Dune - Parte Due è su Sky Primafila Premiere. La recensione del film con Chalamet

Cinema
Paolo Nizza

Paolo Nizza

Dal 16 aprile su Sky Primafila Premiere è disponibile il sequel del kolossal tratto dalla saga letteraria scritta da Frank Herbert. Un'ipnotica epifania impreziosita da un cast che oltre a Javier Bardem, Rebecca Ferguson, Charlotte Rampling, Josh Brolin, Dave Bautista, vede la presenza delle new entry Austin Butler, Christopher Walken, Florence Pugh, Lea Seydoux

“Questo è solo l’inizio". Su questa sentenza pronunciata da Chani Kynes la volitiva Fremen interpretata dalla talentuosissima Zendaya si chiudeva il primo capitolo della saga cinematografica tratta dal primo romanzo dell’epopea scritta da Frank Herbert, uscito in sala 2021. E da martedi 16 aprile è disponibile su Sky Primafila Premeire  Dune – Parte Due. E finalmente, il deserto si manifesta in tutta la sua sorprendente forza. La pellicola avrebbe dovuto essere distribuita al cinema  primi di novembre del 2022. Tuttavia, a causa dello sciopero degli sceneggiatori e degli attori hollywoodiani l’uscita nelle sale è stata posticipata. Ma l’attesa è stata pienamente ripagata. Il film è un’ipnotica epifania per gli occhi e per le orecchie. Un lungometraggio che mozza il fiato allo spettatore. Il regista Denis Villeneuve non ha timore di pensare in grande, perché la paura uccide la mente. Così, il lungometraggio ci porta alla scoperta dei molti segreti celati tra le ombre del pianeta Arrakis. Un’opera che inebria con la sua bellezza e la sua potenza, parimenti alla preziosissima Melange. Si sa, "chi ha il potere sulla spezia ha il potere su tutto”. L’importante è gustarsi quest’opera su uno schermo adeguato. Altrimenti è come bere un Martini cocktail non sufficientemente raffreddato in un triste bicchierino di plastica. Insomma, un autentico abominio.

Timothée Chalamet, l'eroe di cui Dune ha bisogno

 

In Dune -  Parte Due, Paul Atreides non è più un imberbe ragazzo che si nasconde in un buco. L’eroe si è trasfigurato in Kwisatz Haderach, il messia annunciato dalle streghe Bene Jesserit. Il figlio del duca Leto è Lisan al Gaib, l’eletto  atteso dal popolo Fremen. Lo zazzeruto condottiero risponde al nome di  Muad'dib Usul, il topo delle piramidi, resistente come la base di un pilastro. Ma nella saga immaginata da Herbert, il confine tra bene e male è più sottile del grafene. Paul presagisce un futuro rosso sangue. Una guerra santa che divamperà in tutto l’universo come un fuoco inarrestabile. Una religione guerriera con lo stendardo di casa Atreides che garrisce al vento. Forse, il giovane eroe è un mostro che crede nella vendetta, a differenza di suo padre. E il suo viaggio potrebbe trasformarsi in un periglioso percorso di morte. Arrakis avrebbe potuto essere il paradiso, ma rischia di somigliare all’inferno. E Timothée Chalamet risulta l’interprete perfetto per incarnare un’anima divisa in due: l’attore è Il Paul Atreides che ci meritiamo e di cui Dune aveva bisogno. Tra la cognizione del dolore e l’amore per la fremen Chani, il guerriero sa di essere, nonostante tutto, l’alternativa al caos, l’antidoto contro la tempesta. Come recita un antico proverbio arabo: “Il destino ti aspetta sulla strada che hai scelto per evitarlo” 

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Zendaya e Anya Taylor-Joy alla première di Dune: Parte II. FOTO

Denis Villeneuve cavalca il verme dI Dune

Per citare la battuta pronunciata da Gaius Helen Mohiam, (Charlotte Rampling)  la reverenda madre e veridica dell'imperatore “Le Bene Jesserit non sperano, ma pianificano". E Dennis Villeneuve, grazie alla sua formidabile squadra tecnica ha messo a punto una macchina perfetta. I 165 minuti scorrono veloci e gratificano lo spettatore. A volte si ha la sensazione  di essere a cavallo del ciclopico Shai-Hulud, il mitico verme delle sabbie. Ci si perde molto volentieri nella lisergica e rarefatta prima parte del film per poi emozionarsi tra scontri e battaglie. Tra mietitrici e ornitotteri, l’aquila della casata degli Atreides, vola altissimo. Villeneuve mette il sigillo su un film che riscrive la storia del cinema di fantascienza. La cinepresa del cineasta non si scheggia né si spezza e il regista vince il gioco, la partita e l’incontro.

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Austin Butler e i villain di Casa Harkonnen

In Dune - Parte due, la casa Harkonnen detiene il potere e spadroneggia su Arrakis. Ma niente è per sempre, in special modo la tirannia. Sicché per arginare i Fremen e Paul Atreides, il barone Wladimir Stellan Skarsgård gioca il Jolly, ovvero Feyd-Rautha   fratello di Glossu Rabban (Dave Bautista). Senza nulla togliere a Sting, che nel film diretto da David Lynch vestiva i panni del malevolo villain, Austin Butler (già protagonista di Elvis e della serie tv  Masters of the air  buca lo schermo come si diceva una volta. La sequenza in bianco e nero in cui nell’agone del pianeta Gedi Primo combatte sulla falsariga degli antichi gladiatori risulta una delle scene più straordinari e indimenticabili del film. Pare Olympia di  Leni Riefenstahl. Quanto può essere terrificante il trionfo della (malvagia) volontà?

 

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Aspettando Dune - Parte 3

Insieme a Stilgar, capo della tribù dei Fremen del sietch Tabr, interpretato da uno Javier Bardem capace di restiturci la magnifica ossessione di un guerriero perso nella fede e a una Lady Jessica dal volto istoriato, a cui la versatile Rebecca Fergusson dona tutta l’amore di una madre per un figlio, costretto a seguire il proprio fato, Dune -  Parte Due ci offre alcune new entry di assoluto rilievo. A partire da Christopher Walken, carismatico e regale nel ruolo di Shaddam IV, imperatore della Galassia appartenente alla casa Corinno Efficace pure la performace di Florence Plugh che recita il ruolo della principessa Irulan Corrino, futura sposa di Paul Atreides. Last but not Least, Lea Seydoux è la crepuscolare ed enigmatica Lady Margot Fenring,  adepta Bene Gesserit e moglie del conte Hasimir Fenring. Ma in fondo nella saga cinematografica di Dune, il tutto è maggiore della semplice somma delle parti. E siccome non siamo Bene Jessit speriamo in un terzo capitolo: per immaginare la sabbia trasformata in acqua e, per tuffarci senza raggiungere il fondo. Perché i sogni sono messaggi dal profondo

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