L’Opera secondo Dario Argento, tra Macbeth, musica e morte. La recensione del libro
Cinema ©WebphotoScritto da Fabio Giovannini e pubblicato da Shatter Edizioni, un sorprendente viaggio alla scoperta di "Opera", il lungometraggio uscito al cinema nel 1987. Un film che lo stesso regista considera “il suo più feroce ed efferato”
“Passato è il tempo, in cui schizzato il cerebro, un uomo moriva”. E uno dei versi più noti di Macbeth di William Shakespeare. E la tragedia scritta dal Bardo, nella versione orchestrata Giuseppe Verdì è il filo rosso sangue che scorre attraverso Opera lungometraggio firmato da Dario Argento nel 1987. Il volume vergato con maestria dallo scrittore e giornalista Fabio Giovannini e pubblicato da Shatter Edizioni risulta, quindi, una sorta di avvincente guida che ci conduce alla scoperta dei molteplici aspetti della pellicola più ambiziosa diretta dal maestro italiano del brivido. Come in una partitura musicale, tutte le sezioni che compongono il film, dal cast alle location, risuonano, pagina dopa pagina e trasportano il lettore nel barocco e fascino incubo argentiano tra velluti rossi, cuori pulsanti, mani guantate, scale a chiocciola, occhi che uccidono.
Tra difficoltà, censure e depressione
Con precisione e stile, Giovannini ci narra le origini di Opera. Talvolta, si sa l’ispirazione nasce dalla delusione. Sicché il mancato allestimento del Rigoletto diretto da Dario Argento allo Sferisterio di Macerata (troppo horror la versione del maestro del terrore con il Duca di Mantova trasformato in Vampiro) diventa lo spunto per ambientare un thriller nel mondo della lirica. Certo, la genesi del film risulterà assai tortuosa e ostica. A partire dalla scelta della protagonista (in principio avrebbe dovuto essere Giuliana De Sio) passando per i contrasti sul set con la giovane Cristina Marsillach, sino ai problemi con la commissione di censura. Tant’è che Argento, terminato il film cade in depressione. Non vuole più sentir parlare di Opera, anche pellicola è legata al ricordo del padre Salvatore, scomparso durante la pre-produzione. Ma in tempi recenti, il regista si è riconciliato con la sua creatura e ha definito il lungometraggio uno dei suoi più riusciti.
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La morte all'opera
Gli aghi sotto gli occhi. ispirati dalla cura Ludovico a cui è sottoposto il Drugo Alex di Arancia Meccanica. Il volo dei corvi che attraversano il teatro regio di Parma, una sequenza complicatissima e assai costosa. Il proiettile nello spioncino che colpisce l’occhio del personaggio interpretato da Daria Nicolodi. Il finale naturalistico ambientato tra le alpi svizzere. Sono le scene madri di Opera, che il libro disseziona con la precisione di un entomologo. E grazie al florilegio di aneddoti, dettagli, dichiarazioni, analisi riflessioni e alla notevole intervista rilasciata da Dario Argento e datata 1987 che chiude il volume, il film si ammanta di una luce nuova. E viene voglia di rivedere le disavventure di Betty giovane soprano esordiente perseguita da un morboso maniaco incappucciato, al netto della schidionata di sventure che hanno funestato la pellicola (c’entrerà qualcosa la sinistra maledizione legata al Macbeth?).
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Un mondo pazzo e selvaggio
Da Maria Callas che intona l’imperitura aria Casta Diva a From The Beggining di Brian Eno, da La Traviata a Madama Butterly, da Crows Del Maestro Claudio Simonetti,da Knights of the Night eseguita dal gruppo hevay metal italiano Steel Grave, il terrore corre su filo della musica e della memoria. Uscito in sala intorno Natale (d’altronde con Profondo Rosso, il regista ci ha insegnato che pure sotto l’albero addobbato la morte si manifesta) Opera trova nella forse nelle parole di Dario Argento (rilasciate prima dell’uscita al cinema) la sua definizione più calzante: “E’ un film complicatissimo, pieno di arditezze tecniche e cose nuove. È un film tutto particolare, ambientato in un mondo che io giudico un po’ pazzo e selvaggio-”