Il film di Roger Michell, gradevole e un po' senile, intrattiene e diverte grazie alla bravura dei due protagonisti Jim Broadbent e Helen Mirren
La vera storia dell'incredibile furto del Duke of Wellington di Francisco Goya dalla National Gallery di Londra, 1961, confessato da un insospettabile e anziano signore di Newcastle.
Fuori concorso c'è anche l'ultima commedia del 64enne Roger Michell, regista sudafricano dalla carriera solida e senza particolari guizzi il cui film più famoso - Notting Hill - non è certo una creatura da festival. Per lo sbarco a Venezia non si rinnega, anzi, sfodera tutto il suo mestiere per proporre una commedia un po' senile che tocca tutta le gradazioni del carino: trama scorrevole, trionfo dei buoni sentimenti, due premi Oscar come Jim Broadbent e Helen Mirren che procedono con il pilota automatico lungo una sceneggiatura che brilla più per i dialoghi che per gli snodi narrativi. Tutto insieme però The Duke funziona, con sottotrame gustose come la battaglia per l'abolizione del canone per i pensionati, tema evidentemente molto sentito nella Old England in cui tutti gli over 60 avevano dovuto fare i conti con due guerre mondiali (molto più stucchevole invece il passaggio sulla figlia scomparsa per un incidente in bici, del tutto irrilevante ai fini della storia). E alla fine, dopo tanto arrabattarsi, Kempton Button ottiene la riabilitazione, in un modo che sembra ironicamente occhieggiare alla Brexit nel malcelato fastidio anti-establishment che serpeggia un po' verso chiunque, a cominciare da "quell'ubriacone spagnolo" che ha dipinto un quadro anch'esso trattato con sarcasmo, per continuare con le forze dell'ordine, la giustizia, la televisione e i giornali con l'eccezione del glorioso Daily Mirror.
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