Emilia Pérez, un fiammeggiante musical tra narcos e transgender. La recensione del film
CinemaArriva al cinema in Italia dal 9 gennaio il decimo lungometraggio diretto dal regista francese Jacques Audiard. Impreziosita da un cast composto da Zoe Saldana, Karla Sofía Gascón, Selena Gomez, Adriana Paz, una pluripremiata opera sul concetto di redenzione, che ci ricorda quanto sia complesso diventare ciò che si è
Come scriveva Vincent Van Gogh; “La normalità è una strada asfaltata: è comoda da percorrere, ma nessun fiore vi cresce”. Parimenti al pittore olandese, il regista e sceneggiatore francese Jacques Audiard non soffoca mai la propria immaginazione, la propria ispirazione e non è mai schiavo del proprio modello. E forse Emilia Perez (nelle sale cinematografiche italiane con Lucky Red a partire dal 9 gennaio) rappresenta la sua sfida più audace e rischiosa. Una scommessa vinta almeno a giudicare dai premi ottenuti, ovvero Prix d'interprétation féminine a Karla Sofía Gascón, Selena Gomez, Adriana Paz e Zoe Saldana e Premio della giuria al Festival di Cannes e quattro Golden Globe: Miglior film commedia o musicale, migliore attrice non protagonista, Migliore canzone originale e miglior film straniero.
Tra la bella e la bestia
Tuttavia, al netto dei meritatissimi riconoscimenti, non siamo di fronte al consueto lungometraggio pensato a uso e consumo dei critici, dei cinephile, o dei frequentatori delle kermesse cinematografiche. Emilia Pérez riesce nel miracolo di parlare a tutti, Un mix esplosivo che centrifuga i generi, dal musical al thriller, dal gangster-movie al melodrammaalla Almodovar, e indaga il presente in cui viviamo, senza retorica o ammiccamenti. Attraverso le parole, la musica, la danza, uno specchio sulle contraddizioni dell’essere umano, tra demonio santità, tra la Bella e la bestia, tra amore e morte, tra verità e menzogna. Un abbacinante esempio di cinema popolare nel senso più alto del termine. Spesso grazie alla finzione, all'eccesso al barocco , all'estremo si riesce a strappare il velo di Maya e cogliere l'essenza della realtà
Emilia Pérez, il Messico come State of Mind
ÈÈ un Messico senza nuvole quello rappresentato in Emilia Perez. È non è neppure la faccia triste dell’America. Eccezionalmente ricostruito in un teatro di posa di Parigi, il Paese di Frida Kahlo e Pancho Villa è uno “State of Mind”. Una brulicante, fragorosa e vivida Babele in cui si manifesta lo spettro tutte le principali emozioni umane: gioia, fiducia, paura, sorpresa, tristezza, aspettativa, rabbia e disgusto. Non a caso il film inizia con una voce proveniente da uno sgarrupato autoparlante che strepita: “Compriamo materassi, reti, frigoriferi, pentole, lavatrici, forni a microonde” e termina con una dolente processione. Tra questi due estremi si dipana la via crucis di Manitas Del Monte, feroce boss di uno dei più potenti cartelli messicani della droga deciso a cambiare sesso per trasformarsi nella donna che ha sempre sognato di essere. L'uomo odora di metzcal, ma vorrebbe profumare di miele. Per esaudire la propria volontà il narcos si rivolge a Rita Moro Castro, talentuosa, ma sottostimata avvocatessa di uno studio di Città del Messico. Ma l’impresa si rivelerà molto più difficoltosa del previsto perché il criminale ha due figli a cui è legatissimo e una moglie, Jessi, che ambisce a rifarsi una vita. E si sa: bisogna sempre stare attenti a ciò che si desidera, perché si corre il rischio di ottenerlo.
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Emila Pérez cambia pelle come il serpente piumato Quetzalcóatl
Inizialmente pensato come un’opera lirica, il lungometraggio di Audiard è una pellicola che cambia pelle, parimenti al suo protagonista. Simile a Quetzalcóatl, il dio serpente della mitologia mesoamericana, Emila Pérez ti avvolge nelle sue spire e ti trascina in mondi sempre nuovi e differenti. È un musical anomalo, sorprendente, privo di stucchevoli siparietti e corrivi tormentoni. Una fulgida epifania di parole cantate, di coreografie che rimandano al teatro danza. Ma non mancano le sequenze action, le pallottole che si mescolano ai baci, gli omaggi al melodramma alla Almodovar che sfociano nella soap opera. Grazie a questo abbacinante caleidoscopio di generi, l’opera riesce a parlare di mascolinità tossica, di inclusione, di transgender, della libertà di diventare ciò che si è, senza mai salire in cattedra. Il film affronta attraverso la musica anche una tragedia epocale come quella dei desaparecidos in Messico, che secondo i dati pubblicati a marzo sono quasi 100mila. Insomma, con la forza dell’arte cinematografica, il regista orchestra una sinfonia polifonica, una danza, talvolta macabra in cui il privato abbraccia il pubblico, la ragione volteggia con il sentimento.
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4 star: Karla Sofía Gascón,Zoe Saldana, Selena Gomez, Adriana Paz
Se il film vince la sua improba sfida il merito è soprattutto del cast. Karla Sofía Gascón, attrice transgender è talmente brava da riuscire a commuovere e coinvolgere lo spettatore anche quando recita di spalle. Basta pensare alla sequenza in cui il boss Manitas, terminata l’operazione, seduto sul letto nella camera della clinica si infila il reggiseno e pronuncia la battuta: “Sono la signora Emilia Perez. Piacere”, Una scena che possiede tutta la malia del quadro Sole di mattina dipinto da Hopper. Zoe Saldana, in virtù dei suoi trascorsi da ballerina, è protagonista dell’incredibile scena ambientata durante il galà di beneficenza. Sulle note di El Mal, premiata ai Golden Globe come miglior canzone originale, l’attrice americana, di padre domenicano e madre portoricana, ci offre una performance da Emmy. Un grido di rivolta contro i poteri forti, la corruzione dilagante, l’ipocrisia strisciante a cui è impossibile restare indifferenti. Ragguardevole pure l’interpretazione di Selena Gomez. La Mabel della fortunata serie Only Murders in The Building riesce a colorare di infinte sfumature il personaggio di Jessi, infelice consorte del boss del narcotraffico che sogna di diventare una reina. Con i capelli tinti di biondo, inguainata in un abito a fiori, l’ex star della Disney si esibisce nello struggente Mi Camino in cui rivendica l’importanza di amare se stessi. Last but not least, la star messicana Adriana Paz incarna alla perfezione Epifania, la donna con cui Emilia Perez per la prima volta fa l’amore con amore.
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Aveva ragione Van Gogh
Il compositore francese Clemente Ducol insieme alla compagna, la cantante Camille, firmano una colonna sonora simile a una sorta di inestimabile e originalissimo fil rouge, piacevolmente contaminato da incursioni pop come Supreme di Robbie Williams e Papi Chulo, Ma il capolavoro è Las Damas que Pasan, fanfara funubre sui cui si chiude il film. Una commovente rielaborazione di Les Passantes di George Brassen, Un ballata che termina con questi versi: “A quella che non smetterò di amare, a quella con cui non ho finito di ballare, offro un mazzo di fiori”, Aveva proprio ragione Van Gogh, nessun fiore cresce sulle strade note e bazzicate. E il percorso di Emilia Perez è un viaggio meravigliosamente inaspettato e raro.