Tratto da un bestseller di Karine Tuil, il film arriva in prima visione su Rai 3 giovedì 11 gennaio. Al centro della trama, un ragazzo, la figlia del compagno della madre e un'accusa di stupro
L'accusa, l’adattamento del romanzo Le cose umane di Karine Tuil, arriva in prima visione su Rai 3 giovedì 11 gennaio.
Al centro della vicenda, un ragazzo e una ragazza. Lei accusa lui di stupro, e le loro vite vengono scandagliate. Chi sono, quei ragazzi? Il colpevole è davvero colpevole? La vittima è davvero una vittima? Minuto dopo minuto, tutto crolla e vacilla. Lo fanno le famiglie, lo fanno gli eventi, lo fanno le convizioni. Qual è la verità?
La trama di L'accusa
Alexandre, che ha il volto di Ben Attal, è uno studente d'ingegneria dell'Università di Standford. Ha ottimi voti, e un'apparenza perfetta. Suo padre è il conduttore televisivo Jean Farel (Pierre Arditi), sua mamma l'intelletuale e femminista Claire (Charlotte Gainsbourg). I due sono separati da tempo, ma non sono soli. Claire vive con Adam Wizam, padre di Mila. Quando Alexandre termina gli studi e torna a casa, la mamma lo invita a cena per presentargli il compagno e la di lui figlia. I ragazzi fanno amicizia, e decidono di andare insieme a una festa. Ma qualcosa di grave succede. Al risveglio, Alexandre viene arrestato con l'accusa di aver violentato Mila. Iniziano così le indagini, e iniziano le domande: la violenza c'è stata, o è forse una vendetta? Quanto contano le differenze di credo e di classe, e quale ruolo giocano i mass media?
La preparazione del regista
Yvan Attal, il regista, ha raccontato di essere stato attratto sin da subito dal romanzo di Karine Tuil. Lo interessava la scrittura, lo interessava la storia. "Mi ha commosso l’imputato (nel quale potevo rivedere mio figlio), mi ha commosso la vittima (nella quale potevo rivedere mia figlia)", ha confessato, raccontando di essersi calato senza troppa fatica nei panni di quei genitori devastati. Così, ha scelto di lavorare di fino. Ha costruito la storia, e i suoi personaggi, per creare affezione ed empatia. Ha provato a raccontare i ragazzi dietro il presunto colpevole e la presunta vittima, per rispondere a due domande: perché lei crede d'essere stata stuprata? Perché lui crede che fosse consenziente? Perché la sua sceneggiatura fosse credibile, Attal ha parlato con giudici, poliziotti e avvocati. Perché il romanzo era un'ottima base, ma gli serviva la realtà. Quella dell'aula di processo, dove il silenzio è carico di tensione, e la teatralità degli avvocati colpisce forte. Impossibile non uscire scossi, da un processo di stupro. Anche se si è solo spettatori, e quel processo lo si vede in tv.