Morcheeba, Blackest Blue è il decimo album della band: l'intervista

Musica

Marco Agustoni

Foto: Michelle Hayward
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Ross Godfrey, che con Skye Edwards ha appena pubblicato il decimo album della band, Blackest Blue, racconta il nuovo lavoro e ripercorre il passato dei Morcheeba (compresa la loro bizzarra esperienza al Festivalbar)

Ventisei anni di storia e dieci album in studio, con il nuovissimo Blackest Blue: ormai i Morcheeba, diventati un fenomeno con l’infilata di album Who Can You Trust?, Big Calm e Fragments of Freedom, fanno parte del patrimonio musicale contemporaneo. E tutt’oggi appaiono più in forma che mai.

In Blackest Blue Ross Godfrey e Sky Edwards hanno mantenuto lo stile “ibrido” che contraddistingue la band, ma si sono permessi di cesellare ogni brano nel dettaglio, visto il tempo che la pandemia da Covid ha lasciato a loro disposizione. Il risultato è uno dei dischi più solidi di tutta la carriera dei Morcheeba.

 

Ross Godfrey ci ha parlato dell’ultima fatica e di molto altro ancora in un’intervista esclusiva.

Blackest Blue è il decimo album in studio dei Morcheeba: vedete un percorso preciso che porta da Who Can You Trust? a questo ultimo disco?
Non proprio, è un po’ un percorso a zigzag. Le metodologie che usiamo sono sempre simili, ma noi siamo cambiati molto come persone e le nostre canzoni descrivono sempre come siamo in un determinato momento.
 
Cos’è il “più nero dei blu” del titolo? Ha a che vedere con il periodo che stiamo affrontando?
È qualcosa di un po’ astratto. Mi piace pensare che sia la malinconia più triste che puoi avere. Penso che tutti quanti abbiamo attraversato un periodaccio, nell’ultimo anno. Ed è anche un riferimento al punto più profondo e più oscuro del mare.
 
Come mai avete scelto di fare una cover di The Moon di Irena Zilic (che contiene il verso da cui prende il titolo l’album)?
Ho adorato la canzone quando ho sentito Irena suonarla a Zagabria durante un concerto che abbiamo fatto insieme. Mi è rimasta appresso per un po’ di anni, finché ho chiesto a Skye se le andasse di cantarla con i Morcheeba. Già l’originale suonava un po’ come i Morcheeba, per cui non abbiamo dovuto reinterpretarla molto.
 
La pandemia ha influenzato il vostro processo creativo?
Di sicuro ci ha dato molto più tempo per scrivere canzoni rispetto al solito. Non dovevamo volare di continuo da una parte all’altra, per cui ci siamo potuti focalizzare sull’album finché non l’abbiamo terminato. Penso anche che trascorrere così tanto tempo con le nostre famiglie abbia avuto un impatto su di noi e di conseguenza abbia influenzato le nostre canzoni.

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Cosa ci puoi raccontare delle collaborazioni con Brad Barr e Duke Garwood?
Sono entrambi cantautori che ammiriamo. Volevamo una voce maschile un po’ ruvida da affiancare a quella di Skye in The Edge of the World e Duke era perfetto per questo compito. In quanto a Brad, lo avevo già visto esibirsi un paio di volte con i Barr Brothers e mi piaceva l’idea di portarlo nel disco: è finita che abbiamo scritto una ballad insieme, una canzone che parla di un addio, davvero bellissima.  

Il vostro primo concerto è in programma a giugno: come ci si sente a tornare sul palco dopo un anno senza musica live?
Non sono mai stato così tanto senza suonare dal vivo da quando avevo 13 anni. I Morcheeba fanno abitualmente cento show all’anno e per noi è stato uno shock enorme. Quindi non vediamo l’ora di tornare di nuovo a suonare davanti a un pubblico.

Quanto si sono evoluti i Morcheeba, in questi anni, con l’evoluzione del mercato discografico e del panorama musicale?
Siamo cambiati più come persone che musicalmente. Siamo molto più in controllo del nostro destino, ora, perché pubblichiamo i nostri dischi con la nostra label, Fly Algaric Records, che prende il nome da un fungo psichedelico che si trova nei boschi inglesi.

Qual è la cosa di cui sei più fiero nella tua carriera con i Morcheeba?
Sono contento di essere arrivato fino a qui! Al momento sono orgoglioso di questo nuovo album, ci sono dentro delle grandi canzoni e sono sicuro che i fan lo adoreranno.

Quale, al contrario, è il tuo grande rimpianto?
Mi è spiaciuto molto quando Skye ha lasciato la band nel 2003, ma se non lo avesse fatto io non avrei mai incontrato la mia meravigliosa moglie Amanda Zamolo e non avrei mai avuto le mie fantastiche figlie. Per cui, come dice Edith Piaf: je ne regrette rien.

Qual è stato il live più memorabile dei Morcheeba e quale invece il più bizzarro?
Ho adorato il Big Calm Tour del 1998, perché le canzoni erano molto popolari e sentire tutto il pubblico cantare le canzoni in coro durante i grandi festival da 50mila persone mi mandava fuori di testa. La più strana, invece, credo sia stato il Festivalbar da voi in Italia. Non avevamo idea di quel che succedeva, non sapevamo nemmeno che fosse una competizione ed eravamo confusi dal fatto di dover tornare a suonare le stesse canzoni ogni settimana.

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