Guillermo Del Toro e i disastrosi inizi con la stop-motion prima di Pinocchio

Cinema

Manuel Santangelo

Netflix

Dopo una lunga attesa di più di quindici anni, il progetto di Guillermo Del Toro è pronto ad arrivare finalmente nelle sale. Si tratta del suo primo film con la tecnica della stop-motion anche se il regista ha rischiato di girare una pellicola con questo tipo di animazione ben prima di diventare famoso

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Anche in un periodo storico in cui siamo quasi “inondati” da riletture cinematografiche dell’epopea di Pinocchio, quella di Guillermo Del Toro rimane comunque molto attesa. La sua versione delle avventure del burattino non solo promette di avere degli importanti sotto-testi ma pesca anche da un immaginario visivo inedito per il personaggio inventato da Collodi. Nessuno prima aveva infatti mai pensato a un Pinocchio animato con la stop-motion prima di Del Toro, il quale è dovuto passare attraverso molte difficoltà negli anni prima di riuscire a completare un film con questa affascinante tecnica. E pensare che il visionario autore messicano aveva iniziato proprio a pensarsi regista grazie alla stop-motion, salvo poi virare sul live-action soprattutto per una questione di costo-opportunità.

Ladri di pupazzi

Del Toro è un grande appassionato di animazione, tanto da aver insegnato per un periodo anche i rudimenti della materia a dei quasi coetanei quando aveva solo 17 anni. Qualche tempo dopo il cineasta di origine messicana mise in piedi addirittura una sua compagnia, assieme al fratello e alla sua ragazza di allora.  Si occupavano di stop-motion ed effetti speciali lavorando spesso anche per il mondo della pubblicità. Dopo dieci anni nel settore, Guillermo Del Toro si sentì pronto a esordire dietro la macchina da presa di un lungometraggio animato con quella tecnica dispendiosa ma unica. Il futuro regista de Il labirinto del Fauno passò mesi e mesi a creare i pupazzi che sarebbero poi stati mossi a passo uno, lavorò alle loro armature, ai costumi dei personaggi e persino alle scenografie. Il primo giorno di riprese sembrava l’inizio di una grande favola ma tutto quel lavoro venne distrutto nel tempo di una pausa pranzo, per colpa di ladri per giunta incapaci di comprendere cosa stavano trafugando. “Andammo a cena, e ci derubarono. I ladri, frustrati per non aver trovato nulla di valore, distrussero ogni singolo pupazzo, defecarono sul pavimento. Quello fu il segnale, per me, di dedicarmi al live action. Dissi: devo girare film dal vero”, ha ricordato qualche giorno fa Del Toro. Nel 1993 il regista avrebbe effettivamente esordito con Cronos, senza più approcciarsi direttamente all’animazione. Si promise cha sarebbe tornato alla stop-motion solo per un grande progetto che sognava fin da bambino. Alla fine lo avrebbe realizzato ma solo tanti anni dopo. Quel progetto era Pinocchio.

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Una questione personale

Il Pinocchio di Guillermo Del Toro è davvero un’opera assai personale. Lo ha confermato anche lui stesso in sede di presentazione del film, spiegando quanto la fiaba di Collodi rappresenti da sempre una storia speciale per i Del Toro: “Mi ricollega a una connessione molto forte che avevo con mia madre. È stato il secondo o terzo film che abbiamo visto insieme al cinema. Anche a casa mia Pinocchio è venerato. Questo significa che questo è il Pinocchio di Guillermo Del Toro. Non è Disney, non è Collodi. È il mio. Quindi, partendo da questo, se vieni aspettandoti altro non ti piacerà”. L’idea di creare un suo Pinocchio accompagna il regista più o meno da tutta la vita ma ha iniziato a prendere davvero forma solo attorno al 2004. In quel periodo Del Toro  era entrato in contatto con Lisa Henson, CEO della Jim Henson Company. La casa dei Muppets aveva messo in cantiere una versione della storia del burattino due anni prima e pianificava di mettere il regista fresco del successo de La spina del diavolo a capo dell’operazione. Purtroppo, sia per l’esborso finanziario necessario che per le difficoltà a procedere velocemente con la stop-motion, il progetto rimase solo sulla carta. L’idea però non abbandonò mai il cineasta, che negli anni ha proposto la sua visione un po’ a chiunque a Hollywood: “Già all’epoca qualsiasi grande major cinematografica ci aveva rimbalzato. Tutti lasciarono perdere, ci sono voluti 15, 16 anni per fare questo film”.

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Un burattino dai movimenti “legnosi”

Oggi Pinocchio è pronto ad essere finalmente visto dal pubblico, prima in alcune sale selezionate e poi su Netflix (visibile anche su Sky Q e tramite la app su Now Smart Stick) dal 9 dicembre. Ma cosa ha costretto Guillermo Del Toro a una gestazione così lunga del progetto? La stessa tecnica che rende la sua versione così speciale: la stop motion: “Si tratta di una di quelle arti che sono in perenne rischio di estinzione perché... ci vuole molto tempo. Ci vuole molto sforzo. Tutto è fisico.”. Per avere un intero film costruito in questo modo c’è bisogno di costruire migliaia di modellini e pupazzi: va fisicamente realizzato un mondo da zero. Eppure questa dispendiosa e tutto sommato antica tecnica, nonostante tutto, sopravvive da anni all’avanzare di qualunque tecnologia e persino alla più comoda computer grafica. Del Toro è certo che la stop-motion “resterà negli anni”, regalandoci capolavori come questo o Nightmare Before Christmas passando per i lavori di studi come l’inglese Aardman. Per comprendere quale sia il vantaggio unico di questo modo di animare così particolare forse vale la pena di pensare proprio a Pinocchio che, come ricorda il creatore della sua ultima versione, è valorizzato proprio da questo processo “perfettamente imperfetto”. “Credo che questo tipo di animazione renda il film più realistico rispetto agli altri stili di animazione fluidi utilizzati oggi”, ha spiegato Del Toro. L’idea è che i movimenti nervosi e giocoforza “legnosi” di un burattino possano essere restituiti meglio da questo procedimento che dà l’idea di un movimento compiuto quasi “a scatti”. Vedremo quale sarà la resa sullo schermo di tanto impegno. Intanto l’idea di un Pinocchio che per una volta esalti “la disobbedienza e non l’obbedienza” sicuramente affascinerà tutti, anche chi non guarda un cartone dai tempi del Pinocchio targato Walt Disney.

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