Saverio Raimondo, dal professor Marmellata di Troppo Cattivi 2 all'ironia a tempo di Jazz
CinemaIn Troppo Cattivi 2, al cinema dal 20 agosto, Saverio Raimondo torna a doppiare il Professor Marmellata, genio narcisista e ironico, e racconta come la cattiveria finta diventi libertà. Dalle invenzioni di In & Out alla Mostra del Cinema di Venezia 2025, il comico romano riflette su doppiaggio, satira e stand-up, tra Bill Hicks e Lenny Bruce, inseguendo una comicità autentica, jazzata e mai schiava dell’algoritmo
Il Professor Marmellata è tornato. Un genio criminale che odora di zucchero bruciato e sarcasmo, pronto a scivolare di nuovo nei corridoi della DreamWorks. A ridargli voce, e un lampo negli occhi che il microfono non può registrare, è Saverio Raimondo: stand-up comedian, doppiatore, umorista di razza, artigiano della battuta chirurgica. Il 20 agosto lo ritroveremo al cinema in Troppo Cattivi 2, sequel di rapine e riscatti morali, dove la banda di animali ex-malavitosi finisce tra gatti delle nevi e razzi spaziali come in un heist movie proiettato sulla Via Lattea.
Tra In & Out e il commercialista lacaniano: sogni, tasse e risate lynchiane
Ma Raimondo non si è fermato qui. In tv, con In & Out – Niente di serio, ha trasformato la risata in un atto di prestidigitazione psicanalitica. È lì che è nato lo sketch “Il commercialista lacaniano”: uno studio tappezzato di ricevute, un dottore che sfoglia “La Smorfia del Codice Tributario” come fosse un oracolo, e sogni dove i molari diventano Bitcoin. E poi — a sigillare l’incubo — il mio cameo: ero Mario Draghi, ma non ero Mario Draghi (Clicca qui per guardare lo sketch). Apparivo come nei sogni: non somigliavo a Draghi, ma tutti sapevano che lo ero, solo perché dicevo “Whatever it takes” con una risata e una postuta ispirati al Mistery Man immaginato da David Lynch in Lost Highways.
Con Saverio abbiamo parlato di cattiveria animata e della sua utilità in un mondo sempre più feroce, di soglie d’attenzione che resistono all’era dei dieci secondi, di Bill Hicks e della necessità di non capire sempre tutto. Un dialogo che è stato a tratti un duello di immagini, a tratti un brindisi con cocktail immaginari, quelli che si ordinano solo nei bar di un film che non è ancora stato girato.
Intervista a Saverio Raimondo
Come si torna nei panni di un porcellino d’India narcisista in Troppo Cattivi 2?
"È molto divertente, anche perché nella vita non sono né narcisista né porcellino d’India. Quindi poter vestire altri panni mi permette di sfogare qualcosa che nella realtà pratico poco. È il motivo per cui mi specializzo nei cattivi: nella vita sono un buon cittadino, pago le tasse… e allora nella finzione mi piace fare il contrario. C’è una libertà nel male finto che è quasi terapeutica."
Quest’anno lo avete presentato al Giffoni. Com’è stata l’esperienza?
"Si dice sempre che l’Italia è un Paese di anziani. Non è vero: i giovani sono tutti a Giffoni… almeno durante il Festival! È buffo: un momento sei sul blu carpet, un minuto dopo passa Monica Bellucci e la sindrome dell’impostore ti balla la conga. Poi vedere il film in sala, con ragazzini che ridono, schiamazzano, si sporgono dalle poltrone e ti fanno capire che un’ora e mezza di storia l’hanno seguita fino all’ultimo fotogramma… ecco, è una gioia rara. Altro che soglia d’attenzione bassa: se li prendi per mano, i ragazzi restano con te fino alla fine."
Nel doppiaggio ti limiti al copione o ci metti del tuo?
"C’è un copione, certo, ma il direttore del doppiaggio — in questo caso Carlo Cosolo, che è davvero bravissimo — fa un lavoro d’adattamento che è una vera regia. Quando doppio un personaggio che ha già una voce nell’originale, da un lato devo rispettare il lavoro dell’attore e le indicazioni del regista; dall’altro, aggiungo un pizzico di mia interpretazione. È un mix delicato… ma da bravo bartender ci riesco. Devi versare l’originale, shakerare con la tua personalità e servire senza far cadere neanche una goccia."
Il film scherza sul concetto di cattiveria. In un mondo così crudele, può essere una piccola panacea?
"Sì. È un film d’intrattenimento, ma gioca con il concetto di bene e male, giusto e sbagliato. E trasmette ai ragazzi un’idea importante: non esiste il bianco e il nero. Siamo immersi nel grigio e dobbiamo imparare a riconoscerne le sfumature… che, se non sbaglio, erano cinquanta. Impararlo da piccoli ti aiuta a crescere con meno rigidità e più consapevolezza."
Se la DreamWorks facesse un film su di te, che animale saresti?
«Forse lo scarabeo stercorario: spinge la sua palla di sterco come una croce. Una piccola via crucis… in miniatura.
Nel cast ci sono colleghi con cui lavori anche in In & Out.
"Sì, e la cosa più bella è stata non solo scrivere e interpretare sketch, ma anche dirigerli. È una delle cose di cui vado più fiero."
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Tra la regia, l'Iliade e Bill Hicks
Ti piacerebbe dirigere per cinema o TV?
"Sì. Ho sempre pensato di non esserne all’altezza, ma questi sketch sono stati una prova: ora so che potrei farlo. Forse un giorno firmerò un episodio o un film. L’idea mi mette in allerta e mi esalta allo stesso tempo."
Il tuo articolo sull’Iliade in “Robinson” si chiedeva: è davvero così importante capire sempre tutto?
"Mi ha convinto David Lynch: bisognerebbe accostarsi ai film come alla musica. Non chiediamo a una canzone “che significa?”, ci lasciamo trasportare. Capire il giusto e accogliere anche l’incomprensibile: il mistero c’è, e quando pensiamo di averlo svelato spesso ci stiamo solo illudendo. Non siamo solo intelletto: abbiamo altri canali, meno razionali ma altrettanto potenti."
Hai sostenuto il crowdfunding della Sagoma Editore per pubblicare in Italia i testi di Bill Hicks. Perché è importante?
"Perché la stand-up comedy oggi è viva anche in Italia, ma conosciamo poco i suoi padri fondatori. Hicks intercettava lo spirito MTV degli anni ’80 e ’90, era divertente e lucido. È un peccato perderselo: i suoi testi meritano di essere accessibili a tutti"
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Un inviato al Lido, un astronauta in orbita e un Old Fashioned al bancone
A Venezia sarai inviato speciale. Ti senti più James Bond, Truffaut o Buster Keaton?
«Un mix: un terzo Bond, un terzo Truffaut, un terzo Keaton… shakerati con ghiaccio e serviti al Lido. E vedrò finalmente Un film fatto per bene, il nuovo lungometraggio di Maresco, che aspetto da mesi: è uno dei miei registi italiani preferiti e ogni volta che esce un suo film mi ci catapulto.»
Se dovessi andare nello spazio, cosa porteresti?
«Non posso scegliere un solo libro, film o disco… ma visto il tema, direi Orbital di Samantha Harvey: racconta astronauti in orbita e il nostro essere minuscoli davanti al mistero. È un libro che ti ricorda la vertigine di esistere.»
E se fossi un cocktail?
«Un Old Fashioned, possibilmente con bourbon. Ma forse, nella vita, sono un po’ più aspro… quindi in estate potrei essere un Gimlet. Alla fine, dipende sempre dal clima e dalla compagnia.»
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Saverio Raimondo, tra Miles Davis e Lynch: la risata che diventa arte
Alla fine, parlare con Saverio Raimondo è come ascoltare Miles Davis in una notte umida d’agosto, mentre l’aria vibra di note che non arrivano mai dove ti aspetti: si interrompono, cambiano direzione, e nel silenzio che le separa senti il cuore del brano. È il respiro inquieto di Strade perdute di Lynch, dove il buio ha un volto e l’inquadratura ti trattiene come una promessa. Raimondo fa lo stesso: ti lascia in mano battute che sono pugni avvolti nella seta, carezze che bruciano, e ti ricorda che bene e male condividono sempre lo stessi spazio. Forse il lusso più raro è sedersi davanti a un film, a un sogno o a un bicchiere e concedersi di non capire tutto. Perché in quel vuoto — tra la risata e il silenzio — la comicità diventa arte: autentica, vibrante, mai plastificata, mai schiava dell’algoritmo. Saverio è il nostro Bill Hicks con passaporto italiano, un Lenny Bruce che sa quando alzare il volume e quando sussurarti nell'orecchio.. Un satiro parlante, allievo e maestro al tempo stesso, a suo agio nella humour non omologato e deflagrante, quanto un’oliva in salamoia nel vortice torbido e appagante di un dirty martini.