Il leader dei Rockets pubblica il disco solista Parallel Worlds, in cui rende omaggio alle grandi colonne sonore (e in particolare a Ennio Morricone), a David Bowie e Jurij Gagarin
La mente di Fabrice Pascal Quagliotti “è in pieno fermento”, per usare le sue parole, come già aveva dimostrato l’anno scorso Wonderland, il nuovo disco dei suoi Rockets dopo cinque anni di silenzio (leggi l'intervista a Fabrice). Complice anche il tempo messo a disposizione dal lockdown, il celebre tastierista ha deciso di dare forma alle idee messe da parte negli anni e si è cimentato con il suo primo disco solista, Parallel Worlds, un album strumentale eterogeneo e di ampio respiro, ma con un comune denominatore: il viaggio. Ecco cosa ci ha raccontato Fabrice nel corso di un’intervista esclusiva.
Come mai un disco solista e come mai proprio ora?
Il lockdown è stato di aiuto, perché come unico effetto positivo mi ha consentito di fare delle full immersion di quindici ore al giorno di musica, così da realizzare questo disco in soli sei mesi. Ma in realtà è stato un caso. Avevo in testa di realizzare un album solista da quattro o cinque anni, ma avevo ancora in piedi il progetto dei Rockets. Anche per questo ho voluto, con Wonderland, chiudere un ciclo, per quanto con i Rockets sia ancora attivo per quanto riguarda i concerti.
E come mai hai optato per un album interamente strumentale?
Sempre per caso: avevo fatto sentire qualche demo al mio discografico, al che lui mi ha proposto: “Perché non realizziamo un disco di strumentali?”. Io, che adoro il cinema e le colonne sonore, ho accettato subito. In principio avevo anche pensato di cantare in due o tre brani, ma poi ho capito che non avrebbe avuto senso. E mi sono concentrato su quello che so fare meglio, dato che non sono un cantante.
In controtendenza rispetto alla discografia attuale, Parallel Worlds è un album che si prende i suoi tempi…
Sì, non mi sono imposto nulla, ho optato per la libertà totale. Non mi interessano le regole della discografia attuale. Penso che oggi ci sia un gran bisogno di dischi da ascoltare.
Viaggi spaziali, fisici, mentali: come mai hai scelto il viaggio come tema?
Le tracce rappresentano quattordici viaggi ipotetici, o meglio quattordici colonne sonore per questi viaggi. Al contrario che in passato, sono partito da un tema e da lì ho costruito i brani. Per esempio, essendo un appassionato di David Bowie, che per me è il più grande artista pop degli ultimi 50 anni, ho deciso di scrivere So Long Major Tom. E poi c’è Jurij Gagarin, il primo uomo andato nello spazio… quello sì che all’epoca fu un viaggio eccezionale.
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Bowie e Gagarin, ma anche i geni del Rinascimento (Renaissance), il telescopio Hubble (Hubble Space Telescope) e le donne (Princess, Harem): in un certo senso Parallel Worlds è anche un disco di omaggi…
È vero. Proprio per questo mio amore per le colonne sonore, ho deciso di dedicare Parallel Worlds a Ennio Morricone, a mio avviso il più grande compositore – in generale, non solo per il cinema – di tutto il XX secolo. E sono degli omaggi anche molte tracce del disco, da quelle per Bowie e Gagarin, a quelle dedicate alle donne in generale… come Harem, in cui ho voluto immaginare un harem del futuro. Dal punto di vista maschile, è un posto fantastico, ma è solo una questione di prospettiva, perché per le donne che ci vivevano era una gabbia dorata, ma pur sempre una gabbia. E poi nel disco ci sono due brani con il mio amico di infanzia Frederick Rousseau, tra cui Friends, che è un po’ un omaggio all’amicizia.
La sua non è l’unica collaborazione dell’album: si può dire che si tratta di un album solista, ma non da solo…
Mi piace come definizione! Sì, è così, perché amo collaborare, come si era visto in Wonderland. Non sono uno di quelli che vogliono fare tutto da soli, non mi interessa. Oltre a Rousseau, c’è la collaborazione con Joseph Klang in Alchemy. Poi ho chiesto ad Axel Cooper di realizzare una ritmica trap e l’ho utilizzata per creare un brano molto particolare, Walk Away. A proposito di generi musicali, ho voluto spaziare dalla trap alla musica classica, dal rock alla electro.
Per quanto non sia il periodo migliore per parlare di musica dal vivo, hai già un’idea di come sarà Parallel Worlds live?
Sì, ho già un’idea molto precisa: luci, laser con mapping, neon e almeno un paio di persone del circo che lavoreranno “in alto”. Vorrei che fosse qualcosa di più che la “sola” musica, come del resto è sempre stato anche per i Rockets.