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Oliver Stone, tutta l'’opera del “Watchdog” del cinema raccontata in un libro

Cinema

Paolo Nizza

Scritto da Mirko Tommasi e pubblicato da Shatter Edizioni un sorprendente e anticonvenzionale saggio che analizza la filmografia del regista americano, tra lungometraggi di fiction e documentari

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Da Seizure (1974) a Nuclear (2022), andata e ritorno. Ma non è un viaggio organizzato quello architettato da Mirko Tommasi (storico dello spettacolo, saggista e curatore di una guida web che porta il suo nome). Si tratta invece di un’avventura pericolosa e affascinante. D’altronde il cinema di Oliver Stone non è un villaggio vacanze, come la rivoluzione non è un pranzo di gala. E grazie alla lungimiranza e al coraggio di Shatter Edizioni che ha pubblicato il volume, abbiamo la possibilità di perderci nelle opere di un cineasta geniale e non riconciliato. Un battitore libero, una scheggia impazzita, un watchdog per l’appunto, attento cane da guardia della società, capace con le sue pellicole di sparigliare le carte, di scardinare certezze, di fustigare corrivi luoghi comuni. Non a caso il Los Angeles Times una volta definì il regista di Platoon e Wall Street, “l’uomo più pericoloso d’America”, mentre Anthony Hopkins nella quarta di copertina dell’autobiografia di Stone Cercando la luce, scrive : “Provoca indignazione. Suscita polemiche. Non ha rispetto per i luoghi sicuri. Oliver Stone è più grande della vita.”

Oliver Stone come il cubo di Rubik

Oliver Stone è un enigma, un rompicapo come il cubo di Rubik che compare all’inizio di Snowden, l'ultima opera di fiction firmata dal regista nato a New York il 15 settembre 1946. Una sciarada dalle molte facce e dai tanti colori. Un cineasta capace di citare in esergo una frase dell’Ecclesiaste (“Rallegrati pure, o giovane, nella tua giovinezza…”) come accade in Platoon  ma pure di nominare Madame Curie  (“Non bisogna temere nulla, bisogna solo capire") per iniziare il suo reportage incentrato sui benefici dell’energia nucleare. “La fortuna aiuta gli audaci". diceva Virgilio, menzionato nei titoli di testa di Alexander. E l’autore del libro risulta assolutamente intrepido. Tommasi possiede gli strumenti critici e il giusto afflato (il drugo Alex: “i cervelluti si affidano all’ispirazione") per affrontare e risolvere il rebus chiamato Oliver Stone. Senza cadere in un’apologia d’accatto, il libro non lesina appunti alla filmografia del regista americano, tuttavia riconosce sempre al cineasta americano di essere un battitore libero, di sedersi sempre dalla parte del torto perché tutti gli altri posti sono occupati (spesso dai solito noti…).

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come i quadri di Van Gogh

Su un campo da football, nella giungla del Vietnam, nei grattacieli del Financial District di Downtown Manhattan, Stone squarcia il velo di Maya, e ci mostra il re nudo. Basti pensare alla carica sovversiva dei Natual born killers Mickey e Mallory Knox. Si può non essere d’accordo con le tue tesi, ma è innegabile che la sua dialettica sia degna di Aristotele. Con  il ritmo avvolgente di una canzone dei Doors, pagina dopo pagina, attraversa tutta l’opera di Stone, evidenziando pregi e difetti. Dalle controverse interviste a Fidel Castro, Hugo Chavez, Vladimir Putin ai lungometraggi candidati agli Oscar come Nato il 4 luglioSalvador, Nixon -Gli Intrighi del potere, il caso Oliver Stone risulta ancora aperto. Perché, per citare le parole di Tom Cruise: “Oliver è il regista di Van Gogh. I suoi film sono intensi, vibranti, esplosivi, implacabili (…) proprio come il pittore”.

 

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