The Boogeyman, la paura mangia l’anima. La recensione dell’horror tratto da Stephen King

Cinema
Paolo Nizza

Paolo Nizza

Arriva al cinema dal primo giugno, il lungometraggio che indaga sulla paura del buio e sull’elaborazione del lutto. Con Chris Messina e Sophie Archer, la giovane ribelle della serie tv Yellowjackets

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A volte ritornano. Soprattutto al cinema, quando si tratta di un racconto di Stephen King. Sicché, a partire dal primo giugno, arriva nelle sale italiane The Boogeyman. Il lungometraggio, diretto da Rob Savage (Host – Chiamata mortale) e sceneggiato da Beck & Bryan Woods (A Quiet Place – Un posto tranquillo) e Mark Heyman (Il cigno nero), trasfigura le otto pagine vergate dal re del terrore nel 1973 e pubblicate sul magazine per adulti Cavalier in un horror domestico e psicanalitico. Il Babau, è pronto a balzare fuori nell'attimo in cui apriamo la porta. Come se qualcosa di nero, di verdastro e di fradicio d'acqua si muovesse dentro l'armadio a muro. Ma in realtà, l’atavico terrore del buio cela traumi antichi, nodi mai sciolti. L’oscurità si nasconde sotto la superficie della quotidianità. Perché la paura divora l’anima. Il dolore pure. E per citare Friedrich Wilhelm Nietzsche: “Quando guardi a lungo in un abisso, anche l'abisso ti guarda dentro”.

The Boogeyman, la trama del film

La sedicenne Sadie (Sophie Thatcher) e la sua sorellina di 10 anni, Sawyer (Vivien Lyra Blair), cercano faticosamente di elaborare il lutto causato dalla morte della madre, scomparsa di recente e in circostanze tragiche. Il loro padre, Will Harper (Chris Messina), cerca di ricompattare la famiglia e di consolare le proprie figlie, ma non è in grado di generare un’autentica connessione emotiva e psicologica con loro. L’uomo è uno stimato psicoterapeuta, tuttavia, la sua incapacità di condividere il dolore per la perdita della moglie rischia di distruggere gli equilibri di un nucleo familiare sull’orlo di una crisi di nervi. La situazione precipita quando un misterioso paziente di nome Lester Billings (David Dastmalchian) si presenta a casa del terapeuta nel tentativo disperato di liberarsi dal dolore originato dalla scomparsa dei propri figli.  L’uomo, infatti, porta con sé una presenza malefica (Il Boogeyman) che si annida nell’oscurità e che si ciba delle sofferenze delle sue vittime. Questa terrificante entità soprannaturale minaccia l’esistenza di Sadie e Sawyer, ma Will non pare dare credito ai racconti delle ragazze e il “babau” rischia di avere il sopravvento.

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The Boogeyman, trailer del film tratto da "Il baubau" di Stephen King

Il buio si avvicina

Il pericolo abita sempre nella dimora e noi stessi siamo i nostri demoni. The Boogeyman gioca a rimpiattino con questi stilemi. Si sa: il sole illumina, il buio rileva. Ispirandosi ai capolavori di Rembrandt e di Caravaggio, il film ridefinisce i confini dell’oscurità. Le tenebre in cui si agitano i protagonisti sono le stesse che paralizzano le menti di chi non è in grado di elaborare la perdita. Il mostro è l’incarnazione del lutto. Un nauseabondo parassita che si nutre di morte e di disperazione. Una sorta di perturbante muffa umida che cresce a dismisura sul soffitto di casa e nel cuore di chi è inchiodato alle proprie paure. Con affinità elettive vicine a lungometraggi cult del calibro di A Venezia… un dicembre rosso shocking, Suspense, Gli invasati, il film dosa con parsimonia i jumpscare. Tra conflitti familiari ed episodi di bullismo a scuola, l’opera, per ammissione dello stesso Savage, si ispira a Gente Comune, il film che è valso a Robert Redford il premio Oscar alla regia. Perché l’impossibilità di tornare a una vita dopo la dipartita di un congiunto, il senso di alienazione, l’incomunicabilità possono risultare più spaventose di qualsiasi villain cinematografico.

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The Boogeyman, trailer e poster del film tratto da Stephen King

Sophie Tatcher sfida Il Boogeyman

Dopo la volitiva cyborg Drash nella serie Lucasfilm The Book of Boba Fett e soprattutto grazie al personaggio di Natalie, l’adolescente  giovane punk rocker di Yellowjackets, Sophie Tatcher è entrata nell’empireo delle attrici più talentuose della sua generazione. Se The Boogeyman funziona, pur raccontando una storia non particolarmente originale, il merito è soprattutto di questa ragazza nata a Chicago negli anni 2000. Per entrare nel ruolo di una figlia emarginata dalle compagne (la scuola può davvero essere un posto terrificante) e con un padre chiuso nel proprio dispiacere, Sophie si è preparata una playlist da ascoltare prima delle riprese. La musica aiuta a entrare in contatto con le nostre emozioni più profonde e la paura, come sapeva benissimo H. P Lovercraft, "è l’emozione umana più antica”.  E Stephen King è il Virgilio ideale per guidarci nell'oscurita dei nostri incubi più profondi.

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