è un viaggio a se stante. Penso a Ingmar Bergman che lo ha usato sia ne Il Posto delle Fragole che in Sussurri e Grida o a Profondo Rosso di Dario Argento. C’è sempre comunque la tragicità del reale: in I can see your soul quanto è confronto con se stessi e quando affrontare il doppio?
Direi a metà. Quando la riascolto come una cretina mi viene da piangere. Mi sono totalmente spogliata in quel branoi. Forse però è un po’ di più la prima, è come essermi psicanalizzata da sola. Ho detto all’altra me stessa che nelle difficoltà non sei sola. Il doppio gioca brutti scherzi perché l’altra te stessa ti frega.

Whatever It Takes citi l’albatros che, come già scrisse Baudelaire, è un solitario del mare: invece la tua è una invocazione di aiuto, una preghiera. Perché questo contrasto? Perché il desiderio di amore in un viaggio senza ritorno?
Non c’è la certezza che sarà un viaggio senza ritorno. E’ il brano della spinta del viaggio ma guardi comunque alle radici: ho bisogno di amore per andare avanti, è la vocina di solitudine che ti parla e io dico che ci provo ad andare ma voi sostenetemi.

Quando è l’ultima volta che hai teso le mani verso qualcosa che ti sfugge?
Ogni giorno!

In cosa di senti mediterranea? E’ culla di civiltà ma resta un mare chiuso come l’immagine della tigre nata in uno zoo che vuole evadere. Sei tu?
Me lo disse una volta uno sciamano guardando i colori della mia aura. E’ la tigre che deve esprimersi ma si sente limitata un po’ dalla propria terra ma soprattutto da se stessa. Col viaggio dimostri cosa puoi realizzare. Mi sento mediterranea al cento per cento e in questo viaggio c’è tutto.

“Spends your hours in freedom e fantasy”: è il tuo lato utopistico a parlare? Oppure sei fuggita dai lupi?
Sono fuggita. Il brano è diviso in due. La prima parte accoglie la frenesia della nuova vita, dell’alienazione frutto della pandemia: eravamo chiusi in casa ma tutti pretendevano da te il massimo. La vita chiede di essere sempre al top e dobbiamo dimostrare di avere un quid in più per restare a galla, ma questo porta alla depressione per l’alta richiesta del livello lavorativo. Consiglio di essere folli.

Nel tuo lavoro autoriale hai paura di fare male con le parole? E come si può dire “ora sai chi sono io” se l’album in più parti confuta la conoscenza di se stessi?
A volte non sappiamo chi siamo. Non sono brava a scrivere canzoni d’amore. Ma qui parlo di un amore in crisi, che può essere anche di amicizia: non può andare bene se non stiamo bene con noi stessi.

Oltreché il proprio nome, quando è importante ricordarsi “da d’o agghie accumenzate”? E in Do You Remeber My Name il viaggio finisce in porto e ritrovi te stessa e gli affetti oppure il Mediterraneo non ti libera?
Il senso di mediterraneo non è ciò che più mi chiude. Qui è un capire, alla fine del viaggio, che sei libero da catene auto-imposte e il Mediterraneo diventa una risorsa, il quid in più. C’è anche il ritorno alla musica dopo l’album del 2018. Sono felice per la collaborazione di Mama Marjas, sono contenta che ha accettato perché pure lei si era allontanata un po’ dalle scene. Senza conoscerci ci siamo sentite molto vicine.

Albatros, Tigre, Lupi…sembrano, le tue canzoni, un mondo mitologico 2.0. La Natura per te è madre o matrigna?
Madre assolutamente anche se a volte è un po’ severa e trasmette insegnamenti che una volta compresi gestisci nel tuo mondo fantastico in modo più leggero.

Che accadrà nelle prossime settimane?
Stiamo facendo le prove dello spettacolo, vogliamo che sia ricco e movimentato, voglio portare il pubblico dal mio lato. Non solo cummei ma vieni con me nel mio mondo parallelo grazie anche alle sonorità. Spero in primavera e poi l’estate.

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