Maria Antonietta: “Ho imparato a tenermi stretta la vita”

Musica
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

Questa artista torna con un album che si ispira a un componimento di Cristina Campo e si intitola “La Tigre Assenza”: è un viaggio in quegli angoli della vita dove il vuoto lasciato da alcune persone che ci sono passate esercita ancora potere su di noi. Canzoni di speranza senza nostalgia. L’INTERVISTA

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Sono 10 i brani che compongono “La Tigre Assenza", il nuovo album di Maria Antonietta, cantautrice eclettica, una delle voci più amate dell'alternative italiano. Arriva a cinque anni dal precedente lavoro dell’artista e contiene i due singoli  Arrivederci” e “Per le Ragazze come Me” realizzato con la collaborazione di Laila Al Habash.

Letizia partiamo dal momento in cui hai deciso di affrontare i tuoi fantasmi interiori con un album: come hai lavorato a questa sfida che si chiama “La Tigre Assenza”?
Non mi pongo mai un obiettivo preciso, non scrivo un concept a comando. Le canzoni le scrivo e a un certo punto il disco si compone da solo ed emerge con chiarezza il fulcro intorno al quale ruotano: come le costellazioni le decifri a un certo punto. Questi brani dialogavano tra loro. Il titolo nasce da una poesia di Cristina Campo: in due parole si racconta un concetto denso ma evidente che descrive, nelle nostre vite, persone che non ci sono ma in realtà ci sono, che esercitano un potere e meno lo vuoi più lui è forte. Quelle con cui dialogo sono negative e feroci, non c’è nostalgia nei miei testi.
Oggi, ad album fatto, quanto l’assente ghermisce ancora la tua quotidianità?
E’ un percorso lungo, ci sono pezzi scritti in vari anni mentre fai un percorso umano. E stato abbastanza positivo, mi sento più svincolata. Anche gli assenti sono la tua identità ma limitarne il potere è positivo.
“Se solo fossi nata nel futuro”: sicura che non avresti sbagliato mai? Ti spaventa il futuro o lo vedi come un mondo senza confini, che puoi segnare solo tu?
Mi entusiasma il futuro, ho tanta fiducia anche se a volte sono ingenua. Sono attratta dal passato, sono una nerd del medioevo anche in virtù dei miei studi. Il mio problema è col presente. Sto lavorando sul non sbagliare, il futuro lo sogni e i ripensamenti sono una legge del mondo, nessuno né è immune, forse neanche Dio: ha ripensamenti lui perché non io?
“Arrivederci” sembra una preghiera laica, una preghiera a te stessa: è così? E’ il momento in cui i primi demoni vengono sconfitti?
E’ l’ultima canzone scritta. Tornare con una canzone che è un addio è poetico. E’ parziale liberazione e sollievo: ho sbagliato e sprecato, mi sono imbattuta in persone che ora non ci sono ma proiettano un’ombra su di me…ma ora arrivederci, vado verso il futuro. E’ una dimensione di liberazione.
Oggi se qualcuno ti dice “Fai la brava” che gli rispondi? E cosa rimane delle serate spavalde raccontate in “375”?
Delle serate spavalde rimane molto perché sono un bene. La mia spavalderia si è moltiplicata, più sei libero più la natura è libera. Sul fai la brava no sono mai stata molto forte: se esaudisci i desideri altrui ti senti più al sicuro perché non perdi le persone ma è illusorio. Il punto finale è restare fedele a se stessi e non agli altri, è un cambio di prospettiva.

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Non capisco se “Insieme per sempre solo a metà” è una canzone di resa o di speranza: non assaggiare la torta è essere pavidi o essere se stessi, anche se da soli?
E’ la più ambigua e neutra delle canzoni de “La Tigre Assenza”. E’ la terra di mezzo dove per paura di rovinare le cose ti dici che è meglio che non esista o che quella persona non entri nella mia vita. E’ un atteggiamento un po’ di fuga, un tentativo di auto-preservare il proprio mondo mentale, però a volte è la realtà che ti salva da te stesso. Sono parole di paura e ripiegamento.
La testa su un piatto a tavola mi ricorda Giuditta e Oloferne: chi è la Giuditta 2.0? Esiste?
Sono sempre esistite e sempre esisteranno. Sono quelle persone che non si sottraggono all’essere loro stesse, a qualunque prezzo. Ti fa sentire potente perché se aderisci a chi sei non c’è ambiguità. L’obiettivo è questo.
Ti capita ogni tanto di passare in “Viale Regina Margherita”: finalmente sorridi? O c’è ancora un senso di inquietudine?
E’ un ricordo molto concreto. La via che dà il titolo al brano è a Rovigo ed ero lì perché presentavo il mio libro di poesie: per l’occasione indossavo tacchi e pelliccia e mentre raggiungevo il luogo della presentazione sono passata in una strada statale e si è creato un momento di disagio che mi ha fatto sentire una prostituta e mi ha mosso dentro un ricordo del passato quando mi sono sentita tale, quando mi sono sentita una donna che si concede e poi se ne va in una totale assenza di legami umani, fagocitata in una relazione un po’ tossica. Oggi sono una che si tiene stretta la sua vita.
Ti mette tristezza, vista la tua storia e il tuo coraggio, dover parlare nel 2023 di flapper e suffragette come esempi e non come normalità?
Tristezza non è la parola esatta, mi sento un po’ arrabbiata. La rabbia mi ha accompagnano nella vita e spinta avanti, è un sentimento che fa cambiare le cose dentro e fuori di me. Se sono arrabbiata faccio cose concrete che spero facciano accadere qualcosa di diverso. Spero che in qualche luogo una ragazza mi veda e sia invogliata a usare la propria voce per raccontarsi.
Alla fine possiamo dire che le tue giornate sono con il sole in faccia e il vento tra i capelli? E che hai imparato chi schivare e chi no come nell’immagine del ponte di Santa Carità?
Sono ottimista ma siamo al 90 per cento. Comunque mi ci sento nell’immagine che hai citato.
Che accadrà in estate?
Parte il tour estivo e torneranno le serate spavalde. Sono già uscite alcune date e altre ne arriveranno. Ne ho già fatte quattro in aprile, la band è pronta, la squadra è pronta. Ora è il momento del divertimento, il resto è stato costruito.

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