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Giulia Ottonello: “Fantasticare è utile in certi momenti della vita”

Musica

Fabrizio Basso

Credit Mirko Tremani

L'artista genovese, vincitrice della seconda edizione di Amici, si prepara a celebrare i suo vent'anni di carriera "fiera come un samurai". L'INTERVISTA

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Giulia Ottonello è una artista completa. Questo è il punto di partenza inconfutabile. Vincitrice della seconda edizione (2002/2003) di Amici, può vantare anche la partecipazione a molti spettacoli teatrali e musical, da Cantando sotto la Pioggia a Cats, da Frankestein Junior a Cabaret. In questo 2023 debutta nel teatro di prosa ne Il mistero dell’assassino misterioso di e con Lillo&Greg. Ospite di ChiavarInCosplay, rassegna che ha animato per un lungo weekend la cittadina del Levante ligure. L'attesa ora è per il #Live20, la grande festa che Giulia sta organizzando per i suoi vent’anni di percorso artico tra musica, teatro musical, doppiaggio cantato cinematografico e faccende (artistiche) varie. Un percorso molto eclettico che, all'interno di una scaletta eterogenea prevede le sue canzoni storiche, degli inediti e i brani che per lei sono stati importanti o la hanno fortemente ispirata.

Giulia partiamo da Chiavari: cosa ti piace di questo colorato universo dei comics e dei cosplay?
L’inclusione mi piace, è un luogo aperto a chiunque senza discriminazioni né pregiudizio, è realmente inclusivo. Poi c’è un ottimismo colorato, riesci a vedere le cose tornando bambino. Fantasticare è utile in certi momenti della vita.
Sono vent’anni dalla tua vittoria ad Amici: quando pensi a quella Giulia adolescente, provi tenerezza oppure è un Giulia cui vuoi bene ma è solo un ricordo?
Provo tenerezza e penso che se quella Giulia che era argento vivo avesse l’esperienza della Giulia di oggi avrebbe un'esperienza fotonica. Le batoste mi hanno resa più ponderata nelle decisioni, un po’ meno istintiva soprattutto sul lavoro. Nonostante siano passati oltre vent’anni, la musica resta un fuoco che tengo sempre accesso.
In Spezzami il cuore dici “conclusione di un cliché che ho voluto io e che poi ha ucciso me”: credi sia questo uno dei grandi problemi dell’amore ovvero idealizzare anziché accettare?
Sì. Probabilmente ci vuole più psicoterapia per tutti per non cercarsi sempre situazioni potenzialmente dannose.
La “direzione errata che mi dai” è molto diversa da quella “ostinata e contraria” di Fabrizio De André?
Sono diverse, lui aveva a che fare con un qualcosa di resistenza rimanendo fedele a se stesso. Io proseguo ma a volte occorre essere attenti a non continuare e smettere. Meglio non andare in certe direzioni, quella della canzone l'ho voluta io e ha ucciso me.
Ti senti sempre regina e padrona della tua vita, anche se non più coperta di schiuma?
Ci sto lavorando per essere così, per essere protagonista della mia vita. Lavoro sulla consapevolezza.
Undici anni fa proprio con Playboy parlavi di donne rifatte che inseguono un sogno per un giorno: la tua ironia oggi è diventata quotidianità, ti mette tristezza?
Sì e soprattutto non parla di una immagine che è il solo modo per essere accettati. Parla di avere a che fare con un uomo potente, di realizzarsi scendendo a compromessi attraverso chi ha una posizione di rilievo. Più ce ne sono e più diventa difficile per le donne che vogliono farcela con le loro forze. Le mie sono riflessioni non solo estetiche ma anche di comportamento della società.
Trovati gli ingredienti per un cuore infranto? I social sono il vudù contemporaneo?
I social sono un luogo difficile da gestire ma se usati con la giusta maestria possono fare del bene ed è una giusta evoluzione. Se usati male sono come un vudù moderno.
Disco Rotto parla di violenza psicologica: quanto è stato emotivamente forte girare il video? Hai scelto come ambientazione un teatro deserto per dare profondità alla solitudine?
È stato un lavoro difficile anche perché arriva da una esperienza che ho vissuto, traumatica. Prima di arrivare a pubblicarlo registrando pure il video ho avuto bisogno di tempo facendo un percorso. Quando ho digerito certe cose, l'ho ripreso in mano e pubblicato. Dovevo decongestionare. Il video è stato curato da mia cugina Charlotte DK. Questo lavoro svolto insieme ci ha fatto ritrovare, unendo le reciproche sensibilità ed esperienze.
Genova come metafora dell’amore triste: c’è un confine tra i compromessi e l’illusione?
Certo ed è molto sottile soprattutto quando dall’altra parte non c’è la stessa voglia di trovare un compromesso. Diventano limiti concreti. L’altra persona se non è coinvolta come te o non vede le stesse priorità è difficile trovare un punto di incontro, ci si muove su piani troppo diversi.
Nel 2004 debutti nel musical con Cantando sotto la Pioggia: cosa ti resta di quel periodo e hai intuito subito che poteva diventare un altro viaggio?
Fin dai primi tempi era un mondo dove riuscivo a muovermi con dei risultati anche abbastanza buoni e ciò mi rendeva felice. È un lavoro difficile il teatro musicale, è totalizzante come tempi, le ore di lavoro non si contano. Per questo è una grande formazione e ne parlo come esperienza di vita. Il teatro è un grande scuola anche per insegnare a gestirti nella società, è un piccola comunità che devo convivere e dove ognuno ha un suo ruolo: i team creativo, tecnico e artistico devono muoversi in sinergia.
Alla fine possiamo dire che sei “fiera come un samurai”?
Ci sto provando. Mi fa ridere la frase però è bella.
A fine 2019 hai deciso di tornare alla musica. Poi è arrivato il Covid. Quel tempo sospeso è stato importante per dire che “risplendi di luce piena come la luna” oppure ha rallentato e modificato il tuo progetto?
In quegli anni vivevo l’esperienza del disco rotto e dunque è stato tutto amplificato arrivando io da un momento difficile. Nel 2019/20 c’è stato il mio percorso di guarigione. Ho ritrovato la connessione, non devi perdere la luce interiore: se ti sconnetti da quel risplendere finisci male.
Parlami del tour dei tuoi vent’anni dalla vittoria di Amici: come lo hai pensato? Che altri progetti hai in programma nei prossimi mesi? Riprenderai lo spettacolo di Lillo e Greg?
Non so se si ripete perché loro saranno impegnati in altre cose ma ti dico che è stato bellissimo lavorare con loro, sono pazzeschi. Una scuola vederli lavorare. Il mio tour è in working progress e spero possa diventare un album; vorrei qualcuno che sostenesse il mio progetto: so che è ambizioso ma ce la metterò tutta per realizzarlo.

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