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Iako: "La mia Intelligenza Artificiale è una richiesta d'aiuto che diventa preghiera"

Musica

Fabrizio Basso

Grande protagonista dell'ultima edizione di X Factor, questo giovane cantautore e produttore veneziano presenta un singolo che è anche il manifesto di una generazione. L'INTERVISTA

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Intelligenza artificiale è il primo singolo di iako, cantautore e produttore veneziano. Il brano è una camminata infinita nelle campagne veneziane mentre il sole tramonta come una ricerca di qualcosa al di fuori di sé che aiuti a liberarsi dalle paure e dal dolore, una piccola luce, un altro tipo di coscienza che dia sollievo. Intelligenza artificiale è una canzone con un’atmosfera sognante e allo stesso tempo con una costante tensione emotiva che si scioglie in una preghiera, in una richiesta di aiuto. Parla di scordarsi dei propri limiti al punto da non riuscire quasi più a distinguere la realtà, di aspettative irrealizzabili e di prospettive distorte, di fuga e di ritorno a casa.

Il brano era già stato presentato ai bootcamp di X Factor (GUARDA LO SPECIALE) e aveva permesso a iako di arrivare ai live.

Jacopo partiamo da Intelligenza Artificiale: quando è nato il brano e perché hai scelto di rilasciarlo ora?
Nasce quasi quattro anni fa quando ero ancora a Londra a vivere. Tra lockdown e solitudine avevo deciso di tornare in Italia. Tiravo le somme su cosa mi aveva spinto a 18 anni a lasciare Venezia, scelta che nei primi anni fu un salto di dimensione spropositate. Ho attraversato momenti di sofferenza ma anche di sviluppo e conoscenza di me stesso. Ho voluto uscire dalla bolla e capire perché tornavo e cosa mi attendeva. In quei giorni ascoltavo L’Ombra della Luce di Franco Battiato e le influenze nel mio pezzo credo siano chiare a partire dalla dimensione di preghiera. All’epoca non ho avuto l’occasione di pubblicarla, ora la ho rivista e ne ho fatto venti versioni prima di essere contento. E’ la canzone che mi ha fatto entrare a X Factor e mi ha aiutato a farmi un nome. C’è affezione su questo brano e ho sentito che era il momento giusto per chiudere il capitolo, nonostante la scaramanzia per un pezzo criptico.
Cosa ti affascina e cosa ti spaventa dell’intelligenza artificiale?
Mi affascina che siamo davanti a un cambiamento radicale, i prossimi vent'anni rivoluzioneranno il nostro modo di stare al mondo. La paura è che venga utilizzata in maniera poco trasparente e applicata al marketing aggressivo.
Non so più se andare piano, respiro poco: è la descrizione dello spaesamento di un’epoca? Per altro nel video le inquadrature sono varie, anche capovolte in alcuni momenti, quasi a rappresentare la difficoltà di trovare un equilibrio interiore.
E’ uno dei punti chiave della sensazione che permea il pezzo, ero sospeso tra Londra e Venezia, la vita a Londra era un grande sogno. Non capivo il mio progresso, c’è, da una parte, il dualismo tra consapevolezza e gratificazione, e dall’altra il non accontentarsi ed essere sempre in corsa verso non si sa cosa.
Forse non sono poi così speciale: è lo specchio di una generazione che non riesce a trovare l’autostima?

Per me sì. Ma serve anche a darmi una lezione di umiltà. C’è stato l’apprezzamento del coraggio dei coetanei ma io non ho mai creduto di fare grandi cose. A Londra ho provato l'alienazione e il sentirmi piccolo e insignificante rispetto alla realtà italiana.
Uno dei temi del brano è il tempo…prendo tempocambio tono in un secondo: che rapporto hai col tempo?
Altalenante, spesso non mi accorgo di quanto tempo resto a fare qualcosa. Mi è capitato di entrare in bolla con me stesso, di lavorare su un progetto scordando il resto. C’è sempre poco tempo ma essendo eternamente indeciso può essere anche un aiuto.
Quasi quasi sfioro Dio: sei credente?
No, per niente. Mi definisco agnostico.
Il filoso greco Diogene si dice andasse in giro con la lanterna per cercare l’uomo: è quello che fai tu nel video con la luce sulla fronte: cerchi l’umanità?
Un po’ sì ma anche la mia nuova umanità.
Quanto incide oggi sulla tua creatività il periodo londinese?
Più della metà. A livello di ascolti tantissimo, ma questo già da prima. Gli ascolti italiano sono Franco Battiato, Lucio Battisti e il cantautorato del passato. A Londra, venendo da Venezia che non c’è neanche una discoteca per limiti fisici, ho scoperto il clubbing e la scena elettronica e ho mischiato i due poli creativi.
Una delle tue cifre stilistiche è l’unione della varie forme d’arte che in Italia viene ancora vista con diffidenza. Perché secondo te siamo così indietro? Se ci pensi negli Stati Uniti già negli anni Sessanta c’era Frank Sinatra che lavorava su più fronti.
E' una questione di evoluzione. Non so fare tate cose ma nel mio progetto c’è la possibilità di coinvolgere altre persone. Io amo il lavoro di squadra soprattutto con la moda e la danza.
Cosa ti resta dell’esperienza di X Factor e in cosa è stata per te importante?
Mi ha fornito una consapevolezza musicale più strutturata perché ho affinato i miei gusti e limato la direzione di quello che voglio fare spesso frenati dalla mia indecisione. A livello personale essere esposti a una pressione così ti fa confrontare con l'autostima e su quanto credi nel sapere performare. La ho vissuta in modo riservato e cantautorale. A Londra avevo un progetto acustico e intimo, a X Factor ho scoperto un lato di me che prima non era così forte e poi lo ho sviluppato e ora è importante per me.
Che progetti hai per le prossime settimane?
Un nuovo singolo prima dell’estate e poi idee vare per i live e i festival; suonerò in Italia. Dopo l’estate penso a un Ep per chiudere la prima fase dell’anno.

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