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Richard Gere spiega perché non vuole partecipare a eventuali sequel dei suoi film cult

Cinema

Manuel Santangelo

©Getty

L’attore ha spiegato che non è interessato a partecipare ad eventuali seguiti dei suoi più grandi successi, a meno che non salti fuori una sceneggiatura abbastanza valida per giustificare l’intera operazione. Questo vale anche per Pretty Woman, un film cult nato anche grazie all’atmosfera magica che si respirava sul set e che, forse, rimarrà per sempre impossibile da replicare

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Titoli come American Gigolò, Ufficiale e gentiluomo e Pretty Woman hanno almeno due cose in comune che oggi salgono più o meno immediatamente all’occhio: sono tutti film di successo interpretati da Richard Gere e senza un sequel a rinverdirne la leggenda. In un periodo storico in cui impazza l’idea di riportare al cinema sostanzialmente qualunque pellicola che abbia furoreggiato a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta non può essere un caso che i grandi successi della carriera di Gere abbiano schivato il trend. Oggi è tuttavia proprio l’attore a confermarci che, anche quando si stavano effettivamente configurando i presupposti per un seguito di uno dei suoi blockbuster, è stato lui stesso a rimanere tiepido di fronte a questa possibilità.

Gere non esclude il ritorno (ma è complicato)

Richard Gere ha spiegato perché negli anni si è sempre mantenuto titubante all’idea di tornare in un ruolo di successo durante un’intervista nata per promuovere la sua ultima fatica cinematografica, la commedia Maybe I Do, che lo vede recitare al fianco di altri mostri sacri come Diane Keaton, Susan Sarandon e William H. Macy. A precisa domanda di una giornalista di Comicbook, il divo ha risposto in una maniera che non lascia spazio alle interpretazioni: “Il motivo principale è tutto nella sceneggiatura. Se ci fosse una sceneggiatura davvero fantastica, che potrebbe reggersi da sola, probabilmente non mi preoccuperei di fare un sequel. Ma io non l’ho mai vista. Ad esempio Il padrino – Parte II è come Il padrino, o forse anche meglio ma è estremamente raro”. La sensazione è insomma che l’interprete di Hachiko - Il tuo migliore amico  non chiuda del tutto la porta a un eventuale futuro ripensamento in merito, pur chiarendo che accetterebbe una proposta di sequel o remake solo qualora si presentasse davvero una storia abbastanza valida per riprendere in mano quanto fatto passato. Nella stessa occasione Gere ha poi evidenziato come, piuttosto che “allungare la vita” a un cult già amatissimo, preferirebbe dare visibilità ad alcuni suoi film che hanno inspiegabilmente avuto minor fortuna. In particolare la star ha citato due pellicole come L’imbroglio – The Hoax (pellicola del 2006 diretta da Lasse Hallström) e Gli invisibili di Oren Moverman. Soprattutto del silenzio attorno a  quest’ultima opera indipendente del 2014, in cui interpreta un vagabondo per le strade di New York, Gere sembra proprio non darsi pace: “Credo sia uno dei migliori film che abbia fatto, ma non ha avuto successo. Non aveva abbastanza energie alle spalle per avere un’uscita appropriata, ma penso ancora sia bellissimo”.

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Solo se c’è una storia e un po’ di magia

Un suo lavoro che invece ha raccolto l’apprezzamento che meritava è senza dubbio Pretty Woman. Questa favola moderna sembrerebbe perfetta per venire riportata al cinema, facendo la felicità di milioni di fan che continuano a rivederlo molto spesso anche più volte l’anno. Difficile credere che l’idea di un sequel non sia stata già esplorata negli anni da qualcuno a Hollywood ma Richard Gere, soprattutto dopo la scomparsa del regista Garry Marshall, sembra poco interessato a tornare nei panni di Edward Lewis. Questo nonostante Marshall in primis a lungo avesse provato a dare delle idee per un possibile seguito, come raccontò proprio Gere durante la sua ospitata al Magna Grecia Film Festival dello scorso agosto: “Una volta era cosa sarebbe accaduto se il mio personaggio fosse impegnato in una campagna politica nel tentativo di diventare senatore e qualcuno scoprisse che sua moglie in passato era una prostituta. C'erano state altre due-tre idee che non sono mai andate oltre una prima fase”. Questo perché dietro certe trovate, anche secondo l’attore, c’era più la voglia di lanciarsi in un’operazione nostalgia: non esisteva un vero e proprio senso artistico che giustificasse un tentativo concreto di imbarcarsi nell’impresa: “Bisogna capire che fare un film del genere è una specie di magia, non puoi farlo a tavolino.Non sapevamo che sarebbe stato un successo che tutti avrebbero apprezzato: avevamo girato un piccolo film al meglio delle nostre possibilità, e poi è accaduta la magia”. Solo se sentirà ancora di poter ricreare quell’atmosfera unica Richard Gere tornerà a guardarsi indietro. D’altronde le favole come Pretty Woman si concludono con il lieto fine, mica lasciano il finale aperto dopo l’immancabile “e vissero felici e contenti”.

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