La Prima Estate, la band newyorkese Nation of Language live il 18 giugno. INTERVISTA

Musica
Valentina Clemente

Valentina Clemente

Saranno tra i protagonisti del primo fine settimana del festival e loro, come del resto i loro fan italiani, non aspettano altro: arrivano in Italia Ian Richard, Aidan e Alex, ovvero i Nation of Language, gruppo indie pop newyorkese nato nel 2016. Abbiamo incontrato Ian Richard Devaney, voce, chitarra e percussioni del gruppo: con lui abbiamo parlato di New York, della loro passione per gli anni Ottanta e del legame che hanno instaurato con i loro fan 

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“Sarà il nostro unico concerto in Italia quest’estate: avremmo voluto farne di più ma sarà un motivo in più per venire a vederci a La Prima Estate”. La conversazione con Ian, voce della band americana Nation of Language, inizia con un sorriso, nonostante un po’ di stanchezza accumulata negli scorsi giorni, vista la loro partecipazione al Primavera Sound. Ma non c’è tempo: bisogna ricaricarsi, perché il loro tour sta proseguendo in tutta Europa con tappa, domenica 18 giugno, al Lido di Camaiore.

 

Cosa porterete dal vivo, nel vostro concerto al Parco BussolaDomani?

Sarà un mix del primo e del secondo album, ci saranno alcune canzoni che abbiamo pubblicato e che fanno parte del terzo album, anche se a volte inseriamo nella scaletta delle canzoni che non sono ancora state pubblicate (sempre se abbiamo tempo!) È bello perché ora abbiamo due album e mezzo da cui scegliere: la nostra scaletta cambia ogni sera ed è bellissimo, è più stimolante per noi e per chi ci viene a sentire.

Back to the 80s

Non sarò la prima, e forse neanche l’ultima persona a dirvi che, con la vostra musica, mi riportate alle atmosfere musicali degli anni Ottanta e Novanta. La bellezza del vostro progetto musicale, però, è che non copiate, ma rendete più personali le canzoni. Quante persone ve l’hanno detto?

Probabilmente una decina negli ultimi venti minuti (ride). Lo dicono in tanti, è vero, ma allo stesso tempo si rendono conto che la nostra musica non è una brutta copia dell’originale, bensì una reinterpretazione, soprattutto perché usiamo anche i sintetizzatori, che venivano utilizzati in passato. È quasi normale che si sentano le stesse atmosfere e vibrazioni, diciamo che riportiamo in auge la nostalgia degli anni passati, ma credo dipenda anche dagli strumenti che suoniamo, appunto.

 

Credo non ci sia nulla di male nell’ispirarsi al passato, soprattutto se prendi il meglio…

Assolutamente!

L'influenza (e l'importanza) di New York

Vi siete formati a New York, una città ricca di culture diverse, così intensa e così bella. Credete che questo melting pot vi abbia influenzato in qualche modo, e abbia fatto questo effetto anche alla vostra musica?

Sono nato e cresciuto in una cittadina fuori New York, e per me è stato quasi naturale spostarmi lì. Credo ci sia un’energia fortissima, c’è una velocità e un’intensità nelle cose che ci dà stimoli creativi. So di essere molto fortunato perché c’è tantissima creatività in questa città, e si ricevono stimoli continui proprio perché tante persone fanno quello che fai tu… e riesci a credere che ce la puoi fare anche tu. Ci sono tanti locali dove puoi suonare, soprattutto se sei all’inizio del tuo percorso artistico. Credo che New York ci influenzi proprio in questo, anche se per dedicarmi alla scrittura non vado nella confusione della città… diciamo che preferisco restare a casa!

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La musica come cura

La vostra musica ci ha accompagnato nel periodo della pandemia, ha dato forza a tanti vostri fan. Ci insegnate che la musica può essere una cura, e sicuramente anche la vostra lo è stata. A cosa pensate quando vi dicono che siete stati d’aiuto in momenti difficili, ma anche in quelli belli?

È un vero onore, ma è difficile credere che io possa avere lo stesso ruolo che alcune band famose hanno avuto nella mia vita. Mi dico sempre: “Ma io sono solo un ragazzo…come posso essere così importante?” Poi, però, mi rendo conto che effettivamente la nostra musica fa qualcosa di bello agli altri…Questo ci aiuta e ci dà la forza per continuare a creare e fare musica, ma anche di rimanere fedeli a noi stessi. Quando fai musica speri che qualcun altro si connetta con essa, perché ti fa sentire che c’è un legame, e che sei meno solo. È qualcosa di speciale.

"In questo tour stiamo incontrando i nostri fan per la prima volta: è bellissimo!"

Come sta andando il vostro tour?

Un tour può essere molto stancante anche emotivamente, ma quando incontri tante persone che hanno il piacere di condividere le loro storie beh…tutto questo ci dà molta forza. La bellezza di questo tour è che ci permette di incontrare i nostri fan, dal vivo, per la prima volta, proprio perché noi ci siamo fatti conoscere durante la pandemia e non ci sono state nuove occasioni. È stupendo incontrare tanta gente, ci piace tantissimo. It's special!

 

 

 

 

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