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Pupi Avati ospite a Sky 20 anni: “Il cinema italiano si sta riprendendo" VIDEO

Cinema

Il regista bolognese con Michela Andreozzi e Walter Veltroni ha partecipato al talk “Quali storie per il cinema italiano?” nell’ambito delle celebrazioni di “Sky 20 anni”. Ecco un estratto dei loro interventi. VIDEO

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Nel più grande complesso termale dell’antichità, ovvero le Terme di Diocleziano, sono sbarcati gli studi televisivi di Sky, per celebrare l’anniversario dei vent’anni di attività (LA DIRETTA). E naturalmente tra i tanti eventi in programma non poteva mancare uno spazio dedicato al mondo del cinema. In occasione del talk “Quali storie per il cinema italiano?” sono intervenuti Michela Andreozzi, Pupi Avati e Walter Veltroni. Durante il dibattito, i tre autori, stimolati dal critico Gianni Canova, hanno risposto alla domanda se il cinema oggi sia più orientato alla nostalgia che al futuro nelle storie che racconta.

Pupi Avati: "ll cinema italiano si sta riprendendo in qualità e ambizione"

Per il regista bolognese “il cinema dovrebbe in qualche modo tornare ad avere quella sfrontatezza, probabilmente non è coincidente con gli eventi, tuttavia il suo compito è anche quello, si compra un biglietto del cinema per essere anche, in qualche modo, confortato e rassicurato. Tuttavia “insegnando nelle scuole di recitazione conosco bene i giovani di oggi, so bene come siano perennemente scoraggiati da un’infinità di proposte che tendono a dirci tutto il male possibile di questo Paese. Siamo in una condizione così penalizzante che è difficile chiedere loro di rimettere in piedi i sogni della mia generazione”. Avati ha spiegato anche di avere “la sensazione che il cinema italiano si stia riprendendo in un modo straordinario nella sua qualità, nella sua ambizione. Stanno tornando gli autori, ci sono nuove generazioni di autori straordinari e riconosco loro che, dopo alcuni decenni di commediole molto ripiegate su loro stesse, si è tornati ad avere un’ambizione qualitativa, personale, identitaria molto forte”.

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Michela Andreozzi: “Dobbiamo mantenere il pensiero ottimista”

Per l’attrice e regista Michela Andreozzi à fondamentale “mantenere giovane il pensiero ottimista. Questa credo sia la nostra responsabilità. Io sono un’inguaribile ottimista, non potrei mai prescindere dall’idea di dare una possibilità di sollievo attraverso il cinema, la possibilità di far respirare chi vede e di dire che c’è una strada da percorrere, o se non c’è qualcuno ci crede al posto mio”.

Walter Veltroni : “ll cinema racconta ciò che è meno conosciuto, serve realtà ma anche fantasia”

Per il regista Walter Veltroni “oggi la televisione e i social sul presente dicono tutto, a volte anche troppo, per cui non c’è nulla di male se il cinema va a caccia di ciò che è meno conosciuto, e ciò che è meno conosciuto sono il passato e il futuro. L’importante è che siano storie cariche di realtà e di fantasia, perché il cinema è questo”

Parlando invece di come il cinema racconta i temi del lavoro, Andreozzi ha detto : “l’approccio al mondo del lavoro, come tema nel cinema, è un approccio che si è perso, fino alla fine degli anni ‘70, inizio anni ’80. Penso che in questo momento ci sia una sorta di pudore e vergogna nel trattare certi argomenti, come se questa moda dell’aspirazionale che abbiamo importato dall’America, di parlare di mondi a cui aspirare, abbia un po’ cancellato la possibilità di raccontare qualcosa di legato al nostro territorio. Non essendoci più una commedia italiana pura, che ironizzava anche sul lavoro, non essendoci più questa cifra, non c’è più l possibilità di trattare certi temi, hanno tutti paura che diventino temi fagocitanti o depressivi, che non si riescano ad elevare, valorizzare”. 

 

Per Walter Veltroni invece oggi ci sono film sul tema del lavoro, ma soprattutto “c’è un giovane cinema italiano che racconta la precarietà dell’esistenza ed è il dato che racconta questo tempo della storia, soprattutto per le nuove generazioni. La sensazione ottimistica della vita, che le generazioni del dopoguerra hanno sempre avuto, oggi si trasforma in una sorta di angoscia, inquietudine, preoccupazione per un futuro generale. Io non ho la sensazione che il cinema italiano sia scappato rispetto a questa esigenza, trova varie chiavi per parlarne, è meno sul tema specifico del lavoro, ma sul tema della precarietà della condizione dei giovani c’è, e c’è bene”.

 

Avati ha poi condiviso un’interessante riflessione sui generi cinematografici: “trovo– ha detto -   il cinema italiano inadempiente nei confronti dei generi. I generi cinematografici hanno fatto la fortuna del cinema italiano per decenni e decenni, da un certo punto in poi l’appalesarsi degli autori ha fatto sì che il genere fosse guardato con una sorta di schizzinosità. Il cinema americano è un cinema di autori che fanno i generi, il nostro è un cinema di autori, condizionati al loro mondo. Il genere ti consente di resettare te stesso. Appropriarsi di un genere, mantenendo la propria identità, sono due cose che se stanno insieme in modo equilibrato danno prodotti interessanti e arrivano probabilmente a pubblici più ampi”.

 

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