Lupin the IIIRD – The Movie: La Stirpe Immortale, la recensione del nuovo film di Koike

Cinema
Paolo Nizza

Paolo Nizza

Lupin the IIIRD – The Movie: La Stirpe Immortale segna la svolta più adulta e radicale dell’universo creato da Monkey Punch. Takeshi Koike firma un anime cupo, fisico e visivamente magnetico che trascina Lupin, Jigen, Goemon e Fujiko in una lotta contro il tempo su un’isola ostile, tra minacce immortali, eredità mitologiche e una riflessione intensa sull’identità del ladro gentiluomo

n ritorno alle origini che guarda al futuro

Con Lupin the IIIrd – The Movie – La stirpe immortale, (al cinema dall'11 dicembre) Takeshi Koike compie ciò che molti registi avevano solo sfiorato: riportare Lupin alla sua anima più autentica, ribelle e sensuale, quella che pulsa sotto la superficie sin dai tempi di Monkey Punch. Il ritorno al 2D tradizionale dopo quasi trent’anni non è nostalgia, ma un atto di coraggio: Koike vuole un Lupin più adulto, più fisico, più pericoloso. E lo dichiara fin dai primi secondi.

In una vertiginosa messa in abisso, il film si apre con una domanda che è insieme provocazione e manifesto:
«Non siete stanchi di aspettare?»
Subito dopo, un montaggio ipnotico e potentissimo condensa l’intero percorso del progetto “IIIrd”, rievocando i mediometraggi dedicati ai compagni e antagonisti del ladro dalle lunghe basette:

  • La lapide di Jigen Daisuke (2014)

  • Ishikawa Goemon – Getto di sangue (2017)

  • La bugia di Mine Fujiko (2019)

  • Zenigata e i due Lupin (2025)

Non è un semplice recap, ma una chiamata alle armi: Koike non sta inaugurando un nuovo capitolo, sta chiudendo un cerchio e portando la sua visione al compimento.

Da qui in avanti il film precipita – in senso narrativo e letterale – dentro la sua stessa mitologia. Lupin, Jigen, Goemon e Fujiko si ritrovano su un’isola fuori dalle mappe, intrappolati da una tossina che concede loro soltanto 24 ore di vita. L’isola non è uno scenario, ma un organismo ostile: un cimitero di armi, un relitto apocalittico che ingloba e respinge. Koike non smussa nulla: né la violenza, né l’erotismo, né quella tensione noir che restituisce al ladro gentiluomo la sua natura più anarchica.  Senza contare il delizoso omaggio all' L'isola del dottor Moreau e ai suoi antropormorfi animali nata dal genio di H.G, Welles.

Muom, Mamo e l’eco di un’eredità oscura

Al centro del racconto emerge la figura di Muom, un essere immortale, inquietante, dotato di una forza che travalica la logica. Non è un villain nel senso tradizionale: è un concetto. È la negazione del cambiamento, dell’invecchiamento, della debolezza. È una forza assoluta che vuole rifondare il mondo attraverso una selezione brutale. E contro di lui Lupin è costretto a confrontarsi con il suo limite più grande: la mortalità.

Accanto a questo antagonista titanico, prende forma un ritorno carico di memoria: Mamo, lo storico villain del primo film animato del 1978. Koike lo riporta in scena non come esercizio nostalgico, ma come cerniera narrativa: un filo che collega l’intero ciclo “IIIrd” e lo conduce al suo possibile epilogo. È come se tutto ciò che Lupin ha affrontato negli ultimi anni — tradimenti, ossessioni, ferite — convergesse qui.

Il film si muove così su un doppio asse: da una parte la potenza visiva, dall’altra una riflessione inattesa sul mito.
Che cosa significa sopravvivere?
Che cosa resta di un ladro che ha sempre vissuto rubando storie, seduzioni, memorie?
E come si combatte un nemico che non possiede tempo, né passato, né identità?

L’immortalità di Muom è l’opposto speculare di Lupin: un eterno presente che cancella ogni traccia di ciò che siamo stati. Una minaccia non solo fisica, ma esistenziale.

Approfondimento

Lupin the IIIRD - The Movie: La Stirpe Immortale, una clip esclusiva

animazione feroce, ritmo incalzante e un Lupin finalmente libero

Koike parla attraverso il movimento. Ogni scena d’azione è costruita come un piccolo racconto con una sua logica interna:
– Jigen che esplora un arsenale prima di diventare bersaglio di una cecchina;
– Goemon che affronta forze sovrumane sotto una cascata disegnata con precisione millimetrica;
– Fujiko che vaga in un territorio di inganni, più sopravvissuta che femme fatale;
– Zenigata che continua a inseguire Lupin con un’ostinazione quasi romantica.

L’animazione è splendida nel suo essere fisica e crudele: ogni colpo pesa, ogni ferita conta, ogni duello lascia un segno. Koike fissa un’estetica che fonde pulp, noir e modernità, trasformando il film in un’esperienza visiva magnetica.

La colonna sonora, discreta e mai invadente, rinuncia volontariamente al tema classico di Lupin: una scelta che rafforza il tono adulto del progetto. Perfino l’isola stessa diventa un personaggio ricorrente: grottesca, seducente e minacciosa.

La stirpe immortale non è un film perfetto — la coralità femminile, in particolare la gestione di Fujiko, potrebbe essere più generosa — ma resta un manifesto di libertà artistica. Koike consegna al pubblico un Lupin egoista e generoso, folle e lucidissimo, fragile e indomabile.
Un Lupin che torna alle radici per trovare una nuova direzione.

Approfondimento

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Se fosse un cocktail? Un “Saké Immortale” da sorseggiare al buio

Se questo film fosse un drink, sarebbe giapponese, complesso, affilato. Un cocktail che non cerca di piacere, ma di lasciare un segno. Qualcosa che brucia piano e illumina al rallentatore, come le animazioni di Koike.

Saké Immortale – versione I Have a Drink
– 6 cl saké Junmai secco
– 2 cl whisky giapponese torbato
– 1 cl yuzu fresco
– Una goccia di bitter al pepe Sichuan
– Scorza di lime incisa a forma di “L”

È un sorso che entra in punta di piedi e poi colpisce con forza. Un equilibrio di morbidezza e pericolo, come il Lupin che Koike rimette in scena: elegante, vulnerabile, anarchico. Un brindisi ideale a un personaggio che continua a reinventarsi senza smettere di sfidare il mondo — e se stesso.

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