Masters of the Air, la recensione del primo episodio della serie tv

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Gabriele Lippi

Gabriele Lippi

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La serie prodotta da Steven Spielber ge Tom Hanks completa la trilogia della Seconda Guerra Mondiale dopo Band of Brothers e The Pacific. Con un eccellente cast capitanato da Austin Butler e Callum Turner. Disponibile su Apple TV+ (visibile anche su Sky Glass, Sky Q e tramite app su NOW Smart Stick) dal 26 gennaio. La recensione

Dopo i paracadutisti di Band of Brothers e i marines di The Pacific (entrambe le serie sono in su Sky e NOW) Spielberg e Hanks completano la loro trilogia con gli aviatori di Masters of the Air. La serie, che esce oggi 26 gennaio su Apple TV+ (visibile anche su Sky Glass, Sky Q e tramite app su NOW Smart Stick), è stata presentata in anteprima il 25 gennaio all’Anteo Palazzo del Cinema, con la proiezione di un primo episodio che di introduttivo ha ben poco e ha il pregio di precipitare immediatamente lo spettatore nell’azione e nei combattimenti della Seconda Guerra Mondiale.

IL PROLOGO

La parte iniziale è dedicata alla presentazione dei due protagonisti, Bucky (Callum Turner) e Buck (Austin Butler). Amici e commilitoni, li incontriamo a una festa prima di partire per il Regno Unito, dove la loro unità, il 100° Gruppo Bombardieri dell’Air Force statunitense, farà base per una serie di incursioni volte a indebolire l’esercito tedesco e “portare la guerra da Hitler”.

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DUE PROTAGONISTI VICINI E DIVERSI

Bucky e Buck sono il perno intorno al quale ruotano tutte le vicende, l’anima della serie, e lo si capisce da subito. Uno il riflesso in negativo dell’altro: cinico il primo, che flirta con la morte alla ricerca di un senso che la sua vita sembra aver perduto; romantico e sentimentale il secondo, che attacca la fotografia della fidanzata sulla fusoliera del proprio bombardiere prima di partire per la sua prima missione contro i tedeschi. Bucky e Buck condividono tutto, persino il nome o quasi, ma non potrebbero essere più diversi tra loro, totalmente disincantato il primo, ancora capace di provare stupore e paura il secondo.

CAST ECCELLENTE E BUDGET ALTO

Masters of the Air è costruito attorno a loro, col supporto di un cast complessivamente eccellente che conta tra gli altri anche su Barry Keoghan (premio BAFTA come migliore attore non protagonista per Gli spiriti dell’isola) e Ncuti Gatwa (Sex EducationDoctor Who), ma anche su un budget di 300 milioni di dollari che, a giudicare dal primo episodio, non potevano essere spesi meglio.

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LA REGIA DI FUKUNAGA

La resa delle scene aeree è straordinaria, con una computer grafica su livelli insolitamente eccellenti per una produzione televisiva (ma, ahimè, anche per gran parte delle produzioni cinematografiche mainstream), merito anche della regia di Cary Joji Fukunaga (True Detective) che dirige magistralmente il primo e altri tre episodi, portando lo spettatore all’interno dei giganteschi velivoli quadrimotore e dentro il dramma personale di chi ne occupava la carlinga.

SPETTACOLARE MA NON SPETTACOLARIZZANTE

Il grande merito di Masters of the Air pare essere quello di riuscire nell’intento di essere spettacolare senza spettacolarizzare la guerra, la morte e lo sterminio. Di toccare profondamente i sentimenti dello spettatore, commuovendolo quando è il momento di farlo, senza dimenticarsi mai di puntare su un’eccellenza visiva mai barocca, poggiandosi sulla straordinarietà di un comparto tecnico che esalta la qualità di costumi, scenografie e fotografia.

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UNA NARRAZIONE CLASSICA

Steven Spielberg e Tom Hanks chiudono la loro trilogia con una serie che sceglie, fin da quei titoli di testa dall’aspetto vintage, una narrazione classica di quella che forse è l’unica guerra universalmente riconosciuta come “giusta”, quella combattuta contro Hitler e il nazismo, l’unica in cui la distinzione tra bene e male sia mai stata tanto netta. E sembra riuscirci pienamente.

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