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April, il dolente film georgiano premiato alla Mostra del cinema di Venezia

Cinema

Premio speciale della giuria per l'opera seconda della regista Dea Kulumbegashvili. Con stile asciutto ed evocativo, una pellicola sull'aborto clandestino praticato su donne che non hanno facoltà di decidere del proprio corpo

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April non è un film leggero. Ma a volte è necessario non edulcoare la verità. Con April, la regista e sceneggiatrice georgiana Dea K'ulumbegashvili  parla di un tema complesso e difficile da raccontare soprattutto sul grande schermo: l'aborto clandestino. Tra trascendenze alla Robert Bresson e inquadrature fisse, la pellicola si è aggiudicata il Premio speciale della giuria alla 81.ma Mostra del cinema di Venezia. Questa la trama: un neonato durante il parto, l’etica e la professionalità di Nina, una ginecologa, vengono messe sotto esame per via di voci secondo cui eseguirebbe aborti illegali per chi ne ha bisogno. La cineasta ha descritto così il suo lavoro: "Il viaggio di una donna per accettare sé stessa, nonostante l’infinito abisso che affronta".

Le parole della regista

"Il mio obiettivo con April era di esplorare e analizzare la dicotomia e la convergenza tra esistenza e femminilità - ha detto la regista Dea K'ulumbegashvili -. Questo mi ha naturalmente portata ai temi della nascita e della morte. La storia inizia con una donna singolare, un personaggio intriso di una certa qualità epica. Una persona in grado di sopportare sofferenze e incanalare quel dolore nelle scelte e ambizioni della sua vita. Nonostante questo, resta con i piedi per terra e ben separata dal resto del mondo. Con “epico” non intendo lo stile narrativo, ma la vasta portata della vita e dell’esistenza di un individuo.
Il film approfondisce gli aspetti tangibili e terreni della vita, nonché le dimensioni enigmatiche e inspiegabili dell’essere. Nina vive la vita austera di un medico, rischiando la propria serenità per fornire aborti illegali a chi ne ha bisogno. Incontra le donne nei loro momenti più intimi, in preda a un travaglio straziante quando stanno per diventare madri o durante aborti dolorosi e clandestini di nascosto dalla famiglia. Nina è un personaggio che ama universalmente ma non ama nessuno in particolare. Possiede un’empatia sconfinata ma fa fatica a stabilire legami personali. Spinta unicamente dalla propria missione, non desidera e non ha bisogno di nulla per sé. Alla fine si ritrova però incapace di contribuire a un vero cambiamento".

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