I'm still here, dittatura, lacrime e sangue. La recensione del film in concorso a Venezia

Cinema
Gabriele  Acerbo

Gabriele Acerbo

A 20 anni dal celebre I diari della motocicletta, Walter Salles torna con I'm still here, tratto dal romanzo del figlio di un desaparecido durante la dittatura militare in Brasile. Un film teso ed emozionante, in corsa per il Leone d'oro, con una straordinaria prova d'attrice per Fernanda Torres, madre coraggio in cerca della verità

 

A 20 anni dal celebre I diari della motocicletta, Walter Salles torna con I'm still here, tratto dal romanzo del figlio di un desaparecido durante la dittatura militare in Brasile. Un film teso ed emozionante, in corsa per il Leone d'Oro (SEGUI LA DIRETTA - GUARDA LO SPECIALE), con una straordinaria prova d'attrice per Fernanda Torres, madre coraggio in cerca della verità.

LA TRAMA DEL FILM

È il film che ha fatto piangere la Mostra del Cinema: una storia vera su una delle pagine più buie del Brasile, quella che portò al sequestro e l'uccisione di migliaia di persone, sospettate di terrorismo, ad opera del regime militare. Per raccontare una vicenda tanto dolorosa Walter Salles - assente dal grande schermo da 12 anni - sceglie il punto di vista della famiglia Paiva, amici di famiglia del regista.mSiamo nel 1971. Nonostante la dittatura, la famiglia Paiva è felice: c'è il capofamiglia Rubens, ingegnere ed ex-deputato laburista, la moglie Eunice e poi i cinque figli, quattro femmine e un maschio, Marcelo (l'autore del libro che ha ispirato il film). Abitano in una grande casa a Rio de Janeiro, la spiaggia è a due passi, gli amici vanno e vengono. Il passaggio delle camionette dei militari e i posti di blocco non turbano più di tanto la vita spensierata e solare dei Paiva. Ma un giorno Rubens viene portato via per un interrogatorio e un gruppo di uomini dell'esercito occupa la casa, coabitando in modo tutt'altro che rassicurante con gli altri membri della famiglia. Anche Eunice e una delle figlie subiranno torture psicologiche durante i lunghi giorni di prigionia ma, a differenza di Ruben, torneranno a casa.

 

 

Eunice la combattente

Pur sapendo di essere controllata a vista e spiata telefonicamente dal regime, a Eunice toccherà il compito di tenere salda la famiglia e al tempo stesso lottare per far tornare il marito a casa, attraverso richieste alle autorità e vari sotterfugi. Quando saprà ufficiosamente che il marito è stato ucciso, insisterà nella sua battaglia proteggendo i propri figli. Eunice è una figura femminile enorme e tragica, il cui impegno civile è andato anche oltre la richiesta di giustizia per il marito (sono sue le battaglie contro lo sfruttamento di suolo in Amazzonia). E la mostruosa performance attoriale di Fernanda Torres - che ha tutti i numeri per vincere la Coppo Volpi -  l'ha resa indimenticabile.

 

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Tensione e lacrime

Salles è molto abile ad agganciare lo spettatore: sia per la bravura degli attori, formidabili, anche i più piccoli, sia perchè la lunga parte iniziale del film - prima che il capofamiglia esca di scena - è un ritratto empatico, emozionante e preciso di una famiglia colta nella sua quotidiana serenità. E l'abilità del regista si riscontra nella capacità di mantenere una tensione costante, da grande thriller, senza mai scadere in effettacci, facendo solo intuire la brutalità dell'operato dell'esercito sui civili. Quando, al termine di uno spettacolo di oltre due ore, scorrono i titoli di coda mentre vediamo sfilare le fotografie dei reali protagonisti questa vicenda, a stento si trattengono le lacrime. Perchè quello di Salles non è solo un atto di amore verso il suo Paese ma anche un monito universale contro le ingiustizie e contro la barb

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