Fuori di Mario Martone, Goliarda Sapienza tra memoria, carcere e libertà. La recensione
CinemaPresentato in concorso a Cannes 2025 e in uscita nelle sale italiane il 22 maggio, un’opera profonda e necessaria. Ispirato ai romanzi L’università di Rebibbia e Le certezze del dubbio di Goliarda Sapienza, il film è un viaggio potente tra identità, pensiero femminile e resistenza, dove la scrittura diventa atto di sopravvivenza e ascolto. Con Valeria Golino, magistrale nei panni della scrittrice siciliana, affiancata da due interpreti intense e sorprendenti: Matilda De Angelis ed Elodie
In concorso al Festival di Cannes 2025 e al cinema dal 22 maggio, Fuori di Mario Mario Martone è un film tanto potente quanto appagante, come un triplo whisky con ghiaccio — il drink prediletto dalle due protagoniste, Goliarda (Valeria Golino) e Roberta (Matilda De Angelis). Forse è anche per questo che il regista napoletano opta per una regia sobria, rigorosa, sempre al servizio delle interpreti e della parola. Ogni inquadratura è abitata dalla forza di Goliarda Sapienza, della sua figura, della sua vita, dei suoi romanzi, capaci di ubriacare lo spettatore di dolore e bellezza. Acclamato da sette minuti di applausi alla proiezione del 21 maggio al Grand Theatre Lumiere, Fuori è un’opera intensa, che guarda al margine per comprendere il centro. È il dolente e luminoso viaggio di una “ladra di storie”, un’odissea al femminile tra dentro e fuori, tra amore e amicizia, tra carcere e libertà, tra eroina e lotta armata, tra un volantino con la scritta "Make Parioli Punk Again", e un uovo all'occhio di bue divorato alla velocità della luce.
Un’estate romana e la nascita di una sorellanza
Roma, 1980. Dietro le mura spesse di Rebibbia, Goliarda Sapienza – scrittrice indomabile e spirito libero – viene rinchiusa per un piccolo furto di gioielli. Ma in quelle celle, tra sbarre e silenzi, trova qualcosa di infinitamente più grande: l’incontro con l’umanità ferita e luminosa delle donne recluse.
Quelle giovani detenute, lontane da ciò che il mondo chiama “normalità”, diventano per Sapienza maestre d’anima. Scopre un linguaggio nuovo, fatto di corpi, sguardi, storie spezzate. Quando le porte del carcere si aprono e una calda estate romana la accoglie, Goliarda capisce che la vera prigione non è quella lasciata alle spalle.
Trova, in Roberta – criminale recidiva e attivista politica – una compagna inattesa, forse qualcosa di più. È un legame profondo, incomprensibile agli occhi del mondo, ma che le accende dentro una nuova fame di vita, una dolce furia di parole.
Dalla fragilità nasce la forza. Dalla colpa, il desiderio di raccontarsi ancora.

Approfondimento
Cannes 2025, 7 minuti di applausi per Fuori di Mario Martone. VIDEO
Un film che cammina con Goliarda
Tra i tavolini del Bar Canova in Piazza del Popolo o tra le sbarre di Rebibbia, Fuori si muove leggero e feroce, come una poesia metropolitana. Sfida i salotti mondani e i loro vuoti rituali. Traducendo in immagini il verso di Byron: “Rome, beautiful country, city of my soul”, il film è un vagabondaggio emotivo tra i quartieri di Roma, caput mundi, paradiso e inferno insieme.
Scrive Martone:
“Fuori mi ha permesso di muovermi senza costrizioni, di lavorare su lunghe sequenze che non dovevano per forza approdare a qualcosa di concluso. Di lasciarmi andare alla deriva anch’io, portato dal vento di Goliarda Sapienza e delle donne protagoniste di questo film: Ippolita Di Majo, che l’ha scritto con me, Valeria Golino, Matilda De Angelis, Elodie.”
E sono proprio le tre interpreti principali a incantare, protagoniste di una straordinaria, lieve e poetica sequenza di nudo sotto la doccia
Matilda De Angelis è esplosiva e vulnerabile. La sua perfomance ricorda la famosa citazione di Friedrich Nietzsche: "Bisogna avere un caos dentro di sé per partorire una stella danzante"
Elodie sorprende per naturalezza e verità, riuscendo a esprimere con pochi gesti la rabbia e la dolcezza di una generazione senza voce,
Valeria Golino, reduce dal successo alla regia con L’arte della gioia, è straordinaria nei panni di Goliarda: intensa, trattenuta, vibrante. Non imita: incarna. Restituisce la vulnerabilità e la potenza di una donna che ha vissuto sempre in bilico tra marginalità e grandezza.

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"Fuori" di Martone Martone in concorso al Festival di Cannes
Un’opera politica e umanissima
Fuori non è soltanto un film sul carcere. È una ricognizione nei territori segreti dell’essere umano. Un’opera profondamente politica – nel senso più alto – perché non giudica, ma comprende.
Goliarda Sapienza, con la sua scrittura nitida e appassionata, non racconta le detenute da fuori, ma le abbraccia da dentro, con lucidità e pietas. Ladre, madri, migranti, tossicodipendenti: tutte diventano parte di un coro dissonante e struggente, che Martone traduce in cinema con grazia e rigore.
Il carcere è insieme metafora e realtà. È luogo di dolore, sì, ma anche di incontri impossibili, alleanze fragili, rivoluzioni interiori. Nel film – come nei libri – la scrittura diventa sopravvivenza, resistenza, atto di libertà. Insomma: Scrivere per non scomparire. Scrivere per ritrovarsi. E ci si commuove e al tempo stesso ci si indigna, quando viene ricordato allo spettatore, che L'arte della gioia, il capolavoro scritto da Goliarda nel 1976, sara pubbligato in edizione integrale postuma da Angelo Pellegrino, il maritro di Sapienza (interpretato daun misurato Corrado Fortuna) soltanto nel 1998. Con colpevole ritardo, il tempo può essere davvero galantuomo

Approfondimento
Fuori, il trailer del film di Mario Martone in concorso a Cannes
Un finale che resta addosso
Impreziosito dalla fotografia scabra ed efficace di Paolo Carnera, Fuori vibra di vita e fragilità come una vecchia canzone romana, una di quelle che ti restano dentro e non scordi più . In una delle sequenze più toccanti del film – accompagnata dalla struggente melodia composta da Carlo Rustichelli per Un maledetto imbroglio di Pietro Germi – si ascoltano i versi (cantati ,Elodie, Daphne Scoccia , Luisa De Santis) che sembrano parlare direttamente al cuore di Goliarda:
“Amore, amore, amore, amore mio,
‘n braccio a te me scordo ogni dolore.
Voglio resta’ co’ te, sinnò me moro.”
E in quella tenerezza dolente, sospesa tra una detenuta che parla con gli spiriti, persino con l'anima di Marilyn Monroe, e un addio alla stazione Termini, Fuori ci ricorda che le storie più forti sono quelle che sanno ascoltare il silenzio. Un'opera travolgente e nomage quanto una corsa senza destinazione su una merdedes cabrio guiidata da Antonio Gerardi (sempre superlativo sullo schermo). tE mentre sui titoli di coda del film scorra la famosa intervista realizzata da Enzo Biagi alla scrittrice come uno squarcio nel tempo e nella memoria pare rimateriallizzarsi la scritta su un muro di Porta Maggiore che appare in una delle prime scene del lungometraggio: "Le ore del nostro presente sono già leggenda". E ieri, oggi e domani, Goliarda resterà per sempre una leggenda. Da scoprire e riscoprire.