Torino Underground Cinefest 2025, il programma della 12ª edizione

Cinema
©Getty

Dal 25 settembre al 4 ottobre il Cineteatro Baretti ospita la 12ª edizione del Torino Underground Cinefest. Tra anteprime e omaggi, spicca venerdì 3 ottobre l’appuntamento con Il pianto degli eroi di Bruno Bigoni e Francesca Lolli, che intreccia l’Iliade e Le Troiane con le voci e i volti dei detenuti di Bollate

Un festival come un brindisi improvvisato in un bar di periferia: forte, scomposto, vitale. Il Torino Underground Cinefest 2025 torna dal 25 settembre al 4 ottobre al Cineteatro Baretti di Torino, confermandosi porto franco per un cinema che scava, che non si accontenta, che cerca gli spigoli del reale. È la dodicesima edizione di un’avventura nata quasi clandestina e diventata punto di riferimento per chi non vuole red carpet, ma vibrazioni sotterranee.

Dal mito alla città

Il Cinefest è da sempre un intreccio di geografie e linguaggi. Questa edizione raccoglie oltre duemila film inviati, ne seleziona 119 e li lascia dialogare come scintille erratiche: storie di dipendenze, di identità in cerca, di vite sospese ai margini delle convenzioni. Il festival, guidato dal critico Alessandro Amato e dal regista Mauro Russo Rouge, è diventato un laboratorio aperto in cui il cinema indipendente internazionale trova casa.

Eppure, nel cuore delle sue traiettorie globali, TUC resta un evento profondamente radicato nella città. Non è un caso che a fianco del focus su Gaglianone, uno degli autori più significativi del nostro cinema, emergano anteprime mondiali legate al territorio torinese: Summer Mass di Jacopo Ficulle, Exposé di Beatrice Ciotoli e Francesco Stefanoni, Sospesi di Francesco Sgrò e Luca Quaia.

Venerdì 3 ottobre: Il pianto degli eroi

Venerdì 3 ottobre alle 19.30, quando le luci del Cineteatro Baretti si abbasseranno, inizierà un invito al dolore e alla coscienza: Bruno Bigoni e Francesca Lolli presentano Il pianto degli eroi. Qui, l’Iliade e Le Troiane non sono solo testi antichi da citare, ma strumenti vivi: parole che i detenuti del carcere di Bollate vestono, respirano, incarnano. Uomini – alcuni non attori – che assumono nomi come Ettore, Patroclo, Achille; donne che diventano Ecuba, Cassandra, Elena, Andromaca. Un gioco di specchi tra mito e realtà dove la recitazione diventa confessione, dove la tragedia greca si trasforma in racconto delle mura, delle celle, delle voci spezzate, ma anche della dignità che non si arrende.

C’è una forza che moltiplica l’esperienza: l’errore, la sbavatura del ciak che trema, lo sguardo che si perde, la voce che vacilla. Bigoni e Lolli non rifuggono dall’imperfezione: la volontà è che l’inquietudine si veda, si senta. Non ci sono costumi sontuosi, scenografie opulente: bastano pochi drappi, il contrasto netto della scena, i corpi umani nella loro verità crudele. L’artificiosità sarebbe tradimento quando il tema è la perdita, il potere, l’arroganza. Qui, la verità sale dal terreno imperfetto, come erbacce che crescono tra le pietre.

La guerra non è solo battaglia di lance o assalti eroici; è violenza quotidiana, tremore interiore, rimorso. E allora Achille che uccide, Priamo che piange, le donne di Troia che rimangono: diventano i volti di chi, dentro Bollate, cerca il senso del proprio destino. L’uomo che si guarda allo specchio e trova l’orrore non solo fuori di sé ma dentro. Il silenzio dopo il rumore delle armi, la memoria dei nomi, il peso delle scelte: tutto si mescola.

Il film assume una rivoluzione silenziosa: recitare è conoscere se stessi, è liberarsi – forse – dalla vergogna, dalla colpa, dal senso di colpa. È anche  riconoscere che tutti gli esseri umani condividono il medesimo confine fragile: la mortalità. Ed è proprio lì, in quel confine, che Il pianto degli eroi trova la sua forza salvifica: non suggerire soluzioni, ma lasciare che il mito parli alle ferite contemporanee, che il pianto non resti lacrima nella pioggia.

Approfondimento

IL PIANTO DEGLI EROI - L’Iliade e le Troiane nel carcere di Bollate

Paul Morrissey, Gaglianone e altri fuochi

Già dal 24 settembre un omaggio a Paul Morrissey con Trash – I rifiuti di New York a un anno dalla sua scomparsa, riporta il pubblico alle origini della Factory e all’irriverenza di un cinema che seppe raccontare il degrado senza filtri.
Poi il focus dedicato a Daniele Gaglianone, con la retrospettiva Scintille nel buio: quattro film che disegnano un percorso poetico e politico, da Nemmeno il destino a La mia classe.

Approfondimento

Cuba, Il film italiano IL PIANTO DEGLI EROI premiato al FIC Gibara

L’ultima sera, alle porte dell’abisso

Sabato 4 ottobre, l’ultima notte del festival porterà sullo schermo l’anteprima mondiale di Lenskeeper – Alle Porte dell’Abisso di Luca Canale Brucculeri. Un titolo che promette di scendere in territori oscuri, fondendo visioni e inquietudini. È la chiusura ideale di un festival che non vuole rassicurare, ma aprire ferite e domande.

Un cocktail di libertà

Il Torino Underground Cinefest è un cocktail senza ricetta, shakerato con Vermouth torinese, assenzio parigino e rabbia sudamericana. Un cinema che non cerca eleganza, ma verità. Nei bicchieri sbeccati del Baretti, il pubblico berrà immagini bruciate, storie imperfette, film che non hanno paura di mostrarsi fragili. Perché il cinema può abbattere i muri invisibili: non evasione, ma un ritorno alla libertà attraverso la parola e l’immagine.

Spettacolo: Per te