Hatching - La forma del Male, una riuscita fiaba horror sul tema del doppio. La recensione

Cinema

Paolo Nizza

Presentata in anteprima al Sundance Film Festival 2022, l’opera prima della regista finlandese Hanna Bergholm arriva nei cinema italiani a partire dal 6 ottobre, distribuita da Adler  Entertaiment. Tra paure e rancori, un film perturbante sui mostri generati dalla mancanza d’amore

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Orrore e ginnastica. Uova fatali e creature misteriose. Figlie compiacenti e madri ossessionate dall’immagine. Ombre e doppelganger. Questa è la materia di cui è fatto Hatching, la forma del male, horror finlandese che arriva, nelle sale cinematografiche italiane dal 6 ottobre, distribuito da Adler Entertainment. Per il suo esordio nel lungometraggio, la cineasta Hanna Bergholm opta per il ritratto di un gruppo di famiglia in un inferno. Dietro quei colori pastello, quei sorrisi posticci, quell’armonia artificiosa, si covano rancori, infelicità, frustrazioni. 

Hathching - La forma del male, la trama del film

All’ età di 12 anni,  Tinja (Siiri Solalinna) è una ginnasta in erba che vive all’ombra di una madre maestra nell’ “arte di nascondere la spazzatura sotto il tappeto” (come avrebbe chiosato Ingmar Bergman). Una genitrice a cui importa soltanto del blog “Lovely Everyday Life”. Una donna che saluta così i suoi follower: “Spero che la vostra vita di tutti i giorni sia bella come la nostra.” Ma la perfezione non è di questo mondo. Soprattutto se hai un marito imbelle, un amante tuttofare e un altro figlio, Matias, non particolarmente talentuoso. La situazione implode, quando un corvo irrompe nella dimora dell’amena famigliola. La mamma pensa bene di torcere il collo all’improvvido pennuto e invita Tinja a gettare l’uccellino nell’umido. Tuttavia, il volatile, prima del trapasso, offre alla ragazzina un bizzarro uovo. La giovane lo porta a casa, lo sistema nel suo letto e lo nutre finché non si schiude. L’’arcana creatura nata dall’uovo diventa ben presto la migliore amica della fanciulla, al netto di un carattere irascibile e a una spiccata inclinazione per la violenza. Sicché, ben presto Tinja precipita in un terrificante incubo che sua madre si rifiuta di vedere.

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Il doppio, tra orrore e mancanza d'amore

Dal Menecmi di Plauto al Il sosia di Fëdor Michajlovič Dostoevskij, dalla Horla di Guy de Maupassant a William Wilson di Edgar Allan Poe, il tema del doppio abita da sempre la storia della letteratura, ma pure quella del cinema sin dagli albori. Basti pensare a Lo Studente di Praga diretto da Stellan Rye nel 2013 e punto di partenza per l’imprescindibile saggio Der Doppelganger, vergato dallo piscoanalista allievo di Sigmund Freud, Otto Rank. Ma la novità di Hatching è la ricchezza frugale con cui approccia le dinamiche del sosia e dei meccanismi di rimozione. Non c’è compiacimento nelle scene più splatter, né un perpetuo citarsi addosso. La regista applica gli stilemi di una favola nera in cui l’orrore è generato dall’incapacità di ascoltare e percepire l’altro da sé, tra una madre anaffettiva ed egotica, una figlia depressa e una piscosi capace di generare un mostro imparentato con la "covata malefica", immaginata da David Cronenberg in Brood. La scelta felice di affidarsi all’Animatronic e non alla computer graphic accresce lo spavento e la meraviglia nell’osservare l’evoluzione della creatura, grazie soprattutto al contributo di un maestro del calibro di Gustav Hoegen (Star Wars - L ’Ascesa di Skywalker, Jurassik Park – il Mondo distrutto; Prometheus. Ma al netto degli effetti speciali, è proprio l’assenza di affetti all’interno del nucleo familiare a rendere perturbante il film. Come diceva il Principe della Notte Nosferatu: "La mancanza di amore è la più crudele e abietta delle pene".

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