Intervistato da Gianni Canova durante le celebrazioni di "Sky 20 anni", il regista italiano ha parlato del suo nuovo film e del ruolo politico e sociale della Settima Arte. Ecco un estratto dei suo intervento
IL regista Paolo Virzì ha partecipato oggi a un incontro nell’ambito delle celebrazioni di “Sky 20 anni”. (LA DIRETTA). IIn un faccia a faccia con il critico Gianni Canova, Virzì ha parlato del suo lavoro, del suo nuovo film in lavorazione, ‘Un altro ferragosto’ e del ruolo sociale e politico della settima arte. In testa all'articolo un estratto dei loro interventi al Museo Nazionale Romano – Terme di Diocleziano, a Roma.
Il Cinema può cambiare il mondo
Cambiare il mondo con il cinema - ha spiegato il regista -“era la speranza di quel ragazzo che andò da Livorno a Roma con il suo bagaglio. Il cinema, soprattutto quello popolare, in Italia è stato importante. Sono convinto che un certo grande cinema italiano della stagione dorata, dal Neorealismo fino ai migliori autori della Commedia all’italiana, ha svolto un compito civile di democratizzazione del Paese, di racconto, specchio, sguardo su di noi, che ci ha riscattato agli occhi del mondo. Venivamo da un ventennio oltraggioso, eravamo stati gli inventori di una dittatura che poi era stata copiata in Spagna e in Germania ed eravamo un Paese pieno di macerie. Se adesso gli italiani sono considerati rispettabili e anche simpatici nel mondo lo devono a un pugno di pochi, grandi autori”.
approfondimento
Silvia D'Amico, Carlotta Gamba e Beatrice Grannò a Sky 20 anni
La politica sul grande schermo
Parlando poi di come il cinema italiano racconti la politica, ricorrendo più spesso del cinema americano all’utilizzo di maschere per parlare dei grandi protagonisti, Virzì ha spiegato che in Italia “ci sono però eccezioni interessanti. A me interessa molto il racconto della politica vista da dietro le quinte, penso a ‘Bob Roberts’ di Tim Robbins, che racconta la campagna elettorale di un candidato populista. Perché noi non lo facciamo? Forse c’è una spiegazione che non riguarda solo il cinema, ma anche il nostro discorso pubblico, la nostra scena mediatica”.